2020-02-02
Renzi torna a fare il Bullo a Cinecittà ma le sue minacce oggi fanno ridere
Doveva essere il grande ritorno del rignanese. La prima assemblea di Italia viva però ha certificato la sua crisi. Il capo non graffia e si deve accontentare di dire no al partito unico con il Pd, Leu e il Movimento 5 stelle.Il palco è al centro di una scenografia impotente e costosa. La giacca è blu, la camicia bianca è indossata senza cravatta, sulle guance ormai paffute affiora l'ombra dei chili che sono arrivati in questi anni lontano da Palazzo Chigi, dal fitness, dall'adrenalina del potere. La grande attesa, le voci, gli annunci informali di un grande strappo, di un cambio di marcia sono stati vani: il Matteo Renzi di Cinecittà è il classico cane che abbaia ma non morde. La crisi di governo, nel suo discorso alla prima assemblea di Italia viva, dopo aver danzato come uno spettro per due giorni nei retroscena, non si manifesta. L'ex presidente del Consiglio ci gira intorno, sembra che prenda tempo. Parla per poco più di un'ora, parte degli uomini del Rimascimento «che vedevano tre affreschi in tutta la loro vita», paragonandoli agli uomini di oggi, che invece sono subissati di immagini. Parla delle fake news epocali - «La terza guerra mondiale che non c'è stata dopo il caso di Solemaini», della «Stalingrado dell'Emilia Romagna, che non ha cambiato i destini del mondo», dei «nuovi anni venti che sono stati annunciati ma non ci sono stati». E poi, dopo tanta preparazione, dopo aver creato l'attesa si accontenta di un buffetto quasi affettuoso alla sua maggioranza: «Se qualcuno immagina che Italia viva faccia un partito con Pd, M5s e Leu, diciamo in bocca al lupo, buon lavoro e buona vita ma noi saremo dall'altra parte. Non può esistere - dice Renzi - quella visione del progressismo, quindi non pensiamo di andare alle prossime elezioni in un derby con Salvini e Meloni e parte della sinistra radicale che è già fuori dal mondo». Blair sì, Corbyn no, ma questa non è una novità. Più che uno strappo, o una sferzata, sembra al massimo una carezza. Così come la battuta sul premier Giuseppe Conte, la sua bestia nera, l'uomo che - fino al voto in Emilia Romagna Renzi avrebbe voluto sostituire, magari cercando sponda con Luigi Di Maio: «Noi abbiamo molto rispetto per il presidente del Consiglio», ha detto Renzi, «vogliamo dargli una mano, speriamo che vada avanti la legislatura e vada avanti il governo. Ma il rispetto non lo trasforma nel leader dei progressisti del mondo. Abbiamo rispetto per chi lo considera tale», aggiunge l'uomo di Rignano, «tuttavia per noi non è il punto di riferimento del progressismo mondiale chi ha firmato i decreti Salvini sull'immigrazione». Tutto qui? La montagna sembra davvero aver partorito il topolino. Soprattutto quando, parlando della maggioranza, il leader di Italia viva dice: «Si discute che tipo di appoggio dare al governo. Appoggio totale, affinché il governo vada avanti, con Bellanova, Bonetti, Scalfarotto». Questo Renzi alla doppia panna si spiega solo dopo il risultato delle regionali. I sogni di terremotare il governo provocando un rimpasto, o addirittura di sostituirlo con un cambio di maggioranza, si sono infranti dopo la vittoria di Bonaccini. Se non altro perché dopo quel successo - fra l'altro conquistato senza di lui da un ex renziano oggi zingarettiano - il margine di manovra dell'ex premier si è ristretto. Da un lato perché scegliendo di non presentare il simbolo di Italia viva (per non contarsi nei primi mesi di vita) ha perso peso specifico. E poi perché non ha margine per criticare Zingaretti che sull'Emilia ha rotto con il M5s e ha vinto, chiudendogli il margine di manovra alla sua «destra». il titolo della prima Assemblea nazionale è «Buon governo vs populismo». All'evento partecipano i delegati provenienti da tutta Italia. Anche la chiusura è affidata a Renzi. Lo Studio 10 di Cinecittà è tenuto in penombra per mantenere l'atmosfera, quando parla il leader, sembra una discoteca: la cornice è sontuosa, ma manca il titolo di prima pagina. Il resto è declamazione con applausi: «Abbiamo bisogno di stabilita, ma non di immobilismo, una stabilità che non sia vivacchiare». E ancora: «A Italia viva servono tempo, un ideale e un buon governo. I primi due», ha detto Renzi, «ce li abbiamo, sul buon governo occorre organizzarsi. Quanto al tempo: si vota nel 2023, perché nelle ultime legislature si è votato alla fine della legislatura. Si vota ogni cinque anni, non quando lo decide qualcuno». Il resto è moto d'orgoglio e spirito di bandiera: «Il primo compito di Italia viva è mettere a fuoco le sfide. Noi svolgiamo una azione di pubblica utilità, Abbiamo evitato l'aumento dell'Iva», dice Renzi, «abbiamo evitato che si alzassero le tasse, abbiamo messo nell'agenda politica temi complicati, come la prescrizione, non nella logica del nostro interesse ma per fissare l'interesse del Paese. Cosa ci attende?», si è domandato l'ex premier: «A noi è assegnata una maledizione, quella di fissare l'agenda, perché devi prevedere prima». E cosa resta da fare al partito renziano? «Immaginare il percorso dei prossimi anni, saperlo predire, dettando noi l'agenda e non andando dietro ai populisti. Noi siamo quelli che tentano di dettare l'agenda. Se riusciamo avremo vinto, altrimenti avremo perso, ma avrà perso l'Italia». La notizia scivola nei notiziari del weekend, esce dall'agenda che Renzi vorrebbe continuare a dettare, ma fatica a tenere in mano.