2018-05-26
Dopo Doha, Renzi vola in Kazakistan
L'ex premier, che un mese fa aveva stretto la mano all'emiro del Qatar, incontra il presidente Nursultan Nazarbayev. Poi tornerà in California in vista di una nuova Leopolda in ottobre. In questi anni ha tessuto ottimi rapporti diplomatici all'estero che potrebbero tornargli presto utili.Quando era presidente del Consiglio erano incontri istituzionali per portare investimenti esteri in Italia. Ma adesso Matteo Renzi, da semplice senatore del Partito democratico, starebbe girando il mondo per raccogliere nuova credibilità per il suo nuovo partito, magari capace di intercettare nell'area della Forza Italia di Silvio Berlusconi. In aprile Renzi era in Qatar, dall'amico emiro Tamim Bin Hamad Al Thani. Ieri è toccato al Kazakistan, dal presidente Nursultan Nazarbayev. Più avanti ci saranno gli Stati Uniti, con l'amata Silicon Valley in California. Un nuovo partito quindi, a cui magari serviranno investimenti in Italia e all'estero, per contrastare l'avanzata «populista» dell'asse gialloblù tra 5 stelle e Lega. È questa l'indiscrezione che circola al Nazareno sul fatto che l'ex segretario starebbe seriamente pensando alla formazione di un nuovo contenitore politico. La data fatidica è la prossima Leopolda del 21 ottobre, quando l'ex Rottamatore riunirà i suoi in vista delle elezioni europee, del 2019, cui magari (dipenderà dalla durata dal nuovo esecutivo), potrebbero legarsi anche le politiche. La scelta del Kazakistan non è casuale. Fu la prima visita ufficiale di Renzi da premier nel 2014. I rapporti con Nazarbayev sono molto stretti. All'epoca l'incontro si svolse non a caso nell'ambito del Foreign investors council per un accordo nel settore petrolifero, con Eni in prima fila, già impegnato nella regione sull'importante giacimento di Kashagan. Questa volta la cornice è stata il forum Eurasia, dove Renzi ha ricordato che il Kazakistan è stato un ponte di dialogo negli ultimi anni tra Asia ed Europa.Certo, Marco Agnoletti, portavoce di Renzi, ha smentito le indiscrezioni sul nuovo partito, ma gli smottamenti politici in corso tra i dem degli ultimi giorni fanno pensare che la spaccatura sia ormai inevitabile. Dopo l'assemblea della scorsa settimana, infatti, per la prima volta l'ex premier appare in difficoltà, in minoranza, come spiegano alcuni deputati dem vicini al reggente Maurizio Martina. Non sono sfuggite al Nazareno le parole pronunciate dal presidente Matteo Orfini sul ministro degli Interni, Marco Minniti. «Alcune scelte di governo hanno favorito lo sfondamento a destra». Su Twitter Chicco Testa, alfiere del renzismo e buon amico di Marco Carrai, il Richelieu dell'ex segretario, gli ha risposto: «Questa è una gigantesca stupidaggine». Rapporti tesi. In più c'è chi sta facendo pressioni su Martina per azzerare l'attuale segreteria, ancora di estrazione renziana, con Francesco Bonifazi tutt'ora tesoriere. La situazione è in costante aggiornamento. E come ricordava Il Tempo ci sarebbero anche frizioni tra gli stessi fedelissimi, con Bonifazi contrario a una spaccatura, mentre Luca Lotti sarebbe invece a favore, con già sondaggi alla mano che darebbero questo EnMarche all'italiana, sulla falsariga di Macron, con una forbice tra il 6 e il 10%. A dare una mano c'è anche Carlo Calenda, l'ormai ex ministro per lo Sviluppo economico, anche lui convinto della necessità di un partito liberaldemocratico. Per arrivarci servono però i fondi. La chiusura della fondazione Open è recente, tra poco bisognerà costruire una nuova scatola societaria. Certo, senza il Pd, mancheranno tutti gli storici immobili appartenenti al vecchio Pci, già chiusi a chiave anni fa dall'ex tesoriere Ugo Sposetti. Renzi ha tessuto in questi anni ottimi rapporti diplomatici all'estero. Potrebbero tornare utili.
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