2025-06-21
Il Regno Unito si arrende al suicidio di Stato
Keir Starmer (Getty Images)
La Camera dei Comuni approva la legge che consentirà ai maggiorenni di ricorrere alla morte assistita se malati terminali. Ma non viene escluso chi ha disturbi mentali e si sente un «peso». Il monito di una ragazza inglese guarita dall’anoressia.Il Regno Unito va verso il suicidio assistito. Nella stessa settimana in cui ha depenalizzato l’aborto oltre le 24 settimane e fino al parto, con macabro tempismo ieri la Camera dei Comuni - la camera bassa del Parlamento inglese - ha dato la sua approvazione, con 314 voti a favore e 291 contro, al Terminally Ill adults (End of life), il disegno di legge sulla morte on demand promosso dalla laburista Kim Leadbeater, che ha immediatamente festeggiato l’esito del voto. «Provo un enorme sollievo», ha dichiarato alla Bbc la Leadbeater, «sono al settimo cielo perché so cosa significa questo per i malati terminali», e cioè «una ulteriore dimensione di scelta». Va detto che l’approvazione della norma non è definitiva, dato che ora andrà alla Camera dei Lord - la camera alta -, che però ha un potere d’interdizione limitato dato che può sì proporre emendamenti alle leggi e al massimo rallentare la loro approvazione facendo ostruzionismo, ma non può affossarle. Di qui il giubilo della Leadbeater per un testo che, appoggiato in aula anche dal premier Keir Starmer, apre alla morte on demand in modo chiaro e che ad un certo punto sembrava quasi in bilico.Nell’avvicinamento al voto finale, infatti, ha fatto discutere un emendamento della Leadbeater, che ha eliminato l’obbligo di un passaggio legale dinanzi a un giudice dell’Alta Corte per ogni richiesta di morte assistita, sostituendola con un parere affidato a un panel di tre persone. Tra gli emendamenti dei contrari alla norma ne sono stati approvati un paio: uno che stabilisce che chi rifiuta cibo e acqua non sia classificato come malato terminale - benché i parlamentari preoccupati per l’anoressia dicano che non è detto che essa venga così esclusa dai requisiti per morire - e un altro che chiede al ministro della Salute di riferire sullo stato delle cure palliative. Non è invece passato un emendamento della conservatrice Rebecca Paul che, riguardando i casi di disturbi mentali, disabilità o pensieri suicidi, chiedeva di escludere dal suicidio assistito chi abbia «la sensazione di essere un peso».Alla fine, così come approvato, il Terminally Ill adults prevede la possibilità di accedere alla morte assistita a chi semplicemente presenti patologie terminali ed abbia un’aspettativa di vita di meno di sei mesi. I soli paletti sono: che l’aspirante suicida abbia almeno 18 anni, abbia la cittadinanza, sia ritenuto in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, manifesti le proprie istanze di morte in due dichiarazioni separate, firmate in presenza di un medico e di un altro testimone. Tutto qui. Anche per questo, nelle tre ore di dibattito di ieri, accanto a quelle dei parlamentari conservatori si sono levate contro il suicidio assistito voci critiche laburiste: da Chi Onwurah a Matthew Patrick fino a David Smith, per limitarsi a tre soli nomi. Tanto che, se la stessa norma in prima lettura, lo scorso novembre, era passata con 55 voti di scarto, quei voti ieri si sono più che dimezzati, fermandosi a 23. E ciò a conferma che le perplessità, financo tra gli stessi laburisti, sono state molte. La principale concerne un elemento cardine della legge: l’aspettativa di vita di sei mesi. Come si può stabilirla con certezza? Lo scorso autunno, intervenendo nel dibattito, il dottor Mark Glaser - già responsabile dei servizi oncologici dell’Imperial College Healthcare Nhs Trust, non proprio un passante insomma - aveva evidenziato come, semplicemente, non ci sia medico, «per quanto bravo o famoso», che possa predire con certezza quanto un paziente sia prossimo alla morte, come indicato da prognosi rivelatesi incredibilmente sbagliate. Una seconda criticità riguarda poi il futuro di hospice e residenze cattoliche per anziani: ora che faranno? Saranno costretti a chiudere i battenti, se rifiuteranno di fornire «il servizio di morte»? Ancora, continuando, il suicidio assistito preoccupa per il clima di colpevolizzazione dei malati che potrebbe generare e per il fatto che potrebbe portare a decessi evitabili. Se infatti, da un lato, è vero che qualche centinaio di inglesi in questi anni si è recato in Svizzera, accompagnato da colleghi del nostro Marco Cappato, per il suicidio assistito - e ci sono stati casi di malati morti o lasciatisi morire in assenza di una legge che li assecondasse, come Diane Pretty, Debbie Purdy e Tony Nicklinson -, dall’altro lato non tutti la pensano così. Ieri fuori dal Parlamento non c’erano infatti solo i sostenitori della legge, riuniti fin dal mattino davanti con cartelli con la scritta «My death, my decision» (Mia la morte, mia la decisione), no. C’era anche una rappresentanza del gruppo Not Dead Yet («non sono ancora morto»), con l’attivista Harry Gibson in allarme per la diminuzione delle cure palliative per la classe operaia e per il cambiamento degli atteggiamenti sociali. Ancor più significativa, sempre ieri, è stata la testimonianza d’una giovane raccolta dal Telegraph: quella di Ailidh Musgrave. È una giovane di 28 anni di Birmingham, reduce da una dura lotta contro l’anoressia che ha dichiarato: «Sono la prova vivente che il disegno di legge sul suicidio assistito è sbagliato». La Musgrave, infatti, qualche anno fa - nel 2019 - era malata e convinta, dice oggi, che se ci fosse stata una legge sul suicidio assistito vi avrebbe fatto ricorso per togliersi la vita. Oggi però lei è guarita ed ha testimoniato anche per stimolare i parlamentari di Sua maestà quell’impatto che una norma sulla morte on demand può avere sulle persone vulnerabili la cui prognosi può migliorare col tempo ma che, nelle fasi più cupe, potrebbero essere tentate di togliersi di mezzo. «Non ho dubbi: oggi non sarei qui a lottare contro il disegno di legge, se fosse stato approvato e legalizzato quando ero malata», le parole della giovane. Che sfortunatamente, nonostante le non poche perplessità sul suicidio assistito emerse in campo progressista, non sono riuscite a convincere la maggioranza dei parlamentari a fermare una legge che non potrà che essere pericolosa.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)