2025-10-19
Metodo «Squadretta» contro i nemici. Esposti anonimi per farli fuori
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)
Il colonnello Melosu ha raccontato di non aver soddisfatto i desiderata dei carabinieri infedeli e della Procura di Pavia. Per questo sarebbe stato accusato di falso ideologico, subendo una perquisizione in tempi record. Volete scoprire quali misteriose regole non scritte governino in Italia l’azione penale? Basta esaminare in profondità le carte di Clean 2, l’inchiesta sulle presunte malefatte dei carabinieri infedeli di Pavia, quelli che lavoravano alle dipendenze della Procura, quando a guidarla c’era anche il procuratore aggiunto Mario Venditti, oggi indagato a Brescia per corruzione in atti giudiziari. Negli atti abbiamo trovato l’incredibile storia del colonnello Francesco Melosu, un sessantatreenne sardo ligio alle regole, ma colpevole di non avere soddisfatto i desiderata della Squadretta e della Procura. Contro di lui, cinque anni fa, si mette in moto la fabbrica degli esposti anonimi che a Pavia diventano subito notizia di reato, avviso di garanzia e decreto di sequestro. Come? Semplice, grazie al potere quasi da monarca assegnato ai pm.Venditti l’11 giugno 2020 iscrive Melosu sul registro degli indagati per falso ideologico commesso da pubblico ufficiale e annota che il reato sarebbe stato «consumato in Pavia» quello stesso giorno. Poi «assegna a sé stesso» il fascicolo, «tenuto conto delle ragioni di particolare delicatezza delle indagini (che coinvolgono persona appartenente alle forze di polizia), nonché della natura del reato e della complessità della vicenda giudiziaria». Infine, alle 12.52, invia al colonnello dei carabinieri Andrea Fiorini il decreto di sequestro da eseguire il giorno successivo. Insomma solo Venditti può occuparsi di Melosu e lo fa a una velocità sconosciuta nelle nostre Procure. In poche ore iscrive e ordina la perquisizione ma non per un omicidio, una rapina o uno stupro, bensì per un falso ideologico.Tutto parte dall’esposto anonimo, giunto in Procura in due copie identiche il 20 e il 21 maggio 2020 e firmato da un «carabiniere» ignoto. Quest’ultimo si presenta come sottoposto di Melosu e lo accusa di «comportamenti vessatori e illegali». Denuncia anche che il comandante avrebbe ordinato «ad agenti e ufficiali di pg di firmare a distanza di due anni delle scritture di servizio alterate o rettificate» e conclude chiedendo «un immediato intervento che possa porre fine o limitare i soprusi perpetrati da tempo in spregio alle leggi, ai regolamenti e alla morale». Ma perché Melosu viene preso di mira? Lo ricostruisce lui stesso al pm Alberto Palermo, il 19 novembre 2024. Sino al 2016 è stato alla guida del comando provinciale del Corpo forestale. Quando questo viene assorbito dall’Arma, diventa capo del Gruppo forestale dei carabinieri.Nel novembre del 2019, «per avere un pronto riscontro del personale presente in ufficio», reintroduce «uno foglio firma stampato di entrata ed uscita che si usava ai tempi dell’ex Corpo forestale», che chiede di compilare ex post per gli anni 2018 e 2019, basandosi su orari già certificati ufficialmente e rilevabili dal Memoriale elettronico centralizzato. Ma la compilazione, a distanza di anni, si rivela complicata e, per questo, viene interrotta. Però tutto ciò è sufficiente a far iscrivere Melosu sul registro degli indagati per falso ideologico dopo l’arrivo dell’esposto. Davanti ai pm, il colonnello collega l’inchiesta ai suoi danni «a due pratiche amministrative» da lui trattate «tra il secondo semestre del 2019 e il mese di maggio del 2020, che hanno riguardato il maresciallo Antonio Scoppetta e il carabiniere Gabriele De Bonis, su disposizione del comando unità ambientali agroalimentari e forestali dei carabinieri».De Bonis aveva in scadenza la collaborazione con la Procura di Pavia e doveva rientrare al suo reparto di appartenenza. Melosu ricorda: «L’ufficio non aveva apprezzato il provvedimento di rientro e insisteva perché De Bonis potesse permanere in servizio in Procura. Era in particolare il dottor Mazza (Paolo, anche lui indagato a Brescia, ndr) che premeva in questo senso». La richiesta scritta del pm venne trasmessa al comando regionale, dopo che Melosu, Mazza e Reposo, in «un incontro informale», avevano «concordato che De Bonis potesse proseguire a prestare servizio in Procura almeno per due giorni a settimana». Il 14 maggio 2020 Mazza invia una comunicazione «con cui venivano revocate le deleghe assegnate» al Gruppo forestale.Quattro giorni dopo, lo stesso magistrato avrebbe confessato a Melosu che «la scelta era stata dettata dal fatto» che il colonnello non si era «attivato perché De Bonis potesse continuare a prestare servizio in Procura». In particolare, la colpa dell’ufficiale sarebbe stata quella di non «avere “utilizzato altre vie” per raggiungere l’obiettivo». L’altra pratica citata da Melosu riguardava l’alloggio di servizio di Scoppetta presso una caserma di Pavia. Il comando generale aveva mandato un «avviso di sfratto» a Scoppetta e ad altri militari.Melosu consegna personalmente al maresciallo (condannato nel 2025 a 4 anni e 6 mesi per corruzione e stalking) la triste ambasciata, dal momento che l’alloggio «era destinato al comandante della stazione carabinieri della forestale di Pavia». Per diverse settimane Scoppetta, in versione Ilaria Salis, «continua a occupare l’alloggio, senza autorizzazione», ma gli viene intimato di lasciarlo entro il 30 giugno 2020, altrimenti ci sarebbe stato un «recupero coatto dell’immobile». Melosu spiega che, a quel punto, inizia la sua via crucis: «Contestualmente a questi eventi, sono stato convocato a Milano per la ricezione dell’esposto anonimo nei miei confronti […]. Ho quindi collegato la lettera a questi due fatti. L’ho percepito come un modo di vendicarsi nei miei confronti, per non avere collaborato o sostenuto le richieste dei due militari in servizio alla Procura. […] lo in realtà non ho avuto alcun ruolo concreto in questi fatti, ho solo notificato le comunicazioni pervenute dai comandi superiori».Melosu ritiene di essere un perseguitato: «Ho percepito un accanimento nei miei confronti da parte della Procura di Pavia». E racconta ai pm anche di un confronto con Venditti: «Sono stato convocato da lui in relazione alla questione di De Bonis. […] All’incontro era presente anche Silvio Sapone (ex capo dell’aliquota dei carabinieri della Procura e responsabile delle indagini su Andrea Sempio, ndr). Io risposi che non potevo fare nulla; Venditti mi replicò che altri comandanti l’avevano fatto, “tra cui Fiorini” (Andrea, il capo del Gruppo forestale di Milano che ha investigato su Melosu, ndr)». Un collega che il testimone ritiene non imparziale: «Un altro elemento di anomalia che io avevo rilevato era il fatto che l’indagine nei miei confronti fosse stata delegata proprio a Fiorini, che aveva un legame di stretta amicizia con Scoppetta. Sapevo che i due si frequentavano, anche al di fuori del lavoro, e che erano molto amici. Mi era apparso inopportuno che la delega, a firma del dottor Venditti, fosse stata assegnata proprio a lui». In una memoria, Melosu arriva a definire così l’indagine nei suoi confronti: «Un apparato artefatto costruito ad hoc per gettare fango sul mio operato e per mandarmi in altra sede, portandomi così lontano dai miei familiari, causando, conseguentemente intralcio alla mia carriera militare». Un intento che viene raggiunto: al termine di questo braccio di ferro, infatti, Melosu ha chiesto ai suoi superiori di essere spostato e il 10 settembre 2020 è stato trasferito a Vercelli.Ma torniamo ai giorni più caldi dell’inchiesta avviata contro il colonnello. Il 20 maggio 2020 arriva il primo esposto e viene iscritto sul registro delle «Denunce e altri documenti anonimi», il cosiddetto modello 46. Il procuratore Giorgio Reposo, come oggetto, inserisce: «Presunti comportamenti inopportuni di un militare dei carabinieri forestali». L’esposto è indirizzato al procuratore, a Venditti, e al generale Simonetta De Guz, comandante dei forestali in Lombardia. Il 21 maggio Venditti, contrariamente a quanto prevede l’articolo 240 del Codice procedura penale, anziché cestinare l’anonimo, chiede al comando guidato da De Guz di «fornire le generalità complete» di Melosu e di «prendere contatti con lo scrivente al fine di predisporre le necessarie indagini». Quindi invita a «trasmettere gli esiti con urgenza». Da parte sua, Reposo, forse ignaro delle mosse del suo vice, chiede «accertamenti preliminari» a un altro ufficio e invia l’anonimo al comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Luciano Calabrò.Il 26 maggio Venditti informa De Guz dell’apertura di un fascicolo penale e chiede di «delegare al comandante provinciale del Gruppo forestale carabinieri di Milano (Fiorini, ndr) o ad altro ufficiale di pg […] capillari approfondimenti». Il 2 giugno Calabrò risponde a Reposo e ridimensiona completamente la portata delle accuse: «Allo stato attuale lo scrivente non ravvisa nell’esposto alcun elemento di rilevanza penale o anche solo disciplinare».Il giorno successivo, anche il procuratore si rivolge a De Guz per essere informato su eventuali «risultanze degli accertamenti preliminari», della cui esistenza non sembra essere sicuro. Il 5 giugno, il generale informa il procuratore che il 29 maggio «su richiesta del procuratore aggiunto Venditti» ha incaricato Fiorini di «compiere capillari approfondimenti». Il 9 giugno, De Guz invia l’esposto alla Procura militare di Verona e l’11 Fiorini spedisce a Venditti l’annotazione con l’attività investigativa svolta. Nelle conclusioni vengono rilevate «irregolarità nei fogli di presenza del personale». Alla luce di questo, l’investigatore ritiene di avere «individuato riscontro oggettivo a quanto significato nell’esposto anonimo» e di «poter ipotizzare a carico» di Melosu il reato di falso. E propone la perquisizione. Che Venditti autorizza in pochi minuti. Anche se i documenti al centro delle indagini erano praticamente carta straccia.La vicenda resta a bagnomaria sino al 9 novembre 2021, quando l’altro pm indagato a Brescia per corruzione e peculato, Mazza, con il visto di Venditti, chiede l’archiviazione: «Gli elementi acquisiti depongono per l’infondatezza della notizia di reato», scrive il magistrato, «e, comunque, non consentono margini per l’utile esercizio dell’azione penale, non essendo gli stessi idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Sono, dunque, i pm ad ammettere che le accuse rivolte a Melosu fossero pretestuose. L’istanza di proscioglimento contiene altre chicche: «Le scritture di servizio informatiche erano state regolarmente redatte e tenute» e, quindi, la redazione di quelle cartacee «non appare idonea a ledere gli interessi tutelati dalla norma», si legge nell’istanza. Anche perché i fogli voluti da Melosu «avrebbero ricalcato quelli delle scritture informatiche» e, per questo, secondo gli inquirenti, «l’ordine impartito da Melosu appare inidoneo a trarre in inganno la propria amministrazione». Dopo un anno e mezzo, la Procura ammette che si è fatto tanto rumore per nulla. Con l’unico risultato di avere cacciato da Pavia un ufficiale poco obbediente.Dovranno passare altri due mesi prima che il gip chiuda, con una motivazione racchiusa nelle tre righe di un prestampato, l’imbarazzante vicenda.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Nel riquadro: Ferdinando Ametrano, ad di CheckSig (IStock)