2023-04-10
Le ragioni politiche (e nucleari) del viaggio di Putin in Turchia
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L'incontro ad Astana, in Kazakhstan dello scorso 13 ottobre tra Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin (Ansa)
Il presidente russo potrebbe recarsi ad Ankara il prossimo 27 aprile. A renderlo noto, è stato Recep Tayyip Erdogan, secondo cui il capo del Cremlino potrebbe partecipare all’inaugurazione della centrale nucleare turca di Akkuyu, che è sostenuta dall’agenzia russa per l’energia nucleare, Rosatom.In alternativa, secondo il sultano, Putin potrebbe prendere parte all’evento in videoconferenza. Ricordiamo che la Turchia non è tra i Paesi firmatari dello Statuto di Roma: il documento, firmato nel 1998, che istituì la Corte penale internazionale. Ragion per cui, se anche dovesse recarsi in territorio turco di persona, il presidente russo non rischierebbe di essere arrestato a seguito del mandato di cattura internazionale, spiccato contro di lui due settimane fa.Ora, questa eventuale visita di Putin offre vari spunti di riflessione dal punto di vista politico. In primis, non è un mistero che Erdogan abbia costantemente cercato di proporsi come mediatore nella crisi ucraina. Ankara intrattiene d’altronde stretti legami con Kiev e, a partire dal 2017, si è contemporaneamente avvicinata molto a Mosca nel settore energetico e della difesa. Pur non essendo finora riuscita a negoziare un cessate il fuoco, la Turchia ha tuttavia mediato con successo l’accordo sull’esportazione di grano attraverso il Mar Nero. Alcuni giorni fa, Erdogan ha comunque auspicato nuovi tentativi diplomatici, mentre incontrava l’omologa ungherese, Katalin Novak. In secondo luogo, non va trascurato che il presidente turco dovrà affrontare a maggio una battaglia per la rielezione. È quindi chiaro che l’inaugurazione della centrale e il nuovo tentativo di intestarsi la mediazione in Ucraina rientrano anche all’interno di questo quadro. La stessa eventuale visita di Putin potrebbe essere utilizzata dal sultano a scopo elettorale. In terzo luogo, è abbastanza evidente come i rapporti tra Mosca e Ankara si stiano ulteriormente consolidando. Abc News ha recentemente riferito che Mosca ha ospitato un summit tra alti diplomatici di Siria, Turchia, Iran e Russia: non è d’altronde un mistero che, da alcuni mesi, il Cremlino sta cercando di mediare una distensione tra Ankara e Damasco. Senza poi dimenticare il dossier della Libia: Paese che probabilmente Putin ed Erdogan puntano ancora a spartirsi con l’obiettivo di marginalizzare l’influenza occidentale sul Nordafrica.C’è poi un ulteriore elemento da sottolineare sull’eventuale visita turca del presidente russo. Come detto, l’occasione sarebbe l’inaugurazione della centrale nucleare di Akkuyu: un’opera, avviata a seguito di un accordo raggiunto nel 2010, che è principalmente finanziata da Rosatom. Il progetto ha un costo che dovrebbe aggirarsi attorno ai 20 miliardi di dollari. Si tratta della prima centrale realizzata in Turchia e, secondo il Daily Sabah, dovrebbe produrre 35 miliardi di chilowattora di elettricità all'anno, oltre a soddisfare circa il 10% del fabbisogno elettrico nazionale. Una situazione complessiva che lascia perplessi. Eh sì, perché Rosatom è una delle principali fonti di finanziamento per il Cremlino. Eppure, in termini di sanzioni conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, l’Occidente si è rivelato finora piuttosto timido nei confronti di questa agenzia. Un paradosso, recentemente spiegato dalla Cnn. “Rosatom è un importante esportatore di combustibile nucleare. Nel 2021, gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sul monopolio nucleare russo per il 14% dell'uranio che alimentava i suoi reattori nucleari. Le utility europee hanno acquistato quasi un quinto del loro combustibile nucleare da Rosatom”, ha spiegato la testata americana. “Gli esperti affermano che la ricerca di nuovi fornitori per sostituire Rosatom nell'industria nucleare globale richiederebbe anni”, ha aggiunto la Cnn. Intanto però questa situazione sta indebolendo l’efficacia delle sanzioni occidentali. E c’è chi, dall’Iran alla Turchia, cerca di approfittarne.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo