2018-12-09
Radja sembra un ninja, ma è una tartaruga
Radja Nainggolan doveva essere il leader a cui affidare le chiavi della nuova Inter. Eppure fino a ora il belga è stato un fantasma, lento e svogliato come un giocatore a fine corsa. La stagione sta per entrare nel vivo: o si riscatta in fretta o sarà ricordato come un bidone.Per ora è una tartaruga e basta. Svogliato e sempre in ritardo, come nel terribile primo tempo di Londra contro il Tottenham, lento nel recuperare da problemi fisici come un giocatore a fine corsa, Radja Nainggolan si è svegliato una mattina senza la corazza da ninja e ha lasciato nuda l'Inter. In cinque mesi ha giocato decentemente cinque partite, è scomparso dai radar dei tifosi, dà segni di vita solo su Instagram e in questa prima fase di avventura in nerazzurro di lui si ricorda soprattutto una foto in una discoteca della Bergamasca con Fabrizio Corona, prima ancora di disputare una gara ufficiale. Il gol al Psv Eindhoven all'andata è stato l'unico lampo di rapidità glamour che anticipava il nebbioso autunno da foglie morte.Dov'è finito il leader cercato, inseguito, agognato per dare nerbo, muscoli e fosforo al centrocampo di Luciano Spalletti? «Lavora a parte ad Appiano Gentile», spiegano all'Inter con serena pazienza, mascherando una certa legittima insofferenza. Anche perché non gioca mai. Anche perché i primi snodi chiave della stagione si stanno presentando e la squadra li sta affrontando senza il suo leader naturale. Contro la Juventus, invece di dettare i tempi delle ripartenze e provare a far male a Wojciech Szczesny con le sue legnate dai 20 metri, era in tribuna come al solito, con cappellino e sguardo rabbuiato. Era lì ad assistere all'ennesimo «vorrei ma non posso» contro la corazzata di Max Allegri. E ieri, per colmo di scorno, ha dovuto incassare la frecciata di Miralem Pjanic sui social: «C'è chi va alla Prima della Scala e chi alla Prima dello Stadium».I numeri dei Senza Nainggolan sono una fotografia dell'esistente abbastanza impietosa: nelle ultime sei partite una vittoria, due pareggi e tre sconfitte che allungano un'ombra inquietante sul filotto precedente (nove vittorie) e dimostrano semplicemente che si è alzato il livello di caratura e di gioco delle avversarie, sia in campionato che in Champions league. In Serie A, su 15 partite l'Inter ne ha perse quattro, vale a dire una su tre; a questo punto non sembra scontato neppure il quarto posto in classifica. E soprattutto non va sottovalutato lo scoglio Psv Eindhoven di martedì, vero spartiacque di tutta la stagione. Neppure allora, il leader guerriero fortissimamente voluto in estate dal tecnico, ci sarà. Da un paio di mesi, con qualunque risultato, Spalletti va in televisione e dice: «Buona prova». Ecco, non basta più a nessuno, anche perché lo stesso allenatore non è esente da pecche tattiche. Venerdì allo Stadium, invece del fratello di Ivan Perisic, ha sostituito Matteo Politano che stava mettendo in serie difficoltà João Cancelo (molto più ala che terzino). E lo ha fatto per spostare su quella fascia il disorientato João Mário . Neanche a dirlo, il gol di Mario Mandzukic è arrivato da una scorribanda di Cancelo, finalmente liberato dall'incubo. La «buona prova» non basta più per raggiungere anche gli obiettivi minimi chiesti a gran voce da un popolo che affolla San Siro con fede incrollabile: quasi 60.000 spettatori di media, roba che perfino la Juventus si può sognare nella piccola bomboniera alla periferia di Torino. Unico errore strategico del club negli ultimi dieci anni, la capienza dello Stadium. Se fino a metà novembre l'assenza di Nainggolan (31 anni a maggio) sembrava un accidente passeggero, oggi comincia a diventare un caso. Dietro le mosse della tartaruga c'è innanzitutto la sfortuna: distrazione muscolare durante la preparazione (e questa è stata una disdetta vera), distorsione alla caviglia sinistra mentre commetteva un fallo su Lucas Biglia nel derby, con curiosa ammonizione del milanista. Poi un pasticcio durante il recupero, forse troppo affrettato, con ricadute che hanno portato il giocatore a essere del tutto impalpabile quando non inutile. E se il tuo miglior acquisto guarda giocare gli altri da spettatore non pagante, la faccenda si fa seria. Costato 42 milioni e in attesa di risolvere i problemi dell'Inter, per ora il belga ha risolto in parte quelli della Roma, che ha portato a casa 24 milioni sull'unghia, un terzino dignitoso ma che a Milano aveva fatto il suo tempo (Davide Santon) e il miglior prospetto giovane uscito dalla cantera nerazzurra negli ultimi anni, quel Nicolò Zaniolo (19 anni e la stoffa dei grandi) che una settimana fa ha fatto venire il mal di pancia al centrocampo nerazzurro. Superato lo shock, il ds Piero Ausilio è corso a dire: «Ce lo ha imposto il fair play finanziario, non abbiamo nessun rimpianto», dimenticandosi che sarà il rendimento del desaparecido Radja a determinare l'effettivo valore dello scambio. Sulla vicenda Zaniolo anche molti cosiddetti esperti di mercato hanno oltrepassato la soglia del ridicolo: chi oggi definisce il ragazzo un sicuro nazionale, in luglio lo aveva bollato come plusvalenza ambulante. Così l'Inter guarda l'orizzonte e aspetta Nainggolan, come se si trattasse di un Godot solo intravisto, di una luce stroboscopica nel cielo di San Siro o di uno di quei tartari che dovrebbero arrivare dal deserto di Dino Buzzati, ma compaiono solo quando Giovanni Drogo è morto. Ed è un peccato perché il belga alla Roma è stato davvero in grado di fare la differenza, di immettere in un centrocampo compassato la potenza degli incursori, il colpo decisivo dei fighter. Spalletti in lui crede come in un messia, molto diversamente dal ct della Nazionale, Roberto Martinez, che alla vigilia del Mondiale di Russia - non riuscendo a metabolizzare le eccentricità fuori dal campo del ragazzo - lo ha lasciato a casa ed è arrivato egualmente terzo. Con meno certezze di quelle sbandierate negli ultimi tempi, l'Inter si avvia verso il suo destino. Tutto dipende da martedì sera, da quel bivio che porta alla Champions degli scontri diretti in primavera o all'Europa minore. E nulla dipende da Nainggolan, finora fantasma suo malgrado in una mezza stagione da incubo. Quando fu sorpreso stravaccato sui divanetti della Casa Loca di Dalmine con Corona, il belga disse: «Conta solo il campo, il resto sono cazzate». Ad averlo visto da vicino, il campo.