2022-06-16
Quarantacinque anni fa moriva Wernher von Braun, il Cristoforo Colombo del cosmo
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Ex scienziato nazista, legato alle famigerate V2, l’ingegnere tedesco fu portato negli Usa, dove diede un impulso formidabile allo sviluppo del programma spaziale, fino allo sbarco sulla Luna.Il 16 giugno 1977, cioè esattamente 45 anni fa, il barone Wernher Magnus Maximilian von Braun moriva ad Alexandria (Virginia), all'età di 65 anni, a causa di un tumore al pancreas. Terminava così la parabola terrena dell'uomo definito dalla Nasa come «indubbiamente il più grande scienziato della tecnica missilistica e aerospaziale della storia». Nato nel 1912 da famiglia aristocratica in quella Prussia passata ai polacchi dopo la Grande guerra, Wernher era stato un ragazzino irrequieto e curioso, inizialmente non troppo interessato alle materie scientifiche, almeno fino a quando non acquistò un libro dal titolo Die Rakete zu den Planetenräumen (Il missile nello spazio interplanetario), di Hermann Oberth, di cui negli anni successivi seguirà delle lezioni all'università. Fu una folgorazione, che lo portò a dedicarsi anima e corpo alla scienza. Nel 1932 si laureò in ingegneria meccanica all’età di ventidue anni e, mentre stava lavorando al dottorato, assistette all'ascesa al potere di Adolf Hitler. Il nuovo governo diede un forte impulso alla ricerca sui razzi, che peraltro non erano normati dal trattato di Versailles e potevamo quindi essere sviluppati senza incorrere in sanzioni. Il governo fece costruire una grande industria nei pressi del villaggio di Peenemünde, nel Nord-Est della Germania, sul Mar Baltico. Von Braun divenne direttore tecnico della base. In collaborazione con la Luftwaffe, il gruppo di Peenemünde sviluppò i propulsori a combustibile liquido sia per i caccia sia per gli aerei a reazione. Nel 1937 si iscrisse al partito nazionalsocialista e nel mese di maggio del 1940 diventò un ufficiale delle SS. Iniziò col grado di Untersturmführer e Himmler lo promosse tre volte, l'ultima come Sturmbannführer nel giugno del 1943. C'era Von Braun dietro le V2 (Vergeltungswaffe 2, o arma di rappresaglia 2), i missili che avrebbero dovuto cambiare le sorti del conflitto, cosa che non accadde per la mancanza di testate nucleari da caricare sul vettore. Nel maggio del 1945, Wernher e suo fratello maggiore si consegnarono nelle mani della 44a divisione di fanteria americana. Dopo un periodo a El Paso, nel 1950 il governo statunitense spostò von Braun insieme ad altri scienziatipresso il Redstone Arsenal di Huntsville in Alabama, dove fu costituito l’Army Ballistic Missile Agency. Anche se all'inizio gli ex scienziati nazisti furono tenuti in condizioni dure e sotto costante sorveglianza, man mano che von Braun prese confidenza con le autorità statunitensi cercò di ricreare di là dall'Atlantico la stessa squadra con cui aveva lavorato in Germania. Agli Usa impose che con lui emigrassero almeno 120 collaboratori. Anche in America continuò a operare la stessa struttura gerarchizzata di Peenemünde, con i direttori dei dipartimenti che rispondevano soltanto a von Braun. Il primo risultato di von Braun fu il razzo Redstone, lanciato nell’agosto del ’53. Con la corsa allo spazio della guerra fredda e la competizione con l'Urss, l'importanza di von Braun crebbe a dismisura. Il suo successo più grande fu ovviamente lo sbarco sulla Luna, avvenuto il 16 luglio del 1969, con il quale diveniva realtà il suo sogno di sempre. Lo scienziato propose alle autorità tedesche anche dei piani per conquistare Marte, ma il progetto non si concretizzò. La notorietà raggiunta in seguito ai successi della Nasa fu comunque incredibile. La rivista Life lo ha annoverato tra i cento uomini americani più importanti del Ventesimo secolo. Der Spiegel lo definì «il Cristoforo Colombo del Cosmo». Recentemente, lo studioso tedesco Christopher Lauer, che ha avuto accesso a documenti inediti, ha tentato di smontarne il mito. Secondo Lauer, il successo di von Braun fu dovuto ad amicizie e raccomandazioni. Sul progetto V2, lo studioso contesta l'aura da genio solitario che circonda von Braun, quando invece il progetto fu frutto di un lavoro di equipe. Secondo Lauer, lo scienziato fu soprattutto un brillante manager, capace di coordinare il lavoro altrui più che di proporre personali intuizioni, oltre che di promuovere mediaticamente se stesso. La polemica appare però di corto respiro: che vasti programmi missilistici e missioni spaziali siano il frutto di un lavoro di squadra e non individuale è una banale ovvietà. Ma non può comunque essere un caso se due governi diversissimi fra loro come quello della Germania nazista e degli Stati Uniti degli anni Cinquanta lasciarono a von Braun praticamente carta bianca. E non può essere solo frutto di buone pubbliche relazioni il fatto che, in entrambi i casi, il nome di von Braun sia restato legato a traguardi d'avanguardia restati nella storia della conquista tecnologica del cosmo.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)