2020-06-24
Quanti dubbi c’erano già su Wirecard. E i regolatori tedeschi che facevano?
L'ex ad del colosso dei servizi finanziari è stato arrestato e rilasciato su cauzione di 5 milioni. La società, però, aveva già avuto problemi con i Panama Papers e la sede di Singapore. Allarmi ignorati da vigilanza e Buba.C'è già chi la chiama la Parmalat tedesca. In effetti le similitudini con la società di Callisto Tanzi non mancano. A partire dal fatto che anche nel caso di Wirecard, società fintech quotata a Berlino specializzata nei pagamenti, il suo ex amministratore delegato nonché fondatore, Markus Braun ieri è stato arrestato (e poi rilasciato dopo il pagamento di una cauzione da 5 milioni di euro) dalla polizia di Monaco di Baviera. Gli inquirenti accusano quello che da molti viene definito lo Steve Jobs tedesco per aver diffuso informazioni false sul bilancio della società. Nello specifico l'ex ceo, che si è consegnato alle forze dell'ordine la sera di due giorni fa, è accusato di aver «gonfiato i volumi di vendita di Wirecard con delle entrate false», rendendo la società più attraente di quanto in realtà non fosse per gli investitori e i clienti e collaborando probabilmente con altri complici. L'indagine si focalizzerà inoltre sull'utilizzo da parte di Wirecard dei cosiddetti acquirenti di terze parti, agenti di business indipendenti, per rappresentare un'immagine falsa del benessere dell'azienda.Braun si era dimesso dalla carica di ad la scorsa settimana, dopo che la società aveva ammesso che gli 1,9 miliardi di euro mancanti dal proprio bilancio potrebbero non esistere. «A seguito di un'ulteriore valutazione, il consiglio di amministrazione ritiene adesso che vi sia un'elevata probabilità che i saldi dei conti fiduciari delle banche corrispondenti a 1,9 miliardi di euro non esistano», ha dichiarato la società.Lo scandalo della Paypal bavarese è insomma solo all'inizio. Ora che è stata fatta cadere la testa numero uno della società, gli effetti per l'economia e la politica tedesca potrebbero essere disarmanti. In primis perché lo scandalo Wirecard rappresenta la cartina al tornasole di come la vigilanza bancaria tedesca faccia acqua da tutte le parti.Mentre infatti Braun si mostrava sul palco con tanto di dolcevita da visionario californiano una moltitudine di autorità, enti e controllori hanno chiuso gli occhi per anni prima di «cadere dal pero» alla notizia di un buco da due miliardi di euro per soldi portati nelle Filippine.Senza considerare che l'odore di marcio in Wirecard si sentiva da un po'. Nonostante l'ascesa in Borsa, sul listino dei top, il Dax, e il passaggio da pochi dipendenti a oltre 5.000, la società finì nel 2017 nello scandalo Paradise Papers perché Wirecard Bank (l'istituto bancario controllato da Wirecard) offriva conti offshore per gestori di gioco d'azzardo illegale in Germania. Nel 2019, inoltre, il Financial Times denunciò presunte irregolarità nella divisione di Singapore. La Consob tedesca, la Bafin, a seguito delle indiscrezioni del giornale inglese vietò per due mesi le vendite allo scoperto sul titolo Wirecard, nel mirino degli speculatori a causa delle indiscrezioni giornalistiche. Il colosso tedesca, insomma, non andava infastidito.Ma ora la situazione è cambiata. Qualcuno dovrà domandarsi perché la Bafin non ha vigilato e perché non lo ha fatto la Banca centrale tedesca. Del resto, le avvisaglie c'erano tutte e l'impatto per l'economia tedesca sarà devastante. Un importante gestore di fondi azionari che per mestiere scandaglia i bilanci di molte società quotate ha detto che «Wirecard aveva più bandiere rosse di un festival comunista», una battuta che però fa capire come lo scandalo sia stato messo più volte a tacere quando invece si sarebbe potuto arginare. Dopo la scoperta del buco da 1,9 miliardi, però, il numero uno della Bafin, Felix Hufeld, ha fatto subito un mea culpa affermando che la vicenda rappresenta una «vergogna» per tutta la Germania, dovuta a controllori come E&Y «che non sono stati in grado di scoprire le verità» ma pure a «un'ampia gamma di entità pubbliche e private, inclusa la mia, che non sono state efficaci abbastanza per impedire che qualcosa di simile accadesse». Alle frasi di Hufeld hanno fatto eco quelle del ministro delle Finanze tedesco e vicecancelliere Olaf Scholz che ieri ha ammesso che «bisogna immediatamente inasprire le regole ed evitare che lo scandalo che ha offuscato la reputazione della Germania possa creare un precedente», ha detto alla Reuters.In effetti quello di Wirecard potrebbe non essere l'unico caso a mostrare che ci sono buchi nella vigilanza teutonica e che l'etica tedesca, in alcuni casi, lascia a desiderare. Ieri gli Stati Uniti hanno inflitto una multa da 800 milioni di dollari alla Siemens (coinvolta nello scandalo Atm emerso ieri) per aver corrotto alti ufficiali governativi in diversi Paesi del mondo, per ottenere assegnazioni di appalti, che andavano dalle turbine ai treni ad alta velocità. In parole povere, come ammesso dai legali della multinazionale tra le più rappresentative della Germania, alcuni vertici aziendali avrebbero speso in tangenti 1,3 miliardi di euro per avere la firma su alcuni contratti stranieri.
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