2023-08-17
Un secolo fa, quando l'Italia rischiò la guerra con il Regno Unito
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Nell'agosto del 1923 la Grecia accusava l'Italia di essere apertamente schierata a favore dell'Albania. Il fatto fece scoppiare una grave crisi internazionale che sfociò con l'aggressione di Benito Mussolini a Corfù.Ci sono episodi della storia d'Italia che per il solo fatto di essere accaduti nel ventennio fascista sono finiti nell'oblio. Luglio 1923: Mussolini ordina alla Regia Marina di preparare l'invasione di Corfù.Il ministro della Marina, ammiraglio Paolo Thaon di Revel, accoglie il piano ma non per le ragioni di Mussolini, bensì pensando che una vittoria italiana avrebbe dimostrato l'importanza della sua forza armata portando a un aumento del bilancio. Così l'ammiraglio schiera nello Ionio le corazzate Giulio Cesare, Conte di Cavour, Duilio e Andrea Doria. La risposta del premier britannico Baldwin è decisa: schiera metà della Royal Navy nel Mediterraneo. Come da tradizione, in Italia nasce una crisi: Revel rivede le sue intenzioni per non rischiare l'alleanza con gli inglesi e la loro marina, sapendo che soccomberebbe a uno scontro diretto, Mussolini vuole rischiare e soccombe soltanto alle minacce di dimissioni in massa dei suoi ministri. Il 27 agosto 1923 accade un fatto ormai poco noto alle giovani generazioni e battezzato dalla storia «eccidio di Giannina», località in territorio greco, anche se l'episodio si verificò sulla strada che portava a Kakavia, non lontano dall'allora conteso confine albanese. Sventurati protagonisti i militari e diplomatici italiani guidati dal generale Enrico Tellini, classe 1871, figlio di un magistrato che sperava in una carriera simile anche per il figlio, il quale, invece, a soli 13 anni entrò nel Collegio militare di Firenze. Tellini da capitano prese parte alla guerra italo turca del 1911 e quindi da maggiore fu inviato militare all'ambasciata italiana di Vienna. Allo scoppio del primo conflitto mondiale ricoprì differenti incarichi fino a quando, nel 1917, nei giorni di Caporetto, venne fatto prigioniero. Ferito al viso, meritò una medaglia d'argento al valor militare e con l'armistizio venne inviato a Valona con i gradi di generale alla guida del contingente italiano schierato nella provincia a guida italiana dell'Albania. L'incarico successivo fu quindi rappresentare il governo italiano nella commissione nata dalla Conferenza degli ambasciatori che doveva tracciare i confini albanesi. Quel 27 agosto la delegazione formata dal Tellini, dal maggiore Luigi Corti, dal tenente Mario Bonacini, dall'autista Remigio Farnetti e dall'interprete albanese Thanas Gheziri fu sterminata nelle vicinanze del confine albanese. Quando Benito Mussolini pretese informazioni sull'accaduto, greci e albanesi si accusarono reciprocamente per poi far emergere una probabile matrice poco credibile legata al brigantaggio, tesi che non convinse gli italiani in quanto degli effetti trasportati dalla delegazione su un automezzo, nulla fu trafugato. In quell'agosto di cento anni fa le relazioni tra la Grecia e la commissione guidata dal generale Tellini erano pessime e la Grecia accusava l'Italia di essere apertamente schierata a favore dell'Albania. Il fatto fece scoppiare una grave crisi internazionale che sfociò con l'aggressione di Mussolini a Corfù. Ancora oggi l'eccidio di Giannina viene studiato dal punto di vista giuridico e diplomatico perché fa scuola su vicende più recenti (Afghanistan, Donbass, Niger), ovvero ogni volta che una nazione attribuisce un attacco ai danni delle proprie forze o popolazioni a un altro Stato, accusandolo di aver agito con truppe mercenarie. Benito Mussolini diede un ultimatum alla Grecia con diverse richieste, ma quando esso non venne accettato inviò truppe e bombardieri a occupare l'isola, minacciando anche di abbandonare la Società delle Nazioni. Un mese dopo i fatti di Giannina, la stessa conferenza degli ambasciatori riunitasi a Parigi comminò alla Grecia il pagamento dei cinquanta milioni chiesti dall'Italia unitamente al tributo degli onori alla nostra bandiera, la promessa di un'indagine e il riconoscimento dell'arbitrato sui confini albanesi. Azioni che portarono Mussolini a ritirare le truppe da Corfù. Senza colpevoli si chiudeva così una vicenda che aveva le radici proprio nella guerra italo turca del 1911-12, quando l'Italia aveva occupato le isole del Dodecaneso, la cui popolazione era però di maggioranza greca, situazione che si risolse soltanto sulla carta nel 1919 con l'accordo Venizelos-Tittoni, a seguito del quale l'Italia promise di lasciare le isole, a eccezione di Rodi, alla Grecia, in cambio del riconoscimento delle pretese italiane in Anatolia. Ma la promessa non fu mantenuta: in Turchia vinse il movimento nazionalista che pose fine a tutti i piani di spartizione. Così Mussolini sostenne che essendo stati costretti a lasciare i territori turchi non avrebbe restituito le isole contese e, anzi, nell'estate del 1923 aumentò il numero dei militari italiani per annetterle definitivamente.L'importanza storica di queste vicende, delle quali l'eccidio di Giannina è soltanto una puntata, sta nel fatto che nella primavera del '23, quindi pochi mesi prima, in occasione della visita a Roma del ministro degli esteri britannico Lord George Curzon, costui propose a Mussolini uno scambio: Sua Maestà avrebbe ceduto le regioni dell'Oltregiuba e del Giarabub all'Italia come premio di guerra – il 29 giugno 1924 il Regno d’Italia annetterà il Giubaland, la regione più a sud della Somalia al confine col Kenia – al fine di soddisfare parte delle rivendicazioni italiane, chiedendo però a Roma di risolvere le controversie in essere con la Jugoslavia e la Grecia come parte dell'accordo. Queste rivendicazioni nascevano dalla cosiddetta «vittoria mutilata» del 1918, quando l'Italia non vide assegnati tutti i territori promessi dal Trattato di Londra. In altre parole, ci ritrovammo proprietari di una regione praticamente inutile al posto che delle favolose e strategiche isole del Dodecaneso situate davanti alla Turchia, delle quali in epoca recente abbiamo riscoperto la bellezza grazie il film Mediterraneo di Gabriele Salvatores. L'unica pista credibile ma mai confermata sui colpevoli dell'eccidio arrivò proprio dal Regno Unito nel 1945, quando l'ambasciatore britannico in Grecia, Sir Reginald Leeper, scrisse che la confessione del massacro era stata resa dal certo bandito albanese Daout Hodja, che si assunse la colpa di aver ucciso Tellini poiché gli italiani avevano intercettato lui e suoi uomini poco dopo che avevano varcato il confine greco.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Ansa)