2021-01-31
Da Orbán a Bolsonaro fino a Putin e Chávez. Tutti i «bruti» colpiti da Renzi d’Arabia
Il leader di Iv attaccava i suoi avversari in nome dei diritti umani. Peccato che davanti a Mohammed bin Salman se ne sia proprio dimenticato.L'attore (e odontoiatra) Giulio Berruti ha ottenuto una parte in Girls from Dubai.Lo speciale contiene due articoli. Non tutti gli autocrati vengono per nuocere, avrà pensato l'ex premier oggi reinventatosi conferenziere Matteo Renzi, durante l'intervista al principe saudita Mohammed bin Salman. Una conversazione amabile durata 17 lunghi minuti, durante i quali sua altezza reale e il senatore di Rignano hanno spaziato su una vastità di temi. Forse rapito dal carisma di «Mbs» (così viene chiamato per brevità l'erede al trono dell'Arabia Saudita), o magari ringalluzzito dal compenso di 80.000 euro annui che percepisce dal Future investment initiative, fondo di investimento della famiglia reale del quale è membro del consiglio di fondazione, Renzi si è lasciato andare a lodi sperticate nei confronti del suo interlocutore: «È un grande piacere, un onore, essere qui con il principe bin Salman, penso che con la tua leadership il regno possa svolgere un ruolo cruciale». Senza dimenticare la ciliegina sulla torta, quando l'ex sindaco di Firenze ha definito l'Arabia Saudita il luogo per un «nuovo Rinascimento». Peccato che da tempo Riad sia un sorvegliato speciale da parte degli osservatori internazionali. Secondo l'ultimo report di Human right watch, l'Arabia Saudita utilizza sistematicamente il pretesto dell'antiterrorismo per togliere di mezzo i nemici della corona. Le donne di fatto sono fuori da ogni processo decisionale, e decine di migliaia di lavoratori stranieri vengono sfruttati. Sembra ieri quando Matteo Renzi denigrava i propri avversari politici, insinuando il dubbio (e forse anche qualcosa in più) di collusione con controversi regimi esteri. È il caso della vicenda dei presunti finanziamenti russi alla Lega, scoppiato a luglio del 2019 a seguito della pubblicazione dei colloqui svoltisi all'Hotel Metropol di Mosca tra Gianluca Savoini e due uomini vicini al Cremlino. L'accusa è pesantissima: «Se quei soldi uno che stava con Salvini, un sovranista, li ha chiesti a una potenza straniera, questo è alto tradimento». Poi le parole durissime contro il leader del Carroccio, accusato un giorno sì e l'altro anche di essere un pericoloso sostenitore di Viktor Orbán e Vladimir Putin. «Io non ci sto a lasciare a Salvini l'uso della parola legalità», affermò Renzi all'epoca, «perché Salvini non sa cos'è la legalità e noi quella parola ce la dobbiamo riprendere». Ma in quell'occasione non risparmiò una stoccata nei confronti dell'allora vicepremier Luigi Di Maio: «Perché non attacca Salvini sulla Russia? Perché sono la stessa cosa. Con buona pace di quelli che volevano farci gli accordi». Forse per par condicio, perciò, a giugno del 2020 Renzi avrebbe riservato lo stesso trattamento anche ai pentastellati insieme ai quali, nel frattempo, era entrato a far parte della maggioranza a sostegno del governo Conte bis. Stando alle rivelazioni del quotidiano spagnolo Abc, nel 2010 il regime venezuelano di Hugo Chávez avrebbe staccato un assegno di 3,5 milioni di euro per finanziare il nascente Movimento 5 stelle. «È giusto che si indaghi come si è indagato per Salvini per la vicenda russa», questo il commento di Renzi, «siccome sono un italiano spero che sia tutto falso e spero che siano delle fake news, la speranza è che si possa fare politica confrontandosi su idee e non tirandosi addosso inchieste». Pochi mesi prima, a gennaio, Renzi aveva scritto su Facebook: «Il Venezuela è stato distrutto da una dittatura feroce. Anche chi in questi anni ha visto nel regime di Caracas un modello deve prendere atto che Chávez prima e Maduro poi hanno devastato questo bellissimo Paese». Non poteva mancare all'appello il contestato presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, sfruttato lo scorso giugno da Renzi per schernire Matteo Salvini: «Non mi sono mai pentito: se Salvini fosse il presidente del Consiglio, come inconsapevolmente volevano molti all'interno del Pd chiedendo le elezioni anticipate con le quali ci avrebbe distrutto, avrebbe fatto in Italia quello che Bolsonaro sta facendo in Brasile». Ma più che tra le fila dell'opposta fazione politica, le improvvise simpatie del senatore toscano per i sauditi dovrebbero sollevare interrogativi proprio tra i suoi. Nel 2018, l'ex ministro e ai tempi ancora fedele renziano Luca Lotti protestò contro la decisione da parte della Lega Calcio di giocare la Supercoppa italiana proprio in Arabia Saudita. «La terrificante notizia della morte orrenda del giornalista Khashoggi lascia attoniti. La comunità civile internazionale deve far sentire la propria voce, a tutti i livelli. Credo che anche il mondo dello sport italiano non possa e non debba tirarsi indietro: va immediatamente bloccata la decisione di giocare la finale di Supercoppa italiana a Riad. È comprensibile immaginare l'interesse economico attorno a quella partita di calcio, ma ciò che è accaduto nel consolato dell'Arabia Saudita di Istanbul non può passare sotto silenzio». E a febbraio del 2020 la Commissione straordinaria dei diritti umani del Senato ha approvato una mozione che alla luce dell'omicidio di Jamal Khashoggi impegna il governo a «sostenere a livello internazionale, in coerenza con il tradizionale impegno italiano a tutela dei diritti umani e della libertà di espressione, la necessità di un'indagine indipendente approfondita affinché venga fatta piena luce sull'accaduto e si assicurino alla giustizia i responsabili della morte del giornalista». Chissà se a Matteo Renzi questi argomenti scomodi sono passati per la testa almeno per un momento mentre parlava con il principe Mohammed bin Salman. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/quando-il-bullo-e-i-suoi-attaccavano-in-nome-dei-diritti-umani-2650186566.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="l-uomo-di-meb-sponsorizzato-huawei-fa-lo-sceicco-in-un-b-movie-polacco" data-post-id="2650186566" data-published-at="1612050737" data-use-pagination="False"> L'uomo di Meb sponsorizzato Huawei fa lo sceicco in un B movie polacco Bruciato un ministro degli Esteri, se ne prepara un altro. Se Matteo Renzi, dopo la pagliacciata della conferenza a pagamento in Arabia Saudita, difficilmente potrà conquistare la Farnesina nel prossimo governo, va detto che Italia viva ha pronto l'uomo giusto per strappare l'ambito dicastero al Movimento 5 stelle: Giulio Berruti. Il compagno di Maria Elena Boschi si avvia a sorpassare l'ex sindaco di Firenze sotto tutti gli aspetti. Fa pubblicità agli smartwatch dei cinesi di Huawei e fa lo sceicco in un filmetto commerciale polacco appena uscito. Diciamo che per farsi buttare definitivamente fuori dall'Occidente manca solo che Meb vada a insegnare diritto costituzionale in Corea del Nord, ospite di Kim Jong Un. Il popolo chiuso per Covid aspettava il Berruti sull'Isola dei Famosi, come aveva anticipato l'informatissimo Dagospia dieci giorni fa. Ma lui ormai è un first boyfriend, da quando si fa parapazzare in lungo e in largo con la Boschi, e allora ha smentito sdegnato di voler fare il concorrente semplice sulle spiagge dell'Honduras. Sulla propria pagina Instagram ha piazzato una specie di comunicato in stile Rocco Casalino che così recitava: «Ci tengo a precisare che mi è stato chiesto di valutare la partecipazione all'Isola dei famosi in qualità di coconduttore (sic, ndr) inviato, e non come concorrente. Sarebbe per me una bellissima esperienza, tuttavia temo non compatibile con gli impegni lavorativi negli Usa». Il trentaseienne odontoiatra di Vigna Stelluti, Roma Nord, però in realtà è più abbordabile di come sembra e sempre su Instagram sta facendo pubblicità a Huawei, il colosso cinese della telefonia e delle infrastrutture per Internet che l'Italia sta frettolosamente cercando di mettere alla porta (e/o nascondere) come fornitore del 5G, dopo che gli Stati uniti hanno bandito il gruppo accusandolo di spionaggio per conto di Pechino. Se fino a ieri l'esclusiva dei rapporti con Huawei sembrava appartenere ai 5 stelle, i cui sindaci hanno aperto le porte ai cinesi ovunque hanno potuto, e alla sinistra dalemiana, adesso abbiamo anche il fidanzato della Boschi che si fa ambasciatore. «Noi non molliamo mai! Proprio come la batteria del #huaweiwatchgt2pro ! […] veramente una bomba!», proclama l'attore, sotto una foto in cui si allena a mani nude contro un punching bag rosso da pugilatore. In 21 ore, l'influencer (di Meb) ha raccolto centinaia di «like» e 439 commenti. Tra questi c'è chi chiede un paragone tecnico con il più noto Applewatch e l'attore garantisce: «L'ho fatto cinque anni fa e sono molto molto felice». Ma l'uomo che ha saputo condurre l'algida fidanzata Maria Elena sulla spiaggia di Fregene ha anche un lato più esotico. In Polonia, il 22 gennaio, è uscito un suo film dal titolo che, come direbbe Woody Allen, somiglia al cartello con le lettere dell'oculista (Girls from Dubai), nel quale interpreta la parte di uno sceicco. La locandina non è esattamente in stile Krzysztof Kieślowski, ma raffigura due scarpe da donna di vernice rossa (un grande classico presente anche nella scarpiera della statista di Laterina) appoggiate su un paio di manette. Più Tuscia che Tokyo Decadence, visto che dal trailer sembra un classico B movie. In altre immagini si vede il first boyfriend vestito da sceicco figo con immancabile barbetta. Se non sta attento, a carnevale, Renzi chiede 80.000 euro anche a lui. Anche la regista è un personaggio degno di nota. Si chiama Maria Sadowska, 44 anni, ex platinatissima cantante jazz e produttrice musicale, che si è buttata recentemente sul cinema e nel 2017 ha sbancato i botteghini in Polonia con The art of loving, un film sulla storia di una famosa ginecologa polacca degli anni Settanta, Michalina Wislocka. Visto che la Sadowska somiglia decisamente a Rita Rusic, c'è da sperare che il bel Giulio non la presenti a Meb. C'è il rischio di un catfight da far impallidire il duello Renzi-Conte per il governo.
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)