2022-01-23
Putin spara ma è la Cina che prende la mira
I russi ammassano truppe ai confini ucraini e minacciano la guerra: Mosca non rallenta perché sta agendo per conto di Pechino che punta a impegnare gli americani su più fronti. La soluzione è rafforzare l’asse Usa-Ue: l’Italia ha spazio per dire la sua. Da fine dicembre chi scrive cerca di capire perché Vladimir Putin abbia enfatizzato la parola «immediatamente» per la soddisfazione delle sue richieste alla Nato e perché Mosca continui a farlo nonostante una postura non aggressiva della Nato stessa. L’ipotesi iniziale era che stesse alzando la tensione esterna per risolvere problemi di debolezza politica interna. Ma proseguendo la ricerca, e pur valutando che il consenso popolare porterà in prospettiva Bielorussia e Balcani nell’area Ue contro gli interessi di Mosca, è emerso un altro motivo che, integrabile con quelli detti, appare prevalente: la Russia sta facendo un servizio alla Cina. È la Cina, infatti, che ha fretta. Sta premendo sull’America per attivare i negoziati commerciali di «Fase 2» allo scopo di non vedersi ridotto l’export nonché valutando con preoccupazione la «strategia del boa constrictor» decisa da Washington sia per accerchiarla sia per soffocarla: una Russia con postura ultimativa apre un secondo fronte per l’America, che nelle speranze di Pechino dovrebbe attutire le pressioni nel Pacifico. Inoltre sta premendo sull’Ue per riuscire a farle ratificare il trattato Cai (investimenti comuni) che è stato congelato dal Parlamento europeo e sta tentando di ridurre l’ostracismo crescente alla sua penetrazione in Europa. Poi è molto preoccupata dal fatto che la Lituania abbia aperto un ufficio commerciale di Taiwan, seguita dalla Slovenia, nonostante minacce pesantissime. Per inciso, ciò può forse essere un indizio che l’America, ovviamente influente in tali decisioni, abbia colto lo zampino cinese nella pressione russa e, pur non rendendolo pubblico, abbia mandato alla Cina un segnale iniziale di contro-dissuasione: se Pechino non la smette di usare come proxy la Russia, allora vi sarà un’ondata di riconoscimenti di Taiwan, vista come Cina legittima contro quella temporaneamente occupata dal Partito comunista. In sintesi, tralasciando mille altri indizi e fatti, la Cina ha chiesto alla Russia di aprire un fronte europeo sia per costringere l’America ad un ingaggio su un fronte doppio sia per tentare di dividere gli europei principali dall’America stessa: infatti la Germania è ferma ed impaurita, l’Italia (a cui Putin ha chiesto mediazione, forse anche per suggerimento cinese) è silenziosa e la Francia insiste su un confuso concetto di autonomia strategica, che nell’attuale situazione vuole assomigliare ad un sorta di neutralità, forse per far capire all’America che la sua esclusione dall’Aukus è stata un errore da riparare, oppure per difficoltà elettorali o di adattamento mentale di Emmanuel Macron a nuove situazioni. Germania e Italia, in particolare, non temono solo di perdere l’export in Russia in caso di contro-sanzioni, rispettivamente 25 e 11 miliardi circa, ma anche di vedersi ridotto quello in Cina, dove la Germania ancora troppo «sinodipendente» è più vulnerabile. Infatti l’Ue è divisa tra europei orientali (i 9 di Bucarest) che vogliono combattere contro la Russia, e alcuni cominciano a farlo contro la Cina comunista, e quelli che hanno paura. Ne è segno che l’America, per rassicurare gli ucraini, ha dovuto chiedere a Regno Unito e Canada di mandare truppe speciali ed armi a Kiev. Ma cosa ci guadagna la Russia a fare il servitore della Cina? Certamente qualcosa perde, perché la sua pressione regala alla Nato nuova rilevanza e compattezza: da un lato gli europei principali sono riluttanti ad ingaggiarsi, dall’altro mai tradirebbero la Nato se si muovesse in contromobilitazione. Quindi punta ad un guadagno nei confronti della Cina, nella forma di monetizzare molto di più l’enorme arsenale russo, cosa che Pechino non ha concesso finora ritenendosi potenza primaria senza la necessità di dipendere da contribuzioni russe. Ora invece ne ha bisogno. Pechino non ha capacità di pressione diretta sull’Ue, Mosca sì. La Russia ha buone relazioni con l’India, mentre la Cina no e Pechino vuole portarla lontano da un’alleanza militare con l’America. Sul piano del potere marittimo la Cina non ha speranza di fronteggiare l’America senza il contributo russo, ne sono prova le esercitazioni in corso tra marine russe, cinesi ed iraniane. Sul fronte dell’Asia centrale la Cina ha temporaneamente ridotto la sua pressione di conquista rendendosi conto che è meglio un presidio russo concordato. Inoltre la Cina dipende dalla Russia per il gas e (forse) per la tecnologia nucleare. In sintesi, Mosca sta cercando sia di trasformare in soldi la sua capacità militare e tecnologica per bilanciare la crisi economica interna che minaccia di defenestrare Putin, sia di dare status globale alla sua bandiera. Risposte? Il vero nemico è la Cina. Senza la Cina, Mosca conterebbe poco. Pertanto chi scrive pensa che l’America debba decidersi a creare una Nato globale, ingaggiando gli europei nel Pacifico per stringere meglio la Cina allo scopo di costringere la Russia a non poter contare su Pechino e quindi ad avere relazioni migliori con l’Occidente. La prima mossa sarebbe quella di siglare un accordo economico tra Ue ed Usa che includa tutti gli accordi bilaterali dei due con il resto del mondo, dandogli un unico ombrello militare. In tal modo il «complesso democratico» organizzato globalmente diventerebbe enormemente più grande e potente delle «piccole» Cina e Russia, costringendole alla resa. L’Italia? Dovrebbe mediare questa configurazione tra americani ed europei, non certo quella tra Russia ed America. Ma se la Russia sparasse veramente? A parte le perdite che avrebbe, accelererebbe lo scenario qui tratteggiato e a Putin non converrebbe. In tal senso c’è ancora spazio per la diplomazia.www.carlopelanda.com
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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