
Il leader russo, che per la stampa occidentale era «isolato», sente il premier di Gerusalemme dopo i colloqui con Iran, Siria, Egitto e Anp. Mosca spinge per una soluzione politica. Intanto Antony Blinken torna nella regione.Il Medio Oriente è casa sua, o quasi. Solo ieri, Vladimir Putin ha avuto una telefonata serale con il premier israeliano Netanyahu, un colloquio al mattino con il presidente siriano Bashar al-Assad e altre conversazioni con Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità nazionale palestinese, e con Abdel Fattah al Sisi, che guida l’Egitto. Nei giorni precedenti aveva parlato con il leader iraniano Ebrahim Raisi. La prima richiesta di Mosca è un cessate il fuoco immediato a Gaza, per avviare una soluzione politica. Non male, per un Putin che fino a un paio di mesi fa veniva descritto dalla stampa occidentale come completamente isolato, a causa dell’invasione dell’Ucraina. E sul quale pende, anche se a nessuno oggi fa comodo ricordarlo, un mandato di cattura internazionale. Una dimostrazione plastica della situazione in cui si trovava il presidente russo prima che Hamas attaccasse Israele è andata in scena il 22 agosto di quest’anno a Johannesburg, in Sud Africa. Alla riunione dei Brics (i Paesi emergenti), gruppo nel quale sono appena entrati Iran, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati arabi, Putin si è dovuto limitare a un intervento online. L’americana Cnn osservò che «il mancato show ai Brics alza il volume sugli orizzonti di Putin che si vanno restringendo». La Stampa non fu meno drastica: «Putin isolato anche dagli amici resta nel suo bunker russo. Neanche gli alleati hanno voluto ospitare in presenza un ricercato internazionale». Il vento, però, è girato. Per il semplice fatto che in Medio Oriente non si può far molto senza fare i conti con Mosca. In parte, per lo storico rapporto con Damasco, in parte per gli stretti legami tra Russia e Iran, ovvero la potenza che finanzia e appoggia tutti i nemici di Israele. Ieri sera, da fonti israeliane, si è saputo che era in programma una conversazione telefonica tra Putin e Netanyahu. Era la prima volta che i due leader si parlavano dall’inizio della guerra, ma i rapporti tra i due sono buoni e continui. Tanto è vero che Israele si è rifiutata di fornire armi all’Ucraina, anche se non ha lesinato aiuti ai civili. Lo stesso Volodymyr Zelensky negli ultimi giorni ha parlato spesso e volentieri di quanto sta accadendo a Gaza, affermando che Israele «ha tutti i diritti di difendersi». Il presidente ucraino voleva prendersi un po’ di palcoscenico e ha chiesto di portare una visita di solidarietà in seguito all’attacco di Hamas, ma secondo alcuni giornali in lingua ebraica (e anche per il Times of Israel) gli è stato risposto che «il momento non è quello giusto». Nulla di personale, ma la sensazione è che il pericolo di un lungo conflitto che incendi tutto il Medio Oriente richieda che si muovano i pesi massimi. Ed è da peso massimo che si sta muovendo il «ricercato» Putin. La Siria è il più solido e storico alleato di Mosca nella regione. Ieri mattina, Putin ha avuto un colloquio telefonico con Assad, nel corso del quale, come riferisce l’agenzia russa Tass, hanno parlato della situazione nella Striscia di Gaza, concordando che si debbano consegnare subito gli aiuti umanitari alla popolazione e che debba finire lo sfollamento forzato dei residenti. Il capo del Cremlino ha poi chiamato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), dopo che nei giorni scorsi aveva parlato con il presidente iraniano Raisi, e si è confrontato anche con il presidente egiziano Al Sisi. Il consigliere per la politica estera Yuri Ushakov ha riassunto così la linea di Putin nelle telefonate riservate: «La cosa più importante è cessare immediatamente il fuoco e avviare il processo per una soluzione politica». Soluzione politica alla quale, evidentemente, Mosca è pronta a partecipare proprio grazie alla sua consolidata presenza nell’area. Putin avrebbe anche bollato come «inaccettabile» «qualsiasi forma di violenza contro i civili». Il che, per l’Ucraina, sarebbe una notizia. Sabato, intanto, l’Egitto ospiterà un vertice internazionale sulla questione palestinese. Lo hanno annunciato fonti egiziane a Sky News Arabia, mentre i media di Qatar e Kuwait hanno confermato che gli emiri dei due Paesi hanno ricevuto l’invito per il summit, durante il quale «si discuteranno gli sviluppi ed il futuro della causa palestinese e del processo di pace». L’attivismo di Putin in queste ore, in cui ha anche trovato il tempo per «ringraziare la Cina per il suo piano per risolvere il conflitto in Ucraina», è secondo soltanto a quello di Antony Blinken. Il segretario di Stato Usa è tornato ieri a Gerusalemme per incontrare ancora Netanyahu. Secondo fonti israeliane, domani potrebbero addirittura essere raggiunti dal presidente Joe Biden. Al di là della propaganda, che incolpa gli americani dell’escalation in Medio Oriente, il Cremlino ha un progetto chiaro e lo ha spiegato lo stesso Putin venerdì, parlando in pubblico a Bishek, in Kirghizistan: «L’obiettivo dei negoziati deve essere l’attuazione della formula dei due Stati delle Nazioni Unite che implica la creazione di uno Stato palestinese con Gerusalemme Est come capitale, che coesiste in pace e sicurezza con Israele che ha subito un attacco di incredibile brutalità». Lontano da Kiev, anche Putin respinge la brutalità e torna diplomatico.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





