2019-01-02
Purghe in Parlamento e l’ombra di Dibba. L’anno nuovo del M5s inizia dai vecchi guai
Il Movimento pentastellato applica la linea dura e silura quattro onorevoli . Beppe Grillo e Alessandro Di Battista tornano sulla scena, agitando Luigi Di Maio.Fuori tempo come il battimani del pubblico durante la Marcia di Radetzky nel concerto di Capodanno, è arrivata la prima forte fibrillazione dentro il Movimento 5 stelle. Proprio allo scadere del 2018 fra un brindisi e un panettone, proprio mentre Alessandro Di Battista si accingeva a tornare in famiglia sfidando Luigi Di Maio nello slalom, proprio mentre Beppe Grillo stava per entrare alla Biennale Arte con il suo video iperuranico, ecco la sentenza dei probiviri, la mannaia della legge interna che ha determinato le espulsioni di quattro parlamentari, due dei quali da tempo piddini mascherati.Si tratta dei senatori Gregorio De Falco e Saverio De Bonis, messi alla porta per non avere seguito la linea del partito nella votazione del decreto Sicurezza: il primo aveva votato contro ed era recidivo, il secondo ha pensato bene di non presentarsi in aula per non pagare pegno. Poiché quello a 5 stelle è un partito del tutto verticista (uno vale uno ma non si sogni di pensare per sé), non hanno avuto scampo. E la vicenda ha lasciato uno strascico amaro perché l'espulso principale era l'ex comandante della capitaneria di porto di Livorno, diventato famoso per quel «Torni a bordo, ca...» indirizzato a Francesco Schettino in fuga dalla Costa Concordia in pieno naufragio. Gli altri due espulsi sono europarlamentari e i motivi sono solo tristi: Marco Valli per la solita menzogna sulla laurea e Giulia Moi per molestie psicologiche nei confronti di due assistenti. Travolto da un'autostima esagerata, De Falco ha pensato di potersi mettere contro il contratto di governo (sottoscritto anche da lui) senza pagare dazio e sostiene che il provvedimento sia incostituzionale. Di Maio lo ha zittito con un tweet: «Tutti sono importanti, nessuno è indispensabile. Il rispetto degli elettori viene prima di tutto». Il provvedimento, definito duro e giusto, sembra il classico «punirne uno per educarne cento». E poiché, con quel voto controcorrente, De Falco non ha fatto altro che esplicitare in modo sommario le perplessità dell'ala sinistra del movimento - che fa capo al presidente della Camera Roberto Fico -, ecco che i mal di pancia di fine estate (quando Matteo Salvini imperversava su legge e ordine) sono tornati a moltiplicarsi.Non è facile mantenere la rotta governativa, e i margini al Senato si assottigliano ancora. E se la Lega sembra una falange macedone raccolta attorno al capo, i grillini vivono turbe tardodemocristiane che li portano a dividersi in correnti spontanee su quasi tutti i temi, comprese le scie chimiche. Per aiutare Di Maio a mantenere la rotta e a riequilibrare la debordante presenza social di Salvini, è stato richiamato da San Francisco Alessandro Di Battista, percepito dal popolo grillino come un leader ortodosso della prima ora. Lo psichedelico Dibba ha sciacquato i panni letterari con alcuni reportage dal Guatemala, ha percorso l'America Latina come Che Guevara, si è annoiato a Fisherman's Wharf guardando le otarie e ha deciso di tornare dopo 16.000 chilometri in autobus con compagna e figlio neonato. Deve avere fatto anche due conti, perché senza lo stipendio da parlamentare è difficile vivere da protagonista. E infatti Di Maio, che avrebbe fatto volentieri a meno di un alter ego così ingombrante di nuovo su piazza, sta studiando un suo rientro da sottosegretario a palazzo Chigi (dove già domina Giancarlo Giorgetti). Il piano B riguarderebbe l'Europa e la possibilità di nominare Dibba commissario Ue dopo le elezioni. Nel frattempo, sciate in slalom parallelo sulle nevi della Val di Fassa in favore dei fotografi, e la campagna 2019 lanciata stereo: «Abbiamo ancora tante cose da fare, siamo solo alla fine dell'inizio. Nel 2018 abbiamo combattuto una classe di privilegiati che ci sta combattendo. Questo sarà l'anno in cui vi regaleremo una bella legge che taglia gli stipendi a tutti i parlamentari».Le voci da dentro il movimento parlano di un possibile rimpastino, anche se gli equilibri sembrano così precari da scongiurare pericolosi sbilanciamenti. Ma non è un segreto che Di Maio voglia sostituire il ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli - ai minimi termini nel gradimento del mondo digitale (e anche di quello analogico) - con Riccardo Fraccaro, titolare del dicastero dei Rapporti col Parlamento. Per il posto di quest'ultimo sarebbe pronto il capogruppo alla Camera, Francesco D'Uva. Anche il ministro della Cultura, Alberto Bonisoli, sarebbe sulla graticola per la guerra a Netflix e per la nomina di Milovan Farronato (che su Instagram appare vestito da donna) alla guida del Padiglione Italia della Biennale Arte di Venezia. Proprio in laguna potrebbe finire il video di Capodanno di Beppe Grillo, ultimo exploit del movimento uscito provato da questi primi sette mesi di governo. Il fondatore e leader carismatico è da tempo defilato, ma non al punto da rinunciare al controsaluto di San Silvestro via etere nello stesso orario del discorso del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il risultato dell'altroieri è stato soporifero. Da una parte la classica omelia dorotea scontata ma rassicurante come uno yogurt al mirtillo e i Legnanesi, dall'altra un'esibizione pop priva di ancoraggio, con il volto di Grillo su un tablet appeso al corpo estrogenato di un culturista ceceno. Roba da Matrix Reloaded spiegato ai telegrafisti, con due pensieri identificabili: «In alto i cuori se li avete ancora» e «Rimanete umani». Un'esibizione non per tutti, ma per coloro che credono nel pianeta Gaia. Nel mezzo del discorso Grillo si lascia scappare: «Non so neppure cosa sto dicendo». Comincia un anno difficile.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson