
È una specie di nuovo mantra della spesa, lo troviamo scritto su prodotti prima inesistenti e importati dall’America insieme con la passione per il culturismo e il culto del corpo fitty. Ma occhio a non esagerare: certi estremismi si pagano cari...Avete notato intorno a voi, al supermercato, non l’invasione degli ultracorpi, ma quella che chiameremo scherzosamente l’invasione degli ultraproteici? High protein (ossia alto livello di proteine) è una specie di nuovo mantra della spesa, lo troviamo scritto su prodotti prima inesistenti e importati dall’America insieme con la passione per il culturismo e in generale il culto del corpo fitty, ossia magro e muscoloso, come le proteine in polvere. Poi, lo vediamo strombazzato dall’etichetta di prodotti un tempo normali e ora sottoposti all’evoluzione dell’aggiunta o concentrazione di proteine: c’è perfino la lasagna al ragù hi pro, c’è il latte parzialmente scremato hi pro che tramite l’ultrafiltrazione raddoppia le sue proteine e passa dalle 3,15 che ne avrebbe in forma normale alle 5, quasi il doppio, della sua versione «latte con proteine», la cui traduzione è «latte con ulteriori proteine rispetto a quelle che già ha naturalmente». Ma fa davvero bene assumere più proteine possibile, diminuendo carboidrati e grassi, o addirittura puntare a un’alimentazione di sole proteine? Fa bene farlo stabilmente? Fa bene farlo se non si fa sport? Sarebbe un’alimentazione più salubre e più performante sempre e comunque e per chiunque? No.Nelle ultime Linee guida per una sana alimentazione, Crea 2018, diffuse anche dal ministero della Salute, si analizzano varie diete, tra cui la dieta low carb, quella da cui nasce l’attuale cultura hi pro, che diminuisce i carboidrati aumentando le proteine: «Le diete iperproteiche spinte si basano su due presupposti principali: i) parte dell’energia fornita dalle proteine è dispersa come calore (termogenesi indotta dagli alimenti) in misura maggiore rispetto alla dispersione legata agli altri macronutrienti energetici; ii) le proteine hanno un maggiore potere saziante. Quindi la combinazione di questi due fattori comporta una maggior facilità nella riduzione dell’assunzione di calorie. Sono molto popolari e molto utilizzate anche per una certa facilità di esecuzione. L’effetto dimagrante c’è sicuramente, ma l’aderenza a lungo termine è molto bassa». Ancor prima il piccolo tomo spiega che «la regolazione del peso corporeo è un insieme complesso di variabili fisiologiche, metaboliche, ambientali, comportamentali e genetiche, che controllano quanta energia assumiamo e quanta ne spendiamo. Il peso corporeo rappresenta il risultato misurabile del “bilancio energetico” tra quanta energia entra e quanta ne esce. L’energia introdotta con gli alimenti e utilizzata dal corpo sia durante il riposo (per mantenere in funzione tessuti e organi, quali cervello, polmoni, cuore, ecc.), sia durante l’attività fisica (anche per far funzionare i muscoli). Se si introduce più energia di quanta se ne consuma, l’eccesso viene depositato nel corpo sotto forma di grasso, soprattutto a livello del tessuto adiposo, con un aumento di peso. Se invece si introduce meno energia di quanta se ne consuma il corpo utilizza le proprie riserve per far fronte alle richieste energetiche. Più in generale, l’energia che introduciamo attraverso gli alimenti viene usata per il nostro metabolismo di base (55-70%), per la termogenesi indotta dagli alimenti (circa 10%) e per l’attività fisica (20-40%). Il metabolismo di base (Mb) è il lavoro svolto dall’organismo in condizioni basali (digiuno e riposo) per il mantenimento delle funzioni vitali e impegna la quota maggiore del dispendio energetico totale. Il dispendio energetico basale è direttamente proporzionale alle dimensioni corporee, varia con l’età ed è diverso nei due sessi. Gli organi interni utilizzano circa i 2/3 della spesa energetica basale; la restante è utilizzata dai muscoli (anche a riposo) e dagli altri tessuti. La termogenesi indotta dagli alimenti rappresenta la spesa energetica per la digestione, l’assorbimento e la metabolizzazione degli stessi e varia in funzione della qualità e del tipo di macronutrienti (proteine, carboidrati, grassi) contenuti negli alimenti. E più elevata per le proteine (20-30%) e più bassa per i carboidrati (5-10%) e ancora minore per i grassI (2-5%). Il dispendio energetico da attività fisica è l’energia spesa per tutti i movimenti del corpo. Rappresenta una percentuale assai variabile del dispendio energetico totale e include attività fisiche inevitabili, imposte da impegni lavorativi e/o sociali, attività fisiche discrezionali e opzionali, giustificate da motivazioni ricreative, salutistiche ecc.. è questa la quota sulla quale possiamo più efficacemente intervenire per aumentare il dispendio energetico complessivo. Se aumentiamo il livello di attività fisica otteniamo due risultati: l’aumento del dispendio energetico ma anche lo sviluppo e il mantenimento della massa muscolare che a sua volta aumenta il metabolismo di base». ritorno al mediterraneoLa dieta ideale non è l’iperproteica o low carb, ma quella mediterranea, capace di contrastare il rischio di insorgenza di importanti patologie croniche come diabete, ipertensione arteriosa ed obesità. Invece, molti oggi credono che la dieta normale ossia mediterranea conduca all’obesità, quando invece il problema sono le troppe calorie, in qualunque tipo di alimentazione, e il poco movimento. Se in passato si demonizzavano i grassi, oggi sul patibolo ci sono anche i carboidrati. Siamo in piena mitizzazione dell’high pro, indotta dalla nuova genìa di prodotti che tutti, anche la nonnina ottuagenaria o il bambino che va con la mamma a fare la spesa vedono al supermercato, esaltati nel proprio contenuto proteico alto e più alto, e decodificano questo alto valore proteico come valore alimentare positivo, senza stare ad informarsi e magari considerando, velocemente e candidamente, che se fosse una caratteristica negativa non verrebbe ribadita così. Ma la santificazione della proteina, accompagnata alla demonizzazione del carboidrato e la sua codifica dietetica che ne cristallizza la riduzione dell’assunzione perfino nel nome, low carb, può sfuggire di mano. Tra i disturbi alimentari oggi si annovera anche il dismorfismo muscolare o bigoressia: colpisce soprattutto i giovani che perseguono il gigantismo muscolare, sognando di eliminare la massa grassa ed avere solo massa muscolare, e con questo obiettivo sbilanciano la dieta in senso dannosamente iperproteico assumendo anche integratori appositi e steroidi anabolizzanti. La dieta mediterranea, spiegano le Linee, non è una dieta dimagrante (a meno che non si segua quel regime diminuendo le quantità di tutto), ma è il modello alimentare più studiato e maggiormente correlato con la minore incidenza di malattie cronico degenerative e che assicura invecchiamento sano e longevità. Ovviamente determina un dimagrimento solo se caloricamente adeguata alle esigenze». Anche le precedenti linee lodavano questo modello alimentare: «Il concetto di adeguatezza nutrizionale ben si coniuga con la dieta mediterranea che, attraverso un sano profilo di grassi, bassa percentuale di carboidrati, basso indice glicemico, alto contenuto di fibre alimentari, composti antiossidanti ed effetti anti-infiammatori, riduce il rischio di insorgenza di alcune patologie, come il cancro e malattie cardiovascolari. I tratti salienti delle abitudini alimentari di tipo mediterraneo sono rappresentati dalla presenza costante di: cereali e dei loro prodotti di trasformazione (pane, pasta), soprattutto integrali, l’abbondanza nella razione di ortaggi a foglia verde, l’impiego dell’olio extra vergine di oliva, con il conseguente rilevante apporto di acidi grassi monoinsaturi, la presenza di carne e pesce ma anche di proteine di origine vegetale dalle leguminose. Importante è anche l’abbinamento degli alimenti secondo moduli vari e gustosi, comunque sempre completi dal punto di vista nutrizionale (cereali e legumi, cereali ed alimenti di origine animale, carni o pesci con ortaggi). Anche la distribuzione dei pasti segue precise regole di periodicizzazione quotidiana (colazione, spuntini, pranzo, cena) e di occasionalità (cibo festivo e cibo feriale)». Per capire meglio, ci sarà utile analizzare il cibo secondo i suoi nutrienti. Distinguiamo macronutrienti e micronutrienti, così chiamati perché dei primi abbiamo bisogno in grande quantità, parliamo di grammi, dei secondi in quantità minore, cioè milligrammi e talvolta microgrammi. I micronutrienti, vitamine e sali minerali, sono protettivi e regolano varie funzioni dell’organismo, come quella preventiva delle malattie o della crescita, i macronutrienti hanno funzione energetica, sarebbe a dire che ci danno l’energia per vivere, e plastica, cioè edificano e modellano il nostro corpo. I macronutrienti si dividono in proteine, glucidi anche detti carboidrati, grassi. C’è poi l’acqua, ma andiamo ai macronutrienti solidi e calorici. Siamo fatti di proteine, che sono chiamate anche protidi: circa il 15% del nostro corpo è proteine, in particolar modo lo sono i muscoli. Ecco perché il body builder o chi cerca di ottenere un fisico altamente fitty, evidentemente sportivo, cerca di introdurre più proteine.la questione calorieL’idea che ciò sia giusto sempre e comunque si basa anche su una valutazione superficiale delle calorie: i carboidrati forniscono 3,75 calorie per grammo, le proteine 4, i grassi 9. Ma i macronutrienti non vanno considerati solo da questo punto di vista e se può aver senso assumere più proteine che grassi oppure quota pari, è sbagliato assumere sempre e comunque più proteine che carboidrati. Le proteine, infatti, non vanno intese come inerti «mattoncini» dei muscoli: ci sono le proteine che trasportano gli ormoni nel sangue, quelle atte alle reazioni catalitiche dette enzimi, quelle dette ormoni che svolgono funzione regolatrice, quelle, gli anticorpi, che lavorano per il sistema immunitario. I glucidi o carboidrati hanno funzione energetica e plastica, anche in modalità riserva (la riserva energetica glucidica è il glicogeno, che il nostro organismo deposita nel fegato e nel muscolo scheletrico, residualmente anche in altri tessuti come cuore, reni e tessuto adiposo). Ci sono tre tipi di glucidi: monosaccaridi, per es. il glucosio) e disaccaridi (come il saccarosio, che conosciamo anche col nome di zucchero) anche detti zuccheri semplici e polisaccaridi (come l’amido) detti zuccheri complessi. I primi due si assimilano velocemente, gli ultimi più lentamente. Poi ci sono i grassi, anche detti lipidi, costituiti da acidi grassi e glicerolo, che svolgono attività energetica, strutturale e funzionale-cellulare (servono a far funzionare le cellule). Per esempio, non molti sanno che alcune vitamine sono liposolubili ovvero il nostro organismo le assorbe insieme ai grassi, mentre le altre sono idrosolubili (si assorbono con acqua). I grassi possono essere saturi o insaturi. Gli insaturi, a loro volta, sono costituiti da acidi grassi monoinsaturi o polinsaturi. In linea di massima, i saturi sono grassi animali, gli insaturi sono grassi vegetali, ma stiamo attenti a non assolutizzare: il burro di cocco, per esempio, è vegetale, ma contiene quasi esclusivamente grassi saturi. Agli insaturi appartengono acidi grassi essenziali importanti come omega-3, omega-6 o l’acido linoleico, che l’organismo non sintetizza da solo ma trae dagli alimenti. Per capire quanti macronutrienti è giusto incamerare, ci rifacciamo alle percentuali indicate dalla IV Revisione dei Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana (Larn) della Società italiana di nutrizione umana (Sinu) per una alimentazione equilibrata: il 45-60% circa delle calorie giornaliere deve provenire dai carboidrati, tra cui zuccheri semplici cioè monosaccaridi e disaccaridi che devono essere inferiori al 15%, carboidrati complessi in ragione del restante 30-45% con attenzione al fatto che siano in parte integrali, sono consigliati, infatti, almeno 25 g/die di fibre. Per quanto riguarda i grassi, le quantità di grassi che assicurano un buono stato di salute variano da persona a persona, a seconda di sesso, età e stile di vita, come d’altronde gli altri macronutrienti: una quantità indicativa per l’adulto è quella che apporta dal 20 a massimo il 35%, ancor meglio se massimo il 30%, di grassi sull’introito calorico quotidiano totale. Inoltre, vanno ripartiti così: massimo 10% sul totale calorico quotidiano di acidi grassi saturi, tra 5 e 10% di acidi grassi polinsaturi (4-8% come omega-6 e 0,5-2% come omega-3) e 10-15% di acidi grassi monoinsaturi (colesterolo inferiore 300 mg al giorno). Per quanto concerne le proteine, i Larn non sono high pro e indicano, per l’adulto di età media e peso di 70 kg, 63 g al giorno, ovvero 0,9 g per chilo di peso corporeo al giorno, più o meno siamo intorno al 15-20 %. Queste sono percentuali del fabbisogno energetico giornaliero, che varia in base al sesso, all’età ma anche al tipo di vita, infatti si suddivide in fabbisogno calorico basale, quello necessario a stare in vita, e fabbisogno calorico specifico in relazione al tipo di attività volontarie svolte, che possono includere quelle sportive oppure no. Ora, è chiaro che nessuno di noi può ragionevolmente mettersi a fare da solo tutti questi calcoli per decidere cosa mangiare a cominciare dalla colazione fino ad arrivare alla camomilla prima di andare a nanna. Ma - e questo è il punto - già guardando soltanto le percentuali dei macronutrienti indicate dai Larn capiamo come l’high pro sia effettivamente adatto allo sportivo, magari, per qualche giorno, a chi sia a dieta. Ma farne uno stile di vita stabile in assenza di attività sportiva può condurre a dei problemi. Non esagerate, dunque, con le proteine e i cibi iperproteici di sintesi se non siete sportivi: se volete essere più snelli, fate più attività fisica e diminuite le calorie della normale alimentazione mediterranea che rispecchia perfettamente i Larn dei macronutrienti. Ricordatevi che semplicemente aggiungere proteine alla nostra dieta normale in assenza di impegno sportivo si traduce in un eccesso proteico e anche calorico: un eccesso calorico di proteine fa ingrassare come accade se eccediamo in carboidrati o grassi rispetto al nostro fabbisogno calorico. Le proteine, poi, sottopongono l’organismo a una elaborazione più complessa (maggiore termogenesi, ricordate?) e impegnano di più i reni ed il fegato rispetto all’elaborazione dei carboidrati. Questo, i molti produttori di cibi high pro, non lo indicano sulle etichette... Molti pensano di alimentarsi in maniera più salutare ingurgitando più proteine possibile e bevendo poco, poi si ritrovano a fronteggiare problemi di disidratazione e ai reni e al fegato. Invece di aumentare le proteine a vanvera dateci retta: aumentate l’acqua.
Stefano Puzzer (Ansa)
- La Cassazione ha bocciato l’allontanamento dell’ex portuale, leader delle proteste a Trieste contro il green pass. Dopo due dosi di vaccino, si era rifiutato di fare la terza e lo scalo giuliano l’aveva lasciato a casa. Ora il nuovo Appello a Venezia.
- Il racconto: «Assisto altri dipendenti sospesi pagando le bollette o con i buoni spesa».
Lo speciale contiene due articoli.
Christine Lagarde (Ansa)
Siluro dell’ex economista Bce, il teutonico Jürgen Stark: «È chiaro perché l’Eliseo l’ha voluta lì...».
Stefano Antonio Donnarumma, ad di Fs
L’amministratore delegato Stefano Antonio Donnarumma: «Diamante 2.0 è il convoglio al centro dell’intero progetto».
Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Fs, ha avviato un piano di rinnovo della propria flotta di treni diagnostici, i convogli speciali impiegati per monitorare lo stato dell’infrastruttura ferroviaria. L’operazione prevede nei prossimi mesi l’ingresso in servizio di due nuovi treni ad Alta velocità, cinque destinati alle linee nazionali e 15 per le reti territoriali.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario, riducendo i rischi di guasti e rendendo più efficace la manutenzione. Tra i nuovi mezzi spicca il convoglio battezzato Diamante 2.0 (Diamante è l’unione delle prime tre sillabe delle parole «diagnostica», «manutenzione» e «tecnologica»), un treno-laboratorio che utilizza sensori e sistemi digitali per raccogliere dati in tempo reale lungo la rete.
Secondo le informazioni diffuse da Rfi, il convoglio è in grado di monitorare oltre 500 parametri dell’infrastruttura, grazie a più di 200 sensori, videocamere e strumenti dedicati all’analisi del rapporto tra ruota e rotaia, oltre che tra pantografo e catenaria. Può viaggiare fino a 300 chilometri orari, la stessa velocità dei Frecciarossa, consentendo così di controllare le linee Av senza rallentamenti.
Un’ulteriore funzione riguarda la misurazione della qualità della connettività Lte/5G a bordo dei treni ad Alta velocità, un aspetto considerato sempre più rilevante per i passeggeri.
«Diamante 2.0 è il fiore all’occhiello della flotta diagnostica di Rfi», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Antonio Donnarumma, che ha viaggiato a bordo del nuovo treno in occasione di una corsa da Roma a Milano.
Attualmente, oltre al nuovo convoglio, Rfi dispone di quattro treni dedicati al monitoraggio delle linee tradizionali e di 15 rotabili destinati al servizio territoriale.
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