2022-01-14
«Erano pronti a frodare ancora». Così il gip motiva il maxisequestro a Gedi
Corrado Corradi, direttore generale di Gedi, divisione stampa nazionale, dal 2011 (Ansa)
Dalle carte emerge una quinta fattispecie di malversazione in fase di preparazione.Ci potrebbe essere anche un quinto tipo di frode sui prepensionamenti, che sarebbe stata predisposta dopo le perquisizioni e i sequestri avvenuti negli uffici delle società del gruppo Gedi nel marzo 2018, che ha disvelato l’indagine della Procura di Roma. Le prime quattro sono quelle che ha raccontato ieri in esclusiva La Verità: fittizi demansionamenti di dirigenti a quadro; illeciti riscatti di annualità «asseritamente» lavorate; utilizzo come collaboratori esterni, nelle stesse società del gruppo, di dipendenti prepensionati; trasferimenti di personale eseguiti per poter accedere agli scivoli previsti.Nel decreto di sequestro del gip Andrea Fanelli, che ha congelato 38 milioni di euro della società, emerge come Roberto Moro, responsabile risorse umane Gedi, avesse il «chiaro intento» di «reiterare il reato di truffa, con riferimento al trasferimento di personale finalizzato all’indebito accesso al prepensionamento». Secondo il gip, il contenuto di una telefonata di Moro con un certo «Ale» del 3 agosto 2018 «lascia intravedere una possibile, ulteriore tipologia di frode, differente dalle quattro sin qui emerse, ma anch’essa in danno dell’Inps, condotta in prima persona dallo stesso Moro». Prima il gip annota come il capo delle risorse umane del gruppo editoriale nella conversazione faccia riferimento ad un dipendente della Gedi printing Spa «che sarebbe disposto, per andare in prepensionamento, ad essere trasferito alla sede di Padova, ove il gruppo Gedi farà istanza per la procedura ex legge 416/81». Moro spiega al suo interlocutore, che gli inquirenti identificano come «presumibilmente dell’Area risorse umane del gruppo editoriale Poligrafici editoriale Spa, facente capo alla Monif group Spa», come intendono procedere. «Tieni conto... questo te lo dico riservatamente, che lui ambirebbe ad andare in un posto, poi da 416 a noi, servirebbe pure a Padova, dove, sicuramente nel tempo faremo delle cose col centosedici quindi, come dire, se non viene da voi... te lo dico riservatamente». Per il gip il dialogo conferma che Moro «intendesse proseguire nelle attività illecite fino ad allora intraprese, con particolare riferimento alla possibilità di trasferire personale non sulla base di effettive esigenze imprenditoriali, ma al solo fine di sfruttare indebitamente le opportunità […] in materia di prepensionamento». Ma dopo questa descrizione, che rappresenta un esempio della quarta modalità di frode, dalla stessa conversazione tra Moro e «Ale» emerge anche la quinta strategia alternativa a quella del trasferimento. «Una serie di dipendenti del gruppo Gedi (13 o 14 persone) verrebbe posta in uscita dalle società di appartenenza […] per essere successivamente assunta dalla Poligrafici editoriale Spa o da altre società del medesimo gruppo», continuando però a «prestare la propria opera per il gruppo Gedi, ma come dipendenti della società terza che ribalterebbe il costo del personale alla società del gruppo Gedi interessata, attraverso l’emissione di fattura». Il vantaggio economico del gruppo editoriale oggi di proprietà della cassaforte della famiglia Agnelli/Elkann nel girare i dipendenti a un fornitore consisterebbe nello «sgravio contributivo in capo alle società del gruppo Gedi […] per il personale coinvolto, che verrebbe assunto dalla società terza con una contribuzione agevolata, riconosciuta per le nuove assunzioni». E per massimizzare il risparmio «Ale» suggerisce a Moro di «elevare l’importo di incentivo all’esodo, da erogare ai dipendenti interessati», che godrebbe di una tassazione molto più favorevole (il 27 per cento invece del 50 per cento) rispetto all’ipotesi di un maggiore importo «che verrebbe altrimenti corrisposto in busta paga (poi ribaltato con la fattura emessa nei confronti della società del gruppo Gedi che utilizza il personale)». Per i magistrati capitolini la strategia aziendale di Gedi sarebbe stata quella di «proseguire, anche nei prossimi anni, con le procedure di prepensionamento tese, fondamentalmente, non a tagliare gli eventuali esuberi, ma al ricambio generazionale del personale». E per portare avanti questa strategia sarebbero state selezionate con cura le nuove risorse da inserire nell’organico ricercando «esternamente nuove figure che verranno assunte in tempi e con modalità tali da scongiurare la possibilità di vedersi negato l’accesso alle procedure di prepensionamento». La strategia, secondo il decreto, emerge in una telefonata tra Moro e l’attuale ad di Gedi, Laura Cioli (che non risulta coinvolta nell’inchiesta). Il 20 settembre 2018 i due parlano di un’assunzione da fare, ma l’ad evidenzia che hanno «qualche problema con delle solidarietà». Moro la rassicura: «No no, direi di no, ripeto, ehm, al di là che poi eh... precauzionalmente uno può anche inserirlo in Gedi digital no?». Ipotizzando poi, come alternativa, di far decorrere l’assunzione «dal primo gennaio perché noi usciamo dalla solidarietà il primo gennaio». Poi spiega alla manager che «non ci conviene per le ragioni del quinquennio mobile che forse ti avevo già accennato», suggerendo di giocarsene «otto mesi, nove mesi in un modo tale da lasciare dei buchi che alla fine ci lasciano lo spazio per prenderci una decina, dieci, dodici prepensionamenti». Uscite anticipate che Moro ipotizza possano avvenire «magari nel 2020, fine 2020, 2021».
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