2025-07-03
La profezia della «peste ideologica» che sta distruggendo l’Occidente
Ripubblicato il romanzo del polacco Witkiewicz, «Insaziabilità»: le persone in crisi esistenziale cedono a una pillola che le rende serene ma senza più identità, pronte alla resa. Quello che oggi fa «il wokismo». Ecco la spaventosa ironia del tracollo occidentale: tutta racchiusa in un solo romanzo, magmatico e paradossale, abissale e permeato d’un riso maligno. Il crollo come presa per i fondelli: Insaziabilità, 740 pagine di fiamme pubblicate per la prima volta nel 1930, sono forse la più vivida e precisa descrizione dello sfaldarsi di una civiltà, sono una profezia che si è realizzata quasi perfettamente, ma che pochissimi hanno letto, proprio perché nella decadenza occidentale un romanzo del genere spaventa anche solo per le dimensioni.Eppure lì dentro c’era già tutto e il suo contrario, a partire dallo stile fiammeggiante, convulso, palpitante d’espressionismo e del tutto corrispondente alla personalità dell’autore: Stanislaw I. Witkiewicz. Per noi si tratta sostanzialmente di uno sconosciuto, il cui capolavoro è ora tradotto - con un notevole atto di coraggio - dall’editore Wudz. Il fatto è che Witkacy, come veniva soprannominato, fu uno dei più grandi scrittori polacchi di ogni tempo, amato da mostri sacri quali Witold Gombrowicz e Czeslaw Milosz, anche se per ragioni diverse.Gombrowicz ne riconosceva la potenza di scrittore e nutriva nei suoi riguardi un misto di amore e fastidio. Nei suoi diari disegna un ritratto eccezionale dello strano amico. «Salimmo a un piano dal cortile di via Bracka (a Varsavia), suonammo il campanello - ero un po' eccitato dalle storie che circolavano sulle eccentricità e la follia di quest’uomo, così brillantemente dotato di intelligenza - e all’improvviso un enorme nano apparve sulla porta che si apriva, e cominciò a crescere sotto i nostri occhi... Fu Witkacy ad aprirci la porta, accovacciandosi e alzandosi lentamente. Gli piacevano questi scherzi! Ma a me non divertivano. Witkacy mi stancò e mi annoiò fin dall’inizio: non era mai in pace, sempre teso, tormentava se stesso e gli altri con la sua recitazione continua, il suo desiderio di scandalizzare e attirare l’attenzione, giocando sempre crudelmente con la gente... Tutti questi difetti, che erano anche i miei, ora li vedevo come in uno specchio deformante, mostruosi e gonfiati fino a proporzioni apocalittiche».Se per Gombrowicz l’impatto non fu dei migliori, il seguito fu anche più aspro: «Ci mostrò un “museo degli orrori” la cui decorazione era quella che lui chiamava la lingua secca di un neonato, e dei capelli che presumibilmente erano i capelli di Beilis, e una lettera di un erotomane, davvero dissoluta al punto da disgustarlo. Dissi: “Ma non ci mostri queste cose! Non è giusto!”. Mi guardò attentamente. «Non è giusto?» chiese. Era un po' sconcertato. […] Questo ingoiatore di hashish, morfinomane, megalomane, schizofrenico, paranoico, beffardo, cinico, pervertito, dadaista e pseudo-pazzo probabilmente non sentiva una tale ingenuità da anni... Non è giusto! Da parte mia, era un istinto di autodifesa; sapevo che se non mi fossi opposto immediatamente a Witkacy, mi avrebbe divorato, dominato, incluso nel suo carro».Sì, Witkiewicz era un eccentrico, gli piaceva sconcertare e far parlare di sé. Ma di certo non sono stati questi vezzi da artistoide a renderlo grande. La ragione per cui la sua opera resta e merita di essere letta l’ha chiarita una volta per tutto Milosz in quel capolavoro che è La mente prigioniera, che si apre proprio con una riflessione su Insaziabilità, romanzo fluviale che diviene la più perfetta radiografia della decadenza dell’Occidente, anzi del suo suicidio. Una morte violenta ma dilatata, dovuta prima di tutto all’assenza di coraggio, all’incapacità di esprimere un pensiero libero, alla vigliaccheria che impone di piegarsi al dominatore.Parlando di Insaziabilità, Milosz spiega che «non poteva contare su un gran numero di lettori, visto che la lingua usata era difficile, irta di neologismi che Witkiewicz stesso creava, e che brutali descrizioni di scene erotiche vi si mescolavano a intere pagine di dissertazioni su Husserl, Carnap e altri epistemologi contemporanei. Inoltre, non sempre era possibile distinguere il serio dal buffonesco, e il tema risultava di pura fantasia».La trama, tuttavia, è chiara: «L’azione del romanzo si svolgeva in Europa, per l’esattezza in Polonia, in un momento imprecisato del futuro che si potrebbe altrettanto bene definire presente, nel senso che potrebbero essere gli anni Trenta, Quaranta o Cinquanta. L’ambiente presentato era quello dei musicisti, dei pittori, dei filosofi, dell’aristocrazia e delle alte gerarchie militari. L’intero libro altro non era che lo studio di un processo di disfacimento: musica folle basata su dissonanze, perversioni erotiche, uso generalizzato dei narcotici, smarrimento del pensiero invano alla ricerca di un sostegno, false conversioni al cattolicesimo, complicate turbe psichiche. Il tutto in un momento in cui si diceva che la civiltà occidentale era minacciata, e in un paese esposto al primo scontro militare con l’Oriente, il cui esercito sino-mongolo dominava su un territorio che andava dall’Oceano Pacifico al Baltico».La minaccia arriva da Oriente: il comunismo è alle porte, portato dai cinesi. Tutto l’Occidente è infettato dall’idea comunista, e la Polonia è in qualche modo l’ultimo baluardo, il muro che dovrebbe difendere l’Europa. Ma è tutt’altro che robusta. Anzi, è in pieno disfacimento: «I protagonisti di Witkiewicz sono infelici, dal momento che manca loro qualsiasi fede e il senso del proprio agire. Questa atmosfera di disordine interiore si diffonde in tutto il Paese. Allora nelle città fanno la loro comparsa numerosi trafficanti che vendono di nascosto le pillole di Murti-Bing, un filosofo mongolo che è riuscito a creare un prodotto in grado di trasmettere per via organica una visione del mondo. Questa visione di Murti-Bing, che del resto costituisce la forza dell’esercito sino-mongolo, è contenuta in pillole sotto forma di concentrato. Colui che prende una pillola di Murti-Bing si trasforma completamente, diventando sereno e felice. I problemi in cui si è fino allora dibattuto gli appaiono di colpo come esteriori e indegne preoccupazioni. Comincia a trattare chi ne è coinvolto con un sorriso indulgente - soprattutto se si tratta delle insolubili difficoltà dell’ontologia, che appassionavano particolarmente l’autore».Il Murti-Bing è la peste ideologica sotto forma di pillola, una medicina che imprigiona la mente e rende arrendevoli, disposti alla sottomissione. Milosz sintetizza il resto della vicenda: «Scoppia la guerra e si giunge al confronto tra l’esercito occidentale e quello orientale. Nel momento decisivo, prima della grande battaglia, il condottiero dell’esercito occidentale in cui si credeva ciecamente si reca al quartier generale del nemico e si arrende, venendo in cambio decapitato con tutti gli onori. L’esercito orientale occupa il Paese e così ha inizio la nuova vita nel murtibinghismo realizzato. I protagonisti del romanzo, prima tormentati da insaziabilità filosofica, passano al servizio del nuovo regime scrivendo marce e odi al posto della musica dissonante e dipingendo quadri di utilità sociale invece dei quadri astratti. Tuttavia, siccome non sono riusciti a liberarsi completamente della loro personalità precedente, sono diventati esemplari perfetti di schizofrenici».Witkiewicz mostra con un certo anticipo che accade alle popolazioni sottomesse al comunismo di stampo sovietico. Descrive il cedimento di una società al pensiero unico. E, nota Milosz, i primi a inginocchiarsi sono proprio gli intellettuali: «Il murti-binghismo esercita sull’intellettuale un’attrazione infinitamente maggiore che sul contadino o l’operaio. Si tratta di una candela intorno alla quale egli gira come una falena, per poi gettarsi alla fine nella fiamma e in un crepitio di ali frantumate offrirsi in olocausto per la gloria dell’umanità».La Polonia di Witkiewicz è una terra desolata in cui la religione non esiste più e gli ideali sono crollati, e di conseguenza tanto gli artisti quanto la popolazione comune non riescono a porre argine all’invasione ideologica e fisica. È una Polonia del futuro che corrisponde al nostro presente: noi non fronteggiamo l’invasione dei mongoli comunisti, ma ne abbiamo subita un’altra forse ancora più subdola: il nostro murti-bing è stato prima il politicamente corretto, poi il wokismo, poi ancora la banalità esibita dai pappagalli prevalenti. L’invasione barbarica ce la siamo fatta da soli.
Maurizio Landini (Getty Images)
Nel riquadro un frame del video postato sui social dalla cantante Elisa Toffoli. Sullo sfondo alcune imbarcazioni della Global Sumud Flotilla (Ansa)