2024-04-02
La Procura Ue indaga sugli sms di Ursula al gran capo di Pfizer
Albert Bourla e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il pool internazionale subentra alle inchieste belghe sull’incredibile scambio di messaggi tra Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato del colosso farmaceutico nel pieno delle trattative per l’acquisto dei vaccini Covid.Le trattative private con l’ad di Pfizer stanno creando seri problemi a Ursula von der Leyen. Il presidente della Commissione europea che punta a essere riconfermata è ora nel mirino della Procura europea (Eppo), che ha preso il posto della magistratura belga nelle indagini sui negoziati super segreti della Von der Leyen con Albert Bourla. È la prima volta che la Procura dell’Ue avvia un’indagine che coinvolge direttamente l’inquilino del piano più alto di Palazzo Berlaymont a Bruxelles, sebbene non sia stata ancora formulata alcuna accusa ufficiale.Il presunto coinvolgimento, con «interferenza nelle funzioni pubbliche, distruzione di sms, corruzione e conflitto di interessi» secondo i documenti legali visionati dall’edizione europea di Politico e da un portavoce della Procura di Liegi, sono accuse molto pesanti, soprattutto con le elezioni europee tra un paio di mesi. A capo di Eppo, istituzione indipendente dell’Ue, operativa da giugno 2021 e con sede in Lussemburgo, c’è l’ex procuratore capo della direzione nazionale anticorruzione della Romania, Laura Kövesis, supportata da 22 procuratori europei di Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Per l’Italia, il primo a essere stato nominato era stato Danilo Ceccarelli, già sostituto procuratore di Milano, con un’esperienza pluriennale in Kosovo in qualità di procuratore internazionale nella missione europea Eulex di supporto a istituzioni, autorità giudiziarie e polizia. Nel giugno scorso, procuratore europeo per il nostro Paese era diventato Andrea Venegoni, già in servizio presso la Corte suprema di cassazione. Compito dell’Eppo è «indagare, perseguire e portare in giudizio reati quali frodi, corruzione e riciclaggio che ledono gli interessi finanziari dell’Ue». L’ultima relazione annuale della Procura europea mostra che alla fine del 2023 contava un totale di 1.927 indagini attive, con un danno complessivo stimato per il bilancio Ue di 19,2 miliardi di euro. Rischia di aggiungersi anche il danno provocato dalla Von der Leyen.Lo scorso ottobre, Eppo confermò di avere un’indagine in corso sull’acquisizione di vaccini Covid-19 nell’Unione europea, precisando che «nessun ulteriore dettaglio sarà reso pubblico in questa fase». Adesso sappiamo che si è presa carico dell’importante caso legale, che rischia di essere dinamite pronta a esplodere per la tedesca al vertice Ue.Nell’aprile del 2023, il lobbista belga Frédéric Baldan accreditato presso le istituzioni europee, aveva presentato a un giudice istruttore di Liegi una denuncia contro Ursula, accusandola di «usurpazione di funzioni e titoli», «distruzione di documenti pubblici», nonché di «appropriazione illecita di interessi e corruzione». La negoziazione tramite sms del contratto per 1,8 miliardi di dosi di vaccino Covid-19 del valore di 35 miliardi di euro minerebbe «la moralità pubblica, la legittima fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee e la trasparenza», dichiarò il lobbista a giugno 2023 quando presentò una seconda denuncia presso la Corte Ue di Lussemburgo. Il Pfizergate in realtà venne sollevato dal New York Times, al quale la Von der Leyen confidò nell’aprile 2021 di aver parlato direttamente con Bourla, capo del colosso americano Pfizer. Obiettivo delle trattative: l’acquisto di 1,8 miliardi di dosi di vaccini. Questi si riveleranno più costosi del previsto, con un prezzo unitario fissato a 19,50 euro anziché 15,50 euro come concordato. Indagando sul contratto, Alexander Fanta, giornalista tedesco di Netzpolitik, chiese l’accesso ai negoziati senza ricevere gli sms scambiati. La Commissione sostenne che erano scomparsi e che la loro ricerca non aveva prodotto «nessun risultato» e si è sempre rifiutata di rivelare il contenuto degli sms e nemmeno ne ha confermato l’esistenza. Nel gennaio 2023, il quotidiano statunitense fece causa alla Commissione europea davanti a Curia, la Corte di giustizia Ue, per non aver reso pubblico i messaggi tra il presidente Von der Leyen e il numero uno di Pfizer. Di fatto, non sono ancora stati resi pubblici i documenti dell’accordo privato tra Ursula e Bourla. Alla denuncia di Baldan si erano aggiunte quella del governo ungherese e del governo polacco, anche se quest’ultimo starebbe ritirando l’atto in seguito all’elezione del premier europeista Donald Tusk. Ungheria e Polonia sono state citate in giudizio da Pfizer per mancati pagamenti di dosi di vaccino, dopo aver interrotto le consegne. La Polonia si era rifiutata di versare l’equivalente di 1,37 miliardi di euro per 60 milioni di dosi in più pattuite a livello Ue e dopo le elezioni dello scorso ottobre Pfizer aveva battuto cassa, chiedendo il pagamento di una penale equivalente al 50% del prezzo di ogni dose, non ancora prodotta. A giugno del 2022, Budapest aveva ricevuto da Pfizer una fattura di quasi 22 miliardi di fiorini ungheresi, l’equivalente di 60 milioni di euro. Chiese di poter ridurre il numero di nuove dosi «da 3 milioni a 150.000» o di «annullare completamente l’ordine» perché doveva fronteggiare i costi legati all’accoglienza dei profughi ucraini, ma l’azienda farmaceutica non ha voluto sentire ragioni.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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