2023-07-23
Processo a Trump prima delle urne: il piano per ottenere il «perdono»
La prima data è maggio 2024, ma l’obiettivo è tornare alla Casa Bianca e «graziarsi».Il processo a Donald Trump per la questione dei documenti classificati inizierà il 20 maggio del 2024. A fissare la data è stato venerdì il giudice distrettuale della Florida, Aileen Cannon, nominata dallo stesso Trump e confermata ad ampia maggioranza dal Senato americano nel 2020. La decisione rappresenta un mezzo schiaffo al procuratore speciale, Jack Smith, che sperava di avviare il procedimento già a dicembre di quest’anno. «La tabella di marcia proposta dal governo è atipicamente accelerata e incoerente con la garanzia di un processo equo», ha stabilito la togata nella sua decisione. «L’ordine odierno del giudice Cannon è una grave battuta d’arresto alla crociata del dipartimento di Giustizia per negare al presidente Trump un processo legale equo», ha detto un portavoce del comitato elettorale di Trump. «L’ampia tabella di marcia consente al presidente Trump e al suo team legale di continuare a combattere questa vuota bufala», ha proseguito. Sia chiaro: l’ex presidente sperava che la data d’inizio venisse fissata dopo le elezioni presidenziali di novembre 2024. Tuttavia la decisione della Cannon resta per lui positiva. Innanzitutto, come sottolineato da The Hill, non è escluso che gli avvocati dell’ex presidente riescano a ottenere degli slittamenti rispetto alla data del 20 maggio. In secondo luogo, Trump è convinto che, per fine maggio dell’anno prossimo, avrà già blindato matematicamente la nomination presidenziale del Partito repubblicano. A quel punto potrebbe ottenere per questo una dilazione o usare l’aula di tribunale come podio politico per amplificare la propria campagna elettorale. Trump sa bene che, sul piano squisitamente giudiziario, l’incriminazione di Smith sui documenti classificati è per lui molto pericolosa. Senza contare che il procuratore speciale sta per incriminarlo una seconda volta in riferimento al presunto tentativo di ribaltamento dei risultati elettorali del 2020. L’ex presidente si sta quindi muovendo su due piani. Il suo obiettivo è innanzitutto quello di concedersi il perdono presidenziale se dovesse riconquistare la Casa Bianca: ricordiamo che il perdono può essere concesso in qualsiasi momento dopo aver commesso un eventuale reato (quindi sia prima sia dopo un verdetto di condanna). Non è chiaro semmai da un punto di vista giuridico se un presidente possa auto-concedersi tale perdono: gli esperti sono divisi sul tema, mentre non si registrano precedenti storici. Trump però ha già fatto i suoi conti. Il rischio maggiore che gli deriverebbe da una auto-perdono è di finire in stato d’accusa. E l’ex presidente sa bene che, essendo uscito indenne da due impeachment, la maggioranza dei due terzi al Senato per arrivare una destituzione è quasi impossibile da raggiungere. Il secondo piano su cui si sta muovendo Trump è quello della persecuzione giudiziaria e, soprattutto, della crisi di credibilità in cui è piombato il dipartimento di Giustizia negli ultimi anni. Si pensi al recente rapporto del procuratore speciale, John Durham, che ha messo in evidenza tutte le storture di cui si è macchiato l’Fbi nel caso Russiagate. O si pensi alle accuse di interferenza politica che due informatori dell’Agenzia delle entrate hanno lanciato contro il dipartimento di Giustizia in riferimento all’indagine sui reati fiscali di Hunter Biden. Con tali (fondati) sospetti di doppiopesismo, l’ex presidente sa di avere buon gioco nel presentarsi come un perseguitato politico. Una situazione che, chissà, potrebbe aiutarlo a riconquistare la Casa Bianca l’anno prossimo.