2022-05-20
Primo caso di vaiolo delle scimmie. Al via gli allarmismi anche in Italia
Il contagiato è rientrato dalle Canarie. Istituita task force Iss. Il ministero in allerta.Il primo caso italiano di vaiolo delle scimmie, identificato ieri all’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, ha già riattivato la macchina dell’emergenza sanitaria. «Teniamo alto il livello di attenzione grazie alla nostra rete di sorveglianza europea e nazionale», si è affrettato a dichiarare il ministro della Salute Roberto Speranza. L’istituto superiore di sanità (Iss) ha subito costituito una task force di esperti del settore e ha contattato le reti sentinella dei centri per le infezioni sessualmente trasmesse al fine di monitorare continuamente la situazione nazionale. Ma andiamo con ordine. Il primo caso italiano di infezione da Monkeypox virus, che causa il vaiolo delle scimmie, si è registrato in un giovane adulto di ritorno da un soggiorno alle isole Canarie, ma «altri due casi sospetti sono in fase di accertamento», fa sapere lo Spallanzani. Sono una cinquantina i casi - tra confermati e sospetti - registrati in Europa - e America nelle ultime settimane, segno che questo vaiolo non viaggia più nei voli da aree a rischio come la Nigeria, ma si diffonde anche tra gli umani. La spia d’allarme si è accesa ai primi di maggio per le infezioni segnalate in Gran Bretagna (9) e via via negli altri Paesi: una ventina in Spagna, una dozzina in Portogallo, uno Italia e Svezia. Due le questioni inedite per il Centro per il controllo delle malattie europeo, l’Ecdc: le catene di trasmissione in Europa sono «senza collegamenti epidemiologici noti con l’Africa occidentale e centrale» e «i primi casi al mondo segnalati tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini» e per questo invita le organizzazioni di salute pubblica ad «adottare misure» per prevenire la trasmissione tra uomini che hanno rapporti sessuali omosessuali, «occasionali o con più partner». Come spiega l’Iss, «l’infezione è causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo», ma con «minore diffusività e gravità» e diffuso tra le scimmie (dove è stato isolato per la prima volta nel 1958) e piccoli roditori nell’Africa centro-occidentale. L’infezione si trasmette dall’animale all’uomo attraverso la saliva ed altri fluidi o il contatto diretto con l’animale. I sintomi nell’uomo sono: febbre, dolori muscolari, cefalea, linfonodi gonfi, stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole, piccole croste. L’incubazione è, in media di 12 giorni. Dopo l’eradicazione del vaiolo umano, nel 1980, qualche centinaio di casi è stato identificato in Congo, ma il vaccino antivaioloso è stato dimostrato efficace all’85% nel prevenire la malattia nell’uomo. L’Ecdc ritiene che la trasmissione potrebbe essere facilitata dalla più alta percentuale di persone suscettibili, visto che la vaccinazione non si fa più dagli anni Settanta. «La vaccinazione dei contatti stretti ad alto rischio - secondo l’Ecdc - dovrebbe essere presa in considerazione dopo una valutazione del rapporto rischio-beneficio. Per i casi più gravi, dovrebbe essere valutato il «trattamento con un antivirale registrato, se disponibile nel Paese». Tra i virologi, Matteo Bassetti del San Martino di Genova prevede qualche migliaio di caso in Europa nei prossimi mesi e invita a «fare molto bene il tracciamento e far sì che si fermi un focolaio che è partito». Dice no agli allarmismi Fabrizio Pregliasco dell’Università di Milano. Chiede di agire con tempestività Maria Rita Gismondo dell’Ospedale Sacco di Milano, invitando ad evitare «assolutamente» il «panico, ma alla massima attenzione».All’inizio della prossima settimana è attesa la pubblicazione di «una rapida valutazione del rischio», annuncia l’Ecdc. Dopo il rallentamento del Covid, la macchina dell’emergenza pare già pronta ad accelerare e a sfornare nuovi timori, paranoie e restrizioni.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)