2025-02-07
Suicidio pure sul gas. L’Europa ci obbliga a riempire le riserve e fa volare i prezzi
I valori sono raddoppiati e il costo per il pieno negli stoccaggi aumenta. Italia e Germania vogliono nuove regole, ma è tardi.Il report delle Ong ecologiste certifica il flop del Green deal nei campi ma se la prende ancora con gli agricoltori.Lo speciale contiene due articoli.L'Europa si trova di nuovo alle soglie di una crisi del gas. Il prezzo continua a salire (55,45 euro/MWh il massimo toccato al TTF ieri), è il doppio rispetto ad un anno fa e lo spread gas estivo-gas invernale si è stabilizzato attorno ai 5 euro/MWh.Questo significa che riempire gli stoccaggi nella prossima estate è una attività in perdita e dunque gli operatori, semplicemente, se ne terranno alla larga. L’illusione che bastasse avere gli stoccaggi pieni a inizio inverno per scongiurare nuove crisi è stata dispensata a piene mani dalla Commissione europea: «Siamo pronti per l’inverno. Gli stoccaggi di gas in tutta l’Ue sono pieni», aveva scritto Ursula von der Leyen su X il 26 novembre scorso.Bruxelles si è basata sui due inverni precedenti (molto miti) e ha scommesso su nuovi cali nei consumi di gas, contando su una avanzata inarrestabile delle fonti rinnovabili che sostituisse la produzione termoelettrica a gas. Scommessa clamorosamente sbagliata. Con un inverno normale (non gelido, ma nella media) e un minimo di ripresa dei consumi industriali il sistema gas europeo è tornato in crisi. Inoltre, in Germania si sono verificati ripetuti episodi di Dunkelflaute (mancanza di sole e vento) che hanno costretto il paese ad importare energia da tutta Europa e stimolato nuovamente la domanda di gas per la produzione termoelettrica.È di questi giorni l’indiscrezione secondo la quale alcuni paesi dell’Unione, tra cui Italia e Germania, starebbero discutendo se togliere l’obbligo di riempimento degli stoccaggi al 90% entro il 1° novembre, come ha imposto la Commissione europea dopo la crisi del gas del 2021-22. L’obbligo scade quest’anno ma la Commissione vorrebbe prorogarlo per il 2026. I Paesi tra cui si è aperto un dialogo vorrebbero toglierlo perché, in effetti, l’obbligo di riempire gli stoccaggi con scadenze fisse mette pressione sulla domanda estiva e fa salire il prezzo del gas, poiché il mercato sa che quella domanda è obbligata. Il prezzo del gas è sottoposto a forti tensioni perché ancora non vi è quell’eccesso di offerta che consentirebbe al prezzo di scendere. Nonostante il gran traffico di navi metaniere che portano Gnl in Europa, la scomparsa dal mercato mondiale di 100 miliardi di metri cubi all’anno di gas russo si fa ancora sentire.Nel frattempo, martedì di questa settimana il ministro italiano Gilberto Pichetto Fratin, responsabile del dicastero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, ha firmato un decreto con cui anticipa di 45 giorni circa le aste per lo stoccaggio, per un quantitativo di 5 miliardi di metri cubi sui 12 totali disponibili negli stoccaggi italiani (si esclude dunque lo stoccaggio strategico). La Germania si è già portata avanti e, come anticipato da La Verità nei giorni scorsi, ha deciso di sussidiare gli operatori che decideranno di acquistare gas per riempire gli stoccaggi. Un sussidio che però rischia di trascinare con sé l’intera Europa in una corsa all’acquisto che sarebbe benzina sul fuoco dei rincari.Insomma, avanti in ordine sparso mentre la Commissione dorme sonni beati. Ora però, l’Ue è di fronte a un bivio: togliere l’obbligo di riempimento potrebbe far scendere i prezzi estivi, è vero, ma senza altri interventi significherebbe fare una nuova scommessa, questa volta sul fatto che nel prossimo inverno i prezzi siano più bassi di oggi. In altre parole, togliendo ora l’obbligo si rischia di vedere il prossimo inverno i prezzi al TTF volare sopra gli 80 euro/MWh, o anche fino a 100 eruo/MWh.Ora però è tardi e ci avviamo verso una stagione di costi alti. Non siamo ai livelli del 2022, quando il costo della corsa a immagazzinare il gas arrivò a circa 4,8 miliardi per l’Italia (circa 4 miliardi sono ancora da pagare attraverso le bollette, con la componente CrvOS). La Commissione è ancora una volta in grave ritardo. Il momento per bloccare le condizioni di approvvigionamento per gli stoccaggi di quest’anno era lo scorso anno, di questi tempi, quando il prezzo dell’estate 2025 era tra i 26 e i 30 euro/MWh. In altre parole, se davvero l’Ue vuole essere un mercato, se davvero la Commissione vuole semplificare e de-regolare, deve lasciare che il mercato funzioni. Altrimenti tanto vale nazionalizzare tutto. Occorre lasciare agli operatori la libertà di aggiudicarsi lo stoccaggio quando sul mercato vi sono le condizioni migliori. Il decreto MASE con cui si anticipano le aste per lo stoccaggio gas è un piccolo passo avanti, ma non basta. Un timido tentativo di dare liquidità al mercato e di evitare in futuro questo problema è rappresentato, nel decreto, dalla messa all’asta dei servizi di stoccaggio pluriennali, che consentiranno agli operatori di aggiudicarsi i servizi di stoccaggio per gli anni futuri, dando quindi tempo per individuare i momenti migliori per acquistare in ampio anticipo il gas da immagazzinare. Ma è poco: si tratta di soli 500 milioni di metri cubi di spazio in stoccaggio, con aste per periodi di 2,3 4 e 5 anni. Servirebbero aste continue, per dare modo agli operatori di aggiudicarsi i servizi di stoccaggio quando sul mercato si presentano le condizioni grazie ai contratti a termine. Basti pensare che un anno fa il gas estivo 2025 costava tra i 26 e i 30 euro/MWh: la metà di oggi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/prezzi-gas-aumento-ue-2671113882.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-le-ong-ecologiste-ammettono-il-green-deal-dei-campi-e-fallito" data-post-id="2671113882" data-published-at="1738928639" data-use-pagination="False"> Anche le Ong ecologiste ammettono: «Il Green deal dei campi è fallito» Le Ong ecologiste non contente di aver incassato da Frans Timmermans soldi per far approvare leggi contro l’agricoltura nell’ambito del Green deal – la più nefasta e inutile è quella sulla rinaturalizzazione che obbliga l’Europa a non coltivare salvo poi importare prodotti da mercati dove non ci sono regole ambientali e l’uso di pesticidi e sostanze da noi vietate è largamente consentito - tornano alla carica e però cambiano il tiro. Prima dicevano: dateci soldi perché dobbiamo salvare il pianeta. Ora protestano dicendo: avete dato soldi agli agricoltori per salvare il pianeta, ma il Green deal non è servito a niente. Insomma certificano che la politica verde agricola è un fallimento, ma che bisogna insistere. Peccato che i numeri dicono che l’agricoltura è il settore che ha tagliato di più le emissioni: il 20 % negli ultimi 30 anni. E anche l’Ispra certifica che occuparsi delle emissioni agricole è forse prendersela con il settore che è meno responsabile di emissioni. Scrive nel suo rapporto 2024: «Nel 2022, le emissioni di gas serra dall’agricoltura hanno un peso marginale rispetto al totale delle emissioni dei settori del regolamento Effort sharing, pari all’11,2%; mentre la riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricoltura rispetto al 2005 è pari a -12,2%». E tutto questo senza Green deal e Farm to fork. I filosofi la chiamerebbero eterogenesi dei fini, ma qui la faccenda è molto più concreta. La verità è che si sta preparando un’altra azione di lobbing fortissima: quella contro i prodotti agricoli per favorire i cibi ultraprocessati e creati in laboratorio. Non è un caso che compaia su Politico -un sorta di house organ del politicamente corretto di Bruxelles - un doppio articolo: uno dedicato a screditare la dieta mediterranea - se è il miglior regime alimentare perché in l’Italia ci sono tanti bambini obesi? - l’altro dedicato al rapporto di Birdlife Europe e Nabu, due potentissime organizzazioni ambientaliste. Che scrivono: «Gli eco schemi inventati dall’Europa per sostenere la conversione verde dell’agricoltura sono serviti solo a distribuire miliardi ma ai fini ambientali non sono serviti a nulla». Nella relazione riportata da Politico si sostiene che almeno un quarto della Pac (politica agricola comunitaria) pari a 48,5 miliardi non ha migliorato l’impatto ambientale ma ha dato luogo a un enorme greenwashing. La colpa? Dei governi nazionali che non vogliono prendersela con gli agricoltori. Birdlife Europe e Nabu con le parole di Tatiana Nemcová, coordinatrice agricola dell’Ue presso Birdlife Europe, sostengono: «Se vogliamo seriamente garantire la sicurezza alimentare a lungo termine, gli eco schemi non devono limitarsi a fornire agli agricoltori un aumento del reddito etichettato come verde». E aggiungono - dato smentito dai fatti - che «l’agricoltura è circa il 10% delle emissioni di gas serra e danneggia in modo significativo il suolo, i corsi d’acqua e la biodiversità». La riforma della Pac, in vigore dal 2023, aveva lo scopo di allineare i sussidi all’agricoltura con gli obiettivi del Green deal dell’Ue di ridurre le emissioni, ripristinare la natura e ridurre l’inquinamento. Ma Birdlife Europe e Nab sostengono che i governi nazionali hanno deliberatamente scelto di dare priorità agli eco-schemi deboli. Così in Germania un programma da 1,6 miliardi è stato boicottato dagli agricoltori perché troppo burocratico, in Polonia si sono dati soldi per ridurre l’impronta carbonica e l’uso dei fertilizzanti ma l’alto numero di domande (il 1.900% rispetto a quelle finanziabili) dimostra che erano solo soldi facili così come Spagna e Paesi Bassi hanno finanziato programmi deboli. Dunque ecco l’imperativo: «Dopo aver ceduto alle proteste dei trattori gli obbiettivi ambientali sono indeboliti e», sostengono i due lobbisti verdi, «anche l’ex commissario all’Agricoltura Janusz Wojciechowski ha riconosciuto che gli eco schemi non necessariamente spingono gli agricoltori ad adottare nuove misure». Dunque vuol dire che il Green deal e il Farm to fork sono stati un fallimento. Ma i lobbisti si sentono mancare «la tragedia» sotto i piedi e insistono: la politica verde non serve, ma i soldi invece di darli ai contadini dateli a noi.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.