2020-04-16
Preparano il cappio. Servirà a ricattare tutti i governi futuri
Il presidente dell'Eurogruppo, Mario Centeno (Ansa)
Altro che Mes «light»: sottoscrivere il Salvastati ci metterà sotto tutela. E a farne le spese saranno i prossimi esecutivi.La proposta di legge per abrogare il Fondo svanita nel nulla. Il tema è diventato tabù?Lo speciale contiene due articoli.Lo scontro al calor bianco sul tema dell'accesso ai prestiti del Mes prosegue senza sosta e, probabilmente, si accentuerà sempre più in vista del decisivo Consiglio europeo del 23 aprile.Si fa largo, sempre più largo, il racconto farlocco del «regalo» di 36 miliardi per gli ospedali, all'insegna dell'«a caval donato non si guarda in bocca» di Romano Prodi. E la pressione sul M5s e sulla tenuta della maggioranza politica rischia di divenire insostenibile, soprattutto dopo che Vito Crimi non ha usato mezze misure: «Il Mes senza condizionalità non esiste».Allora, sulla vicenda conviene essere netti. Crimi ha ragione. E sorge il dubbio che chi sostiene il contrario, nel migliore dei casi, sia semplicemente ignorante o, peggio, in malafede. Giova ripetere che il comunicato del presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno è stato discusso parola per parola per tre giorni, prima di arrivare al testo definitivo. Non è possibile che «si applicano le disposizioni del Trattato del Mes» (punto 16) sia stato scritto a caso. Oppure che sia anche casuale la frase «dopo la fine della crisi da Covid-19 gli Stati membri si impegneranno a rafforzare i fondamentali economici e finanziari coerentemente col quadro di sorveglianza macroeconomica, inclusa la relativa flessibilità». Chi l'ha scritta parlava a nuora affinché suocera intendesse, e aveva ben chiaro il funzionamento del Trattato sul Mes. Che ha un unico principio informatore scolpito dappertutto, da cui non si può prescindere: «La rigorosa condizionalità». Per cui, chi intende ricevere prestiti senza condizioni, ossimoro a parte, decida: o riesce in pochi giorni a scrivere un altro Trattato o si prende il Mes in purezza. Tertium non datur.La lettura delle linee guida del Mes (5 pagine e 7 articoli), sull'assistenza finanziaria precauzionale taglia la testa al toro, e spiega per bene quale sia la trappola in cui si sta infilando il nostro Paese. Il Mes ha due linee di assistenza finanziaria: una precauzionale (Pccl) e una rafforzata (Eccl). E i prestiti «per gli ospedali» sono, in modo sospetto, erogati con quest'ultima linea (Eccl). L'ammissione alla prima linea è soggetta solo al rispetto di specifiche condizione predefinite di ammissibilità: la principale è il rispetto del Patto di stabilità e dell'obiettivo di medio termine di saldo di bilancio pari al +0,5% del Pil. La linea rafforzata, disponibile per chi non rispetta i criteri di ammissibilità precedenti, richiede invece un programma di misure correttive «alla greca».La concessione del prestito passa dalla preventiva definizione di queste condizioni in un protocollo di intesa, che il beneficiario negozia con la Commissione, la Bce e, laddove possibile, anche il Fmi. Si presume che, nel caso specifico, questo protocollo d'intesa dovrebbe contenere solo il vincolo di destinazione del prestito per costi sostenuti per assistenza sanitaria cura e prevenzione per il Covid-19. Fin qui, tutto bene.Ma, poiché il Trattato continua ad applicarsi, e non è sospeso come crede o finge di credere David Sassoli, il Paese beneficiario, per tutta la durata del prestito, è sottoposto a un intenso scrutinio, cosiddetta «sorveglianza rafforzata», addirittura con missioni specifiche della Troika per verificare la solidità delle sue finanze. E qui scatta la trappola. Se «il sistema di allerta» (articolo 136, comma 6) lancia segnali preoccupanti, il Board del Mes valuta se mantenere la linea di credito e può addirittura revocarla. A quel punto al Paese sarà richiesta l'adozione di un programma di aggiustamento macroeconomico in piena regola a cui inizialmente non era stato assoggettato. E tale programma può in seguito anche essere ulteriormente modificato a maggioranza qualificata dal Consiglio. È la logica ferrea che seguirebbe qualsiasi creditore.Perché porre questa rigida ipoteca sulla residua agibilità della politica economica del nostro Paese, per una somma pari al 2% del nostro Pil? La risposta è semplice e spietata: cosa c'è di meglio per condizionare un prossimo governo, probabilmente meno subalterno ai diktat dell'Europa, come accadde nel 2018? La forca è già pronta. Ce lo spiegò a novembre 2019, con voce dal sen fuggita, il professor Giampaolo Galli: «Le regole formali (Patto di stabilità e crescita, Fiscal compact) non hanno funzionato, talché alcuni Paesi hanno continuato ad accumulare debiti la cui sostenibilità nel tempo è sempre più dubbia […] L'idea dunque è che prima di fare operazioni che comportino condivisone di rischi - ad esempio, l'assicurazione comune sui depositi o un bilancio dell'Eurozona con finalità di stabilizzazione - occorre indurre i Paesi devianti a ridurre i rischi. Un passaggio essenziale di questa strategia consiste nello spostare l'asse del potere in materia economica dalla Commissione europea, considerata troppo politicizzata, a un organismo intergovernativo e teoricamente più tecnico quale il Mes». Lo stesso Galli che ieri ha scritto su Twitter «lo spread è salito quasi a 240. Sicuri che si debba continuare con la lagna noMes?».Se qualcuno avesse ancora dei dubbi, il Mes serve a metterci sotto tutela in vista di un ipotetico strumento di debito comune. Ma rischiamo di fare la fine già fatta nel 2011 con Tremonti, che firmò il primo Mes senza eurobond, nel 2013 con Letta, che firmò il bail in senza garanzia sui depositi, e Conte nel 2019, che stava per firmare la riforma del Mes, senza alcun pacchetto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/preparano-il-cappio-servira-a-ricattare-tutti-i-governi-futuri-2645726557.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sparito-il-testo-anti-trattato-mai-visto-nella-storia-dellaula" data-post-id="2645726557" data-published-at="1586975162" data-use-pagination="False"> «Sparito» il testo anti trattato. Mai visto nella storia dell’Aula La maledizione del Mes si abbatte sulla Camera dei deputati. Un po' come quegli oggetti misteriosi che popolavano i film di Indiana Jones, sembra che chi si azzardi a contestarlo finisca per incorrere in una qualche disavventura. Ne sanno qualcosa i due deputati leghisti Emanuele Cestari e Riccardo Molinari, che del Carroccio è capogruppo a Montecitorio. Lo scorso 6 aprile i due hanno depositato un progetto di legge costituzionale per l'abrogazione della legge 116 del 23 luglio 2012. Norma con la quale, per l'appunto, il Parlamento ratificava e rendeva esecutivo il Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità. Ebbene, del testo presentato da Cestari e Molinari non v'è più traccia. Solo l'8 aprile sul sito ufficiale della Camera risultava nell'elenco degli ultimi progetti di legge annunciati, tanto che gli era stato assegnato perfino un numero (2459). Ma nel resoconto della seduta dello stesso giorno il provvedimento non risultava annunciato, per poi sparire anche dell'elenco delle norme più recenti. Tramite una semplice verifica in Rete, chiunque può constatare che il numero assegnatogli a suo tempo ora corrisponde a un altro progetto di legge. Nell'intervento tenuto ieri in Aula, l'onorevole Cestari ha ricostruito la sequenza degli eventi. Preoccupato della sparizione del testo, il deputato leghista ha contattato i funzionari competenti. «Gli uffici della Camera mi hanno informato, con mio sconcerto, che l'annuncio in Assemblea non sarebbe stato pubblicato e quindi è come se non fosse mai stato fatto», ha spiegato il primo firmatario dai banchi di Montecitorio, «poiché, cito testualmente, “la proposta doveva essere valutata dalla presidenza della Camera"». E come precisa il diretto interessato, questi chiarimenti sono stati dati «a voce, nulla di scritto». È a questo punto che il Parlamentare prende carta e penna e scrive al presidente della Camera Roberto Fico. Con tanto di regolamento di Montecitorio alla mano, il quale all'articolo 68 prevede che «i disegni e le proposte di legge presentati alla Camera o trasmessi dal Senato, dopo l'annuncio all'Assemblea, sono stampati e distribuiti nel più breve tempo possibile», aggiungendo che «di essi è fatto subito menzione nell'ordine del giorno generale». Ovviamente, in questa specifica circostanza nulla di tutto questo è mai accaduto. Nella lettera, il deputato leghista chiede «quali circostanze abbiano ostacolato l'adempimento di questa precisa disposizione regolamentare, cui occorreva dare immediata e incondizionata applicazione». Che fine ha fatto la proposta di abrogazione del Mes? Negligenza, semplice distrazione oppure c'è qualcosa di più? Certo, è un tema scottante e di grande attualità, ma nulla può giustificare la «sparizione» dagli elenchi della Camera di un atto formale depositato da un deputato. «In assenza di plausibili ragioni stiamo assistendo ad una gravissima lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite ai parlamentari, come previsto dall'articolo 71 della Costituzione», ha tuonato ieri Cestari, «ritengo che sapere dove sia una proposta di legge non rappresenti solo correttezza nei confronti del presentatore, ma anche rispetto per tutti quei cittadini che legittimamente osservano i nostri lavori». Un atto «inaudito», secondo il presidente della commissione Bilancio Claudio Borghi: «Siamo arrivati al punto che quando si tocca il Mes un Parlamentare non può nemmeno fare proposte di legge? Ma scherziamo?». Può capitare anche questo quando in giro c'è un altro virus altrettanto pericoloso, quello cioè che attacca la democrazia.