2024-10-09
Si riforma l’asse fra Ppe ed Ecr per mettere il freno all’auto elettrica
Manfred Weber (Getty Images)
Manfred Weber sostiene la posizione italiana e chiede di anticipare la revisione del Green deal. Ma Valdis Dombrovskis tira dritto.Il copresidente dei Conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini: «Va lasciato campo libero sugli strumenti da usare per la transizione».Lo speciale contiene due articoli.Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, tira dritto sull’auto alla plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo: l’obiettivo del 2035 deve restare, l’industria ha avuto il tempo per adeguarsi e definire un quadro chiaro di regole ha creato certezza per produttori e investitori. Ma il Ppe si allinea al ministro Adolfo Urso e con i conservatori di Ecr unendosi nella richiesta di anticipare al 2025 la revisione del Green deal. Vediamo perché. Partendo dalle parole di Dombrovskis che comunque riconosce come sia necessario accelerare subito se si vuole rispettare l’obiettivo del 2035. «Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi affinché il percorso di elettrificazione rimanga praticabile e ampiamente accettato», ha detto ieri nel suo intervento. Una transizione che secondo l’esecutivo di Bruxelles resta «un’enorme opportunità di mercato per l’industria europea dell’auto, anche se comporta delle sfide». Ad alzare la voce per rivedere il divieto al termico al 2035, però, è Manfred Weber, ovvero il presidente del gruppo del Ppe che è il partito più grande dell’Europarlamento. E che si dichiara a favore dell’anticipare la revisione degli obiettivi delle emissioni delle auto al 2025 dal 2026. «La ritengo una buona proposta quella di anticipare la revisione di un anno, la sosterrò. Ne abbiamo già discusso nella famiglia dei Popolari. Credo che la verifica sul dove siamo e che cosa ci sia da fare e quanto siamo forti per i target nei confronti dell’industria sia il momento giusto di farla. Il 2025 è il momento giusto per farlo», ha spiegato. Il fatto che il presidente del Ppe concordi con la richiesta italiana «ci conforta del fatto che siamo sulla strada giusta», ha sottolineato il ministro Urso. «Il divieto dei motori a combustione interna e le incombenti sanzioni contro le aziende devono essere urgentemente rivisti per proteggere i lavoratori e difendere le loro future prospettive di lavoro durante la transizione verde», ha sottolineato anche l’eurodeputato Dennis Radtke, portavoce del gruppo Ppe per l’occupazione e gli affari sociali. La Commissione europea «deve far seguire al suo Green deal un Industrial deal», ha aggiunto. Il Ppe si allinea alle richieste dell’Italia anche sul fronte delle regole per ridurre le emissioni di CO2 delle nuove auto e dei nuovi furgoni. «Abbiamo bisogno di una revisione del divieto dei motori a combustione interna. Dobbiamo garantire che la guida rimanga alla portata di tutti, non solo di coloro che possono permettersi costose auto elettriche. Dobbiamo essere guidati dal realismo economico e rimanere tecnologicamente neutrali. Se non lo facciamo, guidare diventerà troppo costoso per molti europei e perderemo innumerevoli posti di lavoro nell’industria automobilistica a vantaggio di concorrenti come la Cina», ha detto anche l’eurodeputato Jens Gieseke, capo negoziatore del gruppo parlamentare del Ppe. Il tema delle emissioni di CO2 è centrale perché il meccanismo delle sanzioni colpirebbe le aziende già nel 2025 per un ammontare che alcuni stimano in 15 miliardi. Tanto che la settimana prossima in sede di Consiglio europeo si penserà a come rimandare la norma impugnando l’articolo 15. Oltre all’allineamento del Ppe di Weber alle richieste di Urso, va registrato anche quello tra il Ppe di Weber e i conservatori di Ecr. I due eurodeputati del gruppo, Ondřej Krutílek e Alexandr Vondra, hanno inviato una lettera al presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in cui si richiama l’attenzione sull’Associazione europea dei costruttori di automobili (Acea) che ha sottolineato che i costruttori non saranno in grado di rispettare i limiti di CO2 del 2025 a causa della lenta diffusione dei veicoli elettrici. «Il nostro obiettivo collettivo come colegislatori è quello di mantenere la competitività dell’industria automobilistica europea, che è uno dei nostri pilastri chiave dell’autonomia strategica e della prosperità economica. Dobbiamo evitare barriere che potrebbero ostacolare l’accessibilità economica dei veicoli ecologici e persino la libertà offerta dalla mobilità individuale. Altrimenti, il mercato dell’Ue rischia di cadere nel cosiddetto “effetto Avana”, con alcuni Stati membri già in difficoltà a causa dell’età media dei veicoli che supera i 17 anni», si legge nella missiva. Dove si invita la Commissione «a rivedere il regolamento e a rivalutare realisticamente i tempi e le condizioni necessarie per raggiungere l’obiettivo finale di ridurre le emissioni di CO2 delle nuove autovetture e dei nuovi veicoli commerciali leggeri». Inoltre, «l’attenzione deve spostarsi dall’affidarsi esclusivamente ai veicoli elettrici a batteria verso una strategia più diversificata, che includa carburanti neutri dal punto di vista delle emissioni di CO2, veicoli ibridi con un’autonomia elettrica crescente e altre tecnologie potenzialmente valide», viene aggiunto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/ppe-ecr-freno-auto-elettrica-2669362245.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="coi-biocarburanti-salviamo-la-sovranita-tecnologica" data-post-id="2669362245" data-published-at="1728441864" data-use-pagination="False"> «Coi biocarburanti salviamo la sovranità tecnologica» Nicola Procaccini (Ansa) Invertire la rotta nel settore dell’automotive europeo rivedendo lo stop al motore endotermico e investendo sui biocarburanti per abbattere la CO2 mantenendo allo stesso tempo la sovranità tecnologica della filiera. È l’obiettivo di una parte sempre più grande dell’Eurocamera e rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza per il settore dell’auto in Europa. Ne è convinto Nicola Procaccini, copresidente di Ecr al Parlamento europeo che aggiunge: «Anticipare la revisione degli obiettivi al 2025 è l’unico modo per evitare le sanzioni in arrivo per l’anno prossimo e salvare così produzione e posti di lavoro». Si riapre il dibattito interno al Parlamento europeo sul regolamento che dal 2035 impone il divieto di circolazione di vetture a motore endotermico. I conservatori da sempre si oppongono. «Ecr è contraria per almeno due ordini di motivi. Uno è legato alla sovranità della filiera produttiva del motore elettrico che come noto non abbiamo e poi anche perché non è escluso che il motore endotermico possa essere neutrale a livello di CO2. Basta usare i biocarburanti. La neutralità tecnologica per noi è un mantra. Può anche andare bene darsi un obiettivo ambientale ambizioso, difficile da raggiungere, ma poi va lasciato il campo libero sulle strategie e la tecnologia più performante in base alle proprie caratteristiche». Chi si oppone? «La verità è che stanno venendo i nodi al pettine. Adesso quelle leggi che con leggerezza sono state votate con un’alzata di braccio, hanno delle conseguenze. Nel 2025 cominceranno a produrre i loro effetti soprattutto con le sanzioni alle case automobilistiche. Sanzioni che significano inevitabilmente una contrazione della produzione, una riduzione dell’occupazione, persone che perderanno il lavoro. È chiaro che tutto questo impatta poi su tutta la filiera fino al consumatore finale. I nodi della scorsa legislazione europea stanno venendo al pettine. Una legislazione furiosamente ideologica che non ha saputo tenere conto dei costi sociali ed economici di quegli obiettivi. Serviva invece maggiore realismo, maggiore equilibrio e pragmatismo». Ma i posti di lavoro oggi come si salvano, si può recuperare il tempo perduto? Ci vuole tempo per ricerca e innovazione. Anni che abbiamo perso. «Si può intervenire. Nel 2026 era prevista una revisione del regolamento che metteva al bando il motore endotermico dal 2035 in Europa. Il problema è che l’avvio delle sanzioni per le case automobilistiche è previsto già dall’anno prossimo. Noi chiediamo di anticipare questa revisione al 2025 che significherebbe bloccare anche le sanzioni. Leggevo che anche il Ppe è d’accordo su questo e quindi credo che si possa creare una maggioranza realista per far passare una risoluzione che anticipi la revisione del regolamento dandogli altri tempi, altre modalità».
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
Continua a leggereRiduci