Si delinea con sempre maggior chiarezza il ruolo geopolitico di Leone XIV. Ieri, il Papa ha ricevuto in udienza la presidenza della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece). E, nell’occasione, si è parlato anche di crisi ucraina e riarmo. «Il Papa ha interagito con una certa immediatezza, mostrando grande preoccupazione per il fatto che il riarmo possa avere ricadute in termini di riduzione degli impegni sociali per le fasce più deboli della società e di spostamento dei capitali verso le armi», ha raccontato all’Agensir il presidente della Comece, monsignor Mariano Crociata.
Venendo alla questione ucraina, durante l’udienza è stata auspicata una «pace giusta e duratura». «Non siamo entrati nei dettagli sulla possibile mediazione della Santa Sede. Ci siamo però fermati a sottolineare l’importanza di lavorare per una pace giusta, trovando il giusto equilibrio tra pace e giustizia», ha sottolineato il vicepresidente della Comece, Antoine Hérouard. «C’è poi», ha proseguito, «il tema delle conseguenze economiche e sociali di questa situazione. Se i Paesi europei dovessero dare più fondi per rinforzare l’armamento, questo non si dovrebbe fare in contrasto con l’aiuto alle persone più deboli, sia all’interno dell’Unione sia a livello internazionale in relazione all’aiuto dei Paesi più poveri». Il vescovo lituano, Rimantas Norvila, ha poi commentato le parole del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, secondo cui sarebbe «irrealistico» un incontro tra delegazioni di Mosca e Kiev in Vaticano. «Quando ogni giorno muoiono soldati e muoiono civili, e anche i soldati sono delle due parti, allora ciascuno sforzo, ciascun aiuto per il dialogo è importante», ha affermato, per poi aggiungere: «Dialogo, speranza di avere la pace e speranza di fermare la morte di tantissimi innocenti, questo è lo scopo di tutti noi, dell’Europa e del mondo».
L’udienza si è poi concentrata anche su altri problemi. I vescovi hanno auspicato una difesa della libertà religiosa e di educazione. Hanno altresì espresso preoccupazione riguardo al fenomeno della cancellazione dei battezzati dai registri delle chiese. Si è inoltre affrontata la questione dell’intelligenza artificiale. Un altro tema al centro del confronto è stato quello migratorio. Su questo fronte, il tono generale che è emerso dai racconti dei vescovi risulta fortemente aperturista. Parlando con Vatican News, Crociata ha fatto riferimento a «preoccupazioni che noi qualifichiamo come populiste, che alimentano paure a volte spropositate e esagerate nei confronti del fenomeno migranti». Tuttavia, dall’altra parte, ha anche aggiunto, riferendosi ai migranti stessi, che si «deve trovare un punto di equilibrio e soprattutto un atteggiamento costruttivo, rispettoso che permetta a queste persone in qualche modo di essere trattate da esseri umani, sia che vengano accolte, sia che vengano aiutate a trovare altre sistemazioni, ma trattate da esseri umani». Il riferimento alle «altre sistemazioni» lascia intendere che l’accoglienza debba tener conto anche delle oggettive possibilità dei Paesi che accolgono.
Tornando alla crisi ucraina e al riarmo, Leone, fin dall’inizio del suo pontificato, ha invocato pace e disarmo. La posizione che ha espresso ieri durante l’udienza con la Comece si inserisce quindi all’interno di questa cornice più ampia. Non dimentichiamo d’altronde che, dopo la sua telefonata con Vladimir Putin, Donald Trump ha auspicato che le trattative russo-ucraine si tengano in Vaticano. Leone, dal canto suo, si è detto disponibile a questa possibilità nel suo recente colloquio telefonico con Giorgia Meloni. Non solo. Il Papa aveva parlato di crisi ucraina anche durante il faccia a faccia che aveva avuto lunedì con JD Vance e Marco Rubio. Insomma, magari non sarà un vero e proprio coordinamento. Tuttavia è possibile parlare di una rilevante sinergia, dal punto di vista diplomatico, tra la Santa Sede, Palazzo Chigi e la Casa Bianca.
Certo, resta al momento l’incognita del Cremlino. Come detto, ieri Lavrov è sembrato chiudere a eventuali negoziati in Vaticano. Ora, che un pezzo consistente dell’establishment politico-militare russo punti a massimizzare il vantaggio sul campo di battaglia, non è un mistero. Così come è chiaro che, dall’altra parte, Leone, Trump e la Meloni vedono in eventuali incontri ospitati dalla Santa Sede il coronamento (o comunque l’avanzamento) del processo diplomatico, non il suo avvio. Questo per dire che l’idea, probabilmente, non è quella di discutere delle questioni preliminari e tecniche in Vaticano. Ebbene, ieri sono stati scambiati oltre 390 prigionieri tra Kiev e Mosca: siamo all’inizio di un processo? Oppure no? Ovviamente non possiamo saperlo. Il quadro complessivo resta incerto, è vero. Ma il Cremlino non può neanche permettersi di tirare troppo la corda. Dopo la caduta di Bashar al Assad, ha dei problemi seri in Medio Oriente. E il recente annuncio dello stop alle sanzioni americane al regime filoturco di Damasco è una forma di pressione che Trump sta usando per spingere Mosca ad ammorbidirsi sul dossier ucraino. In questa cornice, non è da escludere che Leone abbia ancora un ruolo da giocare in questa complicata partita. Un ruolo che, chissà, potrebbe a un certo punto rivelarsi anche decisivo.