2019-02-15
Porcata di Juncker. Usa i commissari per la propaganda Ue
Regole cambiate a tre mesi dalle europee: Pierre Moscovici e soci potranno fare campagna elettorale rimanendo in carica.Nel quarto trimestre 2018 la produzione italiana è calata dello 0,2%. La Germania non sta meglio: è a 0. Perciò Angela Merkel inizia a investire, cosa che a noi Bruxelles vieta.Lo speciale contiene due articoliQuella messa in atto poco più di una settimana fa da Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, è una «mossa Kansas City» in piena regola. Proprio come nel film Slevin, mentre «gli altri guardano a destra», cioè additano l'Italia come epicentro di tutte le nefandezze continentali (dalla crescita appena sopra lo zero, agli insulti al presidente Giuseppe Conte nel giorno del suo intervento al Parlamento europeo), lui «va a sinistra», cambiando le regole del gioco a una manciata di settimane dalle votazioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Lo scorso 6 febbraio, infatti, Juncker ha annunciato la pubblicazione delle nuove norme che regolano la candidatura dei commissari alle elezioni in programma per l'ultimo fine settimana di maggio. Le linee guida del Codice di condotta elettorale, che definiscono «gli orientamenti pratici dettagliati sulle norme etiche per i membri della Commissione che partecipano alla campagna elettorale», consentono di fatto agli attuali membri dell'organo esecutivo dell'Ue di poter partecipare alla competizione «senza dover rinunciare temporaneamente al proprio incarico presso la Commissione». Tradotto in parole più semplici, i fedelissimi vassalli dell'anziano signore affetto da sciatica che regge il timone dell'Europa potranno farsi pubblicità sia nel caso scelgano di correre per un posto al Parlamento, sia che decidano di candidarsi in veste di Spitzenkandidat - il candidato di punta espresso dai partiti per diventare il prossimo presidente di Commissione -, oppure potranno limitarsi a fare campagna elettorale per questo o quel movimento o candidato. Tutto ciò, sia ben chiaro, senza dover rinunciare all'incarico che rivestono attualmente. Nonostante l'estensore giuri che il principio alla base dell'introduzione delle nuove regole sia quello di una maggiore trasparenza, l'iniziativa risulta essere opaca e grave per tutta una serie di motivi. Prima di tutto, la vicinanza temporale alle elezioni, che si svolgeranno tra poco più di tre mesi. Come si fa a parlare di trasparenza quando si introduce, praticamente in sordina, una modifica così importante a ridosso della chiamata alle urne? Secondo, caso mai ce ne fosse bisogno, quest'azione dimostra che questa Commissione ha a cuore il proprio interesse più che quello dei cittadini europei. Una volontà confermata anche dallo stesso Juncker, che in occasione della presentazione del regolamento ha dichiarato: «Sin dall'inizio ho voluto che questa Commissione avesse una valenza politica. I commissari si assumono la piena titolarità e responsabilità politica di tutte le decisioni della Commissione. Allo stesso tempo mi attendo da loro che si impegnino pienamente e personalmente con i cittadini. La partecipazione attiva alle imminenti elezioni del Parlamento europeo è parte integrante di tale impegno». Infine, come dimostrano gli eventi degli ultimi mesi, i commissari spesso hanno assunto delle posizioni molto forti nei confronti di alcuni Paesi, nel chiaro intento di ritagliarsi una finestra politica. Pensiamo al violento attacco messo in opera nei confronti dell'Italia dal lettone Valdis Dombroskis (vicepresidente) e dal francese Pierre Moscovici (Affari economici e monetari), che ha costretto il nostro esecutivo a fare parziale marcia indietro sulla decisione di portare il rapporto deficit/Pil al 2,4 nella prossima manovra. Fino all'ultimo atto, la conferenza stampa di presentazione delle stime di crescita per il 2019, durante la quale Moscovici ha puntato il dito contro le «incerte politiche di bilancio» italiane. E ancora, il tedesco Günther Oettinger (Bilancio e risorse umane), che alla vigilia della nascita del governo gialloblù dichiarava che «i mercati insegneranno all'Italia come votare», oppure lo slovacco Maros Sefcovic (Unione dell'energia), che a settembre manifestò la sua preoccupazione per l'ascesa dei populisti, accusati di diffondere «ideologie xenofobe» e «false promesse». Ebbene, grazie al «liberi tutti» di Juncker, questi signori potranno continuare a sfogarsi impunemente contro il nostro e altri Paesi per il proprio tornaconto elettorale. Un comportamento, peraltro, portato avanti tranquillamente fino a oggi.La modifica del Codice di condotta è stata fortemente voluta dal presidente della Commissione, che fin dall'inizio del suo mandato ha lavorato alacremente per realizzare questo scopo. Già nel novembre del 2016, infatti, il presidente della Commissione aveva proposto nuove norme per consentire la partecipazione alle elezioni, le quali erano entrate in vigore a gennaio del 2018. L'aggiornamento presentato la settimana scorsa precisa alcuni punti, che danno l'idea della gravità dell'iniziativa. Tra queste, la possibilità per i commissari candidati di partecipare alle riunioni settimanali della Commissione, garantendosi la possibilità di influenzare in maniera decisiva le politiche comunitarie.Antonio Grizzuti<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/porcata-di-juncker-usa-i-commissari-per-la-propaganda-ue-2628993826.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-pil-delleurozona-resta-impantanato" data-post-id="2628993826" data-published-at="1758139266" data-use-pagination="False"> Il Pil dell’Eurozona resta impantanato Le regole sono uguali per tutti, ma per alcuni sono più uguali di altri. È uno dei concetti che George Orwell esprime all'interno del suo romanzo La fattoria degli animali e che rende perfettamente l'idea di come la Germania interpreti le norme Ue. Il problema è purtroppo noto: ora che la locomotiva d'Europa non va più forte come un tempo (del resto è tutta l'Europa a essere in difficoltà), anche Berlino interpreta a modo suo le norme su infrastrutture e investimenti pubblici. Lo si capisce dai dati Eurostat secondo i quali nel quarto trimestre del 2018, rispetto al precedente, il Pil dell'Eurozona e della Ue a 28 è cresciuto di un misero 0,2%. Un valore già basso, anche se Germania e Italia si mostrano i fanalini di coda del Vecchio Continente con valori dello 0% nel primo caso e del -0,2% nel secondo. Su base annua l'aumento è rispettivamente di 1,2% e 1,4%, ben al di sotto della media Ue. In base ai dati Eurostat, il Pil dell'Eurozona nel 2018 è cresciuto dell'1,8% e quello della Ue 28 Paesi dell'1,9%. Insomma l'Europa è al palo e se Roma non sta bene Berlino non può certo ridersela. Come non bastasse, ieri Moody's ha reso noto che intende tagliare le stime di crescita dell'Italia per il 2019. Il vice presidente per il rischio sovrano Kathrin Muehlbronner ha fatto sapere che taglierà le previsioni «sicuramente sotto l'1%, probabilmente a un valore tra lo 0 e lo 0,5». Per quanto riguarda il deficit/pil l'agenzia prevede un livello intorno al 2,5% nel 2019 e anche nel 2020. Secondo l'agenzia di rating americana, le incertezze del governo Conte, soprattutto dopo le elezioni in Abruzzo, potrebbero portare a delle «elezioni anticipate, già dopo quelle europee di maggio». Una nuova crisi politica in Italia «porterà a un'ondata di incertezza», ma resta ancora tutto da vedere, ha concluso Muehlbronner. Non va poi tanto meglio a Berlino. L'unica soluzione per uscire da questo pantano è dunque quella di investire sulla infrastrutture. Esattamente la stessa idea che ha avuto l'Italia con l'ultima manovra e per cui l'Ue ci ha bastonati. «L'Italia ha già avuto molta flessibilità», rispondeva a fine 2018 l'Ue al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che chiedeva flessibilità sulle regole di bilancio «per un piano straordinario di messa in sicurezza e manutenzione della rete infrastrutturale». Ma la benevolenza richiesta non c'è stata. Ora però la Germania, con una economia in crisi, sta pensando di muoversi allo stesso modo puntando molto sulla costruzione del gasdotto Nord Stream 2 che, partendo dalla Russia e passando sotto il Mar Baltico, fornirà a Berlino circa 55 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno. Un progetto che non piace agli Stati Uniti. «Hanno paura che la Germania diventi troppo dipendente dalla Russia», ha detto ieri la neopresidente della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer. «Washington deve ascoltare anche le risposte tedesche, noi siamo pronti a diversificare e abbiamo anche altre fonti di approvvigionamento», ha sottolineato la presidente della Cdu per tranquillizzare gli amici a stelle e strisce. Del resto il ministro tedesco dell'economia, Peter Altmaier, pochi giorni fa ha lanciato l'idea di un fondo sovrano per l'intervento dello Stato in tutti quei casi in cui una possibile cessione all'esterno potrebbe portare ad un danno al sistema industriale tedesco. Una cosa che sa molto di aiuti pubblici. Viene dunque da chiedersi perché, in un'Europa dall'economia stagnante, certe norme vengano utilizzate ad hoc e non allo stesso modo per tutti. Come mai, ad esempio, non per l'Italia? Gianluca Baldini
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)