2023-09-18
I pomodori di Pachino: quattro varietà nate sull’asse Italia-Israele
Tondo, costoluto, ciliegino o datterino: forme diverse che hanno in comune l’area di coltivazione e la tecnica di selezione artificiale.Qualche settimana fa vi abbiamo raccontato come il granchio blu non arrivi in Italia oggi dal nulla, ma i primi avvistamenti nel Mediterraneo siano stati registrati addirittura nel 1948 in Grecia e nel 1949 a Grado. Anche stavolta ci adoperiamo per divulgare, un po’ nomen omen, una verità pressoché sconosciuta ai più: il pomodoro di Pachino non è solo il ciliegino come, ahinoi, pensa praticamente quasi chiunque. E già. Ma andiamo per gradi. Correggiamo, in premessa, il piccolo errore spesso corresponsabile della convinzione che il pomodoro in questione sia solo un tipo. Quando diciamo «il pomodoro Pachino», invece di dire, correttamente, «il pomodoro di Pachino», stiamo attribuendo il nome della località in cui il pomodoro viene coltivato al pomodoro stesso. Stiamo cioè operando una metonimia, quella figura retorica in virtù della quale - tra molti altri casi possibili - usiamo il nome del luogo di produzione o di origine al posto della cosa prodotta. Sarebbe però bene usare l’espressione corretta, «il pomodoro di Pachino», perché agevola l’interpretazione di questo pomodoro come categoria, come insieme al quale possono appunto appartenere più tipi di pomodoro. Dire, metonimicamente, «pomodoro Pachino», può dare adito al fraintendimento che Pachino sia il nome della varietà piuttosto che il nome del territorio che ospita e connota questo tipo di coltivazione, fraintendimento che potrebbe poi assecondare l’idea errata che il pomodoro di Pachino sia solo uno. Al limite, diciamo «i Pachino»: in questo modo, accoglieremo in una dizione comunque metonimica la pluralità dei pomodori di Pachino. I pomodori di Pachino, infatti, secondo disciplinare del Consorzio di Tutela del Pomodoro di Pachino Igp, possono essere di 4 tipi. L’art. 2, dedicato alle tipologie di frutto, spiega: «L’Indicazione geografica protetta Igp Pomodoro di Pachino designa pomodori allo stato fresco prodotti nella zona delimitata al successivo art. 3 del presente disciplinare di produzione, riferibili alla specie botanica Lycopersicum esculentum Mill. L’Igp “Pomodoro di Pachino” è rappresentato dalle seguenti tipologie di frutto: tondo liscio; costoluto; cherry (o ciliegino); plum e miniplum». In un primo tempo, il disciplinare di produzione tutelava come Igp solo i primi tre, poi è stata richiesta la modifica per includere un altro tipo di pomodoro, plum e miniplum, anche noto col nome di datterino, sempre coltivato nello stesso territorio. Quindi, i pomodori di Pachino possono essere di 4 tipi. Da un punto di vista, poi, meramente matematico, diventano 6 perché il cherry o ciliegino si può trovare in vendita sia a grappolo, sia a frutti sfusi senza raspi, «sgrappolato», diciamo così, e poi perché il datterino può essere normal size, il plum, o mini size, il miniplum. Per quanto riguarda il territorio, oggetto dell’art. 3 del disciplinare, si tratta dell’intero territorio comunale di Pachino e Portopalo di Capo Passero e parte dei territori comunali di Noto (provincia di Siracusa) ed Ispica (Ragusa). La tecnica di coltivazione prevede un ambiente protetto (serre e/o tunnel ricoperti con film di polietilene o altro materiale di copertura, nel periodo estivo strutture con rete antinsetto). Le piantine, che se non ottenute da seme, che va acquistato ogni anno, direttamente dal coltivatore, devono essere fornite da vivai specializzati ed autorizzati dall’Osservatorio per le malattie delle piante, si piantano da 1 a 6 per mq. Il trapianto si esegue da agosto a febbraio, con l’eccezione della tipologia cherry e plum/miniplum, trapiantabili tutto l’anno. Non sono ammesse coltivazioni fuori suolo e ci sono anche indicazioni sull’irrigazione, che poi è uno degli elementi che fanno grandi e unici i pomodori di Pachino. Si irriga con acque di falda prelevate da pozzi ricadenti nel comprensorio delimitato, pozzi, come vedremo, storicissimi. La qualità di quest’acqua è alta e a ciò contribuisce anche una salinità che va da 1.500 a 10.000 microSiemens/cm. Acque, dicevamo, storicissime: il promontorio di Pachino si è formato oltre 70 milioni di anni fa, nel Cretaceo, da eruzioni vulcaniche sottomarine che hanno lasciato le vulcaniti, rocce derivanti dal consolidamento del magma eruttivo, più antiche dell’isola siciliana. Il suo nome antico è Promontorium Pachyni, era abitato fin dalla preistoria ed è con gli antichi Romani, qui stabili dal 200 al 400 d.C., che si registra un’importante attività di colonizzazione delle terre e vocazione delle stesse all’agricoltura, specialmente della vite e del frumento. Dopo i Romani, arrivano i Bizantini (500-800), gli Arabi (800-1090) e i Normanni. Gli Arabi danno il nome alla frazione di Pachino che è Marzamemi, ci costruiscono la tonnara che ha operato per secoli dopo di essi, fino a una settantina di anni fa, introducono la coltivazione degli agrumi, bonificano altre campagne, completano l’acquedotto di Torre Xibini, edificano le saline e i pozzi Senia per irrigare le colture che funzionano ancora oggi. Il gran sapore dei pomodori di Pachino dipende dalla combinazione di vari fattori. L’acqua, il tipo di suolo, un suolo fertilissimo ancor prima di ospitare i pomodori, da sempre votato all’agricoltura. A Pachino nell’Ottocento si coltiva ancora il cotone, coltura poi sostituita da quella allora in espansione della vite, grazie alla quale Pachino, detta Città del vino e ospitante il Museo del Vino, diventa protagonista vinicola, anche per l’esportazione di mosto e vino da taglio per Italia e Francia. La coltivazione della vite ha poi conosciuto un momento di contrazione, parte delle terre vitate sono diventate terre di pomodori dopo l’introduzione di quelli che oggi chiamiamo i pomodori di Pachino. Un’importanza non inferiore agli altri elementi ha il sole: Pachino, clima mediterraneo subtropicale, 65 m di altitudine sul livello del mare, d’estate è tanto calda quanto ventilata e, fonte Enea 2001, è il comune siciliano con più radiazione solare. Il terreno di Pachino è rigogliosamente fertile, tanto che secondo alcuni il nome in greco antico Πάχυνος (Pákhunos), riadattato poi in latino come Pachynus o Pachynum, derivò da παχύς (pakhús) cioè abbondante, fertile. Secondo altre tesi, il nome Pachino deriverebbe da Pachys Oinos ossia terra abbondante di vino. Si tratta di terre fertilissime e questo è il motivo per cui i pomodori di Pachino sono stati introdotti qui. I tipi di pomodoro tutelati dall’Igp, infatti, non sono oggetto di coltivazione plurisecolare, essendo semenze introdotte nel 1989 da una società sementiera israeliana, la Hazera, che le aveva ottenute attraverso selezione assistita da marcatori. Nel libro La storia del ciliegino. Successi agroalimentari di una partnership italo-israeliana, edizione, bilingue anche in inglese, Gruppo Albatros Il Filo, Franco Schilirò Rubino ha raccontato la storia del pomodoro di Pachino di cui è stato spettatore e attore. In un’intervista per la rivista Rotary, ha spiegato: «Nel 1986, la società Comes S.p.A. di cui ero amministratore unico, per rilanciare l’importanza della soia, stipulò un contratto con Hazera, società israeliana che produceva sementi di diverse specie di pomodori, tra cui quella del ciliegino. Entrai così in contatto con Eytan Kachel, direttore commerciale della più grande società sementiera israeliana, la Hazera Quality Seed. Eytan mi portò a visitare una serra dell’Università di Gerusalemme. Fu lì che mi rivelò la sua idea di coltivare e vendere i pomodori rossi “a grappolo”. Mi presentò un grappolo di pomodoro con sei o sette frutti di colore rosso acceso. I frutti erano carnosi e la polpa molto consistente. Mi mostrò anche un grappolo composto da tanti piccoli pomodori tondi, rossi e dolci, che chiamava genericamente “cherry” (“ciliegia”). Questa nuova varietà sarebbe stata una rivoluzione. Occorreva trasformare l’idea di Kachel in un progetto concreto. Un’autentica rivoluzione che avrebbe consentito alla Sicilia e ad altre regioni del Meridione di esportare pomodori in tutta Italia e Europa. Cosa fino ad allora impossibile. Registrammo quelle due varietà nel catalogo nazionale ed europeo dandogli i nomi di “Rita” (il pomodoro rosso a grappolo) e di “Naomi” (il ciliegino). I primi prodotti cominciarono ad arrivare nei supermercati e, nel giro di due anni, l’idea del “grappolo” si rivelò vincente». Ancora: «Il “Naomi” coltivato a Pachino aveva una marcia in più rispetto a quello coltivato in altre zone della Sicilia. L’acqua utilizzata a Pachino per l’irrigazione conteneva una più alta salinità che esaltava le caratteristiche organolettiche del ciliegino. In parole povere, il “Naomi” coltivato a Pachino era più dolce di quello coltivato nelle altre zone d’Italia». In effetti, tutti i pomodori di Pachino si caratterizzano per un elevato grado brix (è la quantità di zucchero disciolto in una soluzione liquida). Poi, per una importante resistenza dopo la raccolta, determinata dal fatto che i semi, quelli originari e quelli odierni che sono varianti ulteriormente migliorate di Naomi e Rita, sono ibridi F1. Si tratta di una tecnica selettiva detta Mas, acronimo di Marker Assisted Selection, cioè selezione assistita da un marcatore, che consiste in un normale incrocio tra piante con caratteristiche diverse al fine di riprodurle tutte sulla generazione successiva, effetto la cui verifica di ottenimento però si realizza tramite un’analisi genetica sulle piante figlie e non aspettando la normale crescita e la successiva fruttificazione delle piante. Una selezione artificiale (cioè operata dall’uomo e non dalla natura come nella selezione naturale) però velocizzata nell’analisi, che innanzitutto ha selezionato i geni chiamati rin e nor (ripening inibitor e no ripening), capaci di far durare i frutti che li contengono immutati fino a 2-3 settimane dopo la raccolta. Così si sono ottenuti pomodori che hanno una durata maggiore, in condizione perfette, come se fossero stati raccolti perfettamente maturi il giorno prima, rispetto ad altre varietà. E che, per la selezione artificiale che esalta anche fattori genetici di resistenza, sono anche più forti contro parassiti e patologie (quindi necessitano di minori antiparassitari).
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.