Ora si scopre che con i prezzi delle materie prime per i cantieri aumentati anche del 35% sarà difficile portare avanti i progetti. Che però sono sottoposti a vincoli stringenti. Secondo i soloni dell’economia la fiammata era temporanea e mai superiore al 3%.
Ora si scopre che con i prezzi delle materie prime per i cantieri aumentati anche del 35% sarà difficile portare avanti i progetti. Che però sono sottoposti a vincoli stringenti. Secondo i soloni dell’economia la fiammata era temporanea e mai superiore al 3%.Giornali e buona fetta di politici, soprattutto quelli che oggi stanno all’opposizione, scoprono il dramma del Pnrr. C’è l’inflazione, i prezzi delle materie prime per i cantieri sono aumentati anche del 35%. Come si possono portare avanti i progetti? Oddio, il Recovery plan è un vincolo interno e se non ci sono più le condizioni i soldi da investimenti diventano soltanto debito. Oppure, altro allarme dell’ultima ora, mancano fette intere di Pnrr, bisognerà riscriverne interi capitoli. Oggi si ignora che i dati dei ritardi sono gli stessi di quelli contenuti della Nadef sottoscritta dal governo di Mario Draghi. Dunque, non solo tutto era già previsto, ma in questo Paese si continuano a confondere le cause con gli effetti. Omettiamo gli innumerevoli articoli scritti sulle colonne di questo quotidiano da numerosi colleghi e in particolare da Giuseppe Liturri sul pericolo cosiddetto del cappio al collo. Il fatto è che il Recovery è una forma di indebitamento progressivo basato su vincoli interni che difficilmente si possono cambiare in corsa. Lo scrivevamo già a partire dal 2020 ed è esattamente ciò che si sta verificando in queste settimane. C’è però dell’altro. L’inflazione che colpisce il nostro Paese e in generale il Vecchio Continente si basa su tre gambe. La prima è indotta e deriva dal cambiamento brusco della globalizzazione. Le filiere del valore produttivo si sono interrotte in poco tempo. Ciò è avvenuto durante il Covid e la guerra in Ucraina scoppiata lo scorso 24 febbraio è stata solo la ciliegina sulla torta. Non certo la causa scatenante. C’è poi una componente inflattiva dovuta ad anni di interventi espansivi della Banca centrale europea e in generale delle banche centrali in giro per il globo. Infine, c’è un terzo pilastro che si basa sulle scelte dei governi di stampare moneta e intervenire con grandi piani di sostegno dell’economia. È successo negli Usa con i piani di stimolo da 2.000 miliardi di dollari e sta succedendo da noi proprio attraverso l’ingente piano di debiti che va sotto il nome di Recovery fund, alias Pnrr. A settembre del 2021 gli enti ufficiali di rilevazione in giro per l’Europa fornivano percentuali di crescita dell’inflazione mai superiori al 3%. Eppure, già allora, la benzina galoppava, il grano e il frumento erano cresciuti in poco più di sei mesi del 60 e del 20%. Invece, la politica e le istituzioni europee rassicuravano chiunque. «La fiammata sulle materie prime è solo un fatto temporaneo». Tutto passa. Lo diceva Frans Timmermans, vice presidente della Commissione Ue, per ribadire che non bisognava farsi influenzare dagli aumenti «temporanei» dell’inflazione e rallentare di conseguenza la transizione ecologica e il percorso del Recovery. Anche i vertici delle nostre istituzioni hanno più volte gettato acqua sul fuoco. «Non ci sono fattori di fondo che spingono questa inflazione a proseguire nel tempo», la sintesi del messaggio. «Sono effetti temporanei. Abbiamo delle previsioni a livello europeo che ci dicono che quest’anno l’inflazione, «nella media in Europa, sarà superiore al 2%, ma l’anno prossimo», sono parole di Ignazio Visco, «e quello dopo scenderà di nuovo al di sotto. Penso che non ci sia un timore di inflazione così alta come alcuni pensano». La volontà di rassicurare non è certo ingenuità o incapacità di prevedere gli effetti dello stampare monete e indebitarsi. Al contrario il Pnrr in Italia, così come il Recovery fund per il resto dell’Europa, serve a mettere a terra la transizione ecologica e la totale ristrutturazione del sistema produttivo. Non a caso adesso che l’inflazione è schizzata alle stelle tendenzialmente chi prima la bollava con la targhetta del «provvisorio» adesso spiega che è un bene perché facilita il cambio di passo verso la transizione. Fra un po’, quando scopriremo che la Bce non sarà in grado di fermare l’inflazione, chi per anni ha celebrato il Pnrr come un dogma ci spiegherà che è stato un errore perché ha creato colli di bottiglia lungo la filiera produttiva e quindi inflazione. Ciò che i non allineati con il main stream scrivono da più di due anni. La speranza è che si possano cambiare una serie di progetti e utilizzare i fondi anche per l’emergenza energetica. Soprattutto dopo marzo 2023 quando saranno esauriti i fondi della manovra. Al momento il governo sembra limitarsi soltanto a stare allineato alle mosse impostate da Mario Draghi: rassicurare i mercati nel momento più delicato. Da ieri infatti la Bce ha avviato la riduzione degli acquisti e per i nostri Btp significa trovarsi su una lastra ghiacciata sottile. Per questo, il titolare dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenuto all’Evento annuale sul Pnrr, prova a placare le polemiche (visto chi le avanza) strumentali. «In questi giorni, stiamo lavorando intensamente per conseguire i 55 obiettivi del II semestre 2022, per poter presentare a Bruxelles la terza richiesta di pagamento entro la fine di dicembre prossimo», ha detto il ministro del Carroccio. «Siamo già a buon punto e centreremo sicuramente anche questo traguardo. Ribadisco», ha concluso, «l’importanza di accelerare l’attuazione del Pnrr pur in presenza di ostacoli». Vedremo come finirà intanto stiamo mettendo sul tavolo verde una fiches da 235 miliardi.
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