
I giudici di Agrigento indagano il leader leghista sul caso della nave Open arms lasciata al largo di Lampedusa: «Fu sequestro». Incognita 5 stelle: sulla Diciotti evitarono all'allora ministro il processo, difendendo i porti chiusi, adesso rischiano il dietrofront.Compassionevole come richiede il suo ruolo, padre Alex Zanotelli ha già iniziato a invocare la forca: «Matteo Salvini va processato per la sua disumanità. La cosa grave è che non sente il dolore per gli altri, in particolare per chi soffre». Il comboniano, se non altro, ha il merito di esplicitare ciò che in queste ore sta fermentando nel cranio di numerosi progressisti italici: «Voglio augurarmi che stavolta i 5 stelle, che non sono più parte del governo con la Lega e dicono che non torneranno mai più con Salvini, votino secondo coscienza e si crei un blocco per fare processare l'ex ministro». Come prevedibile, la cagnara è esplosa in grande stile non appena si è saputo che l'ex ministro dell'Interno è nuovamente indagato per un blocco navale. Luigi Patronaggio, pm di Agrigento, ha iscritto il capo leghista nel registro degli indagati e passato il fascicolo alla Dda di Palermo. Il procuratore Francesco Lo Voi dovrà decidere se archiviare o passare la pratica al Tribunale dei ministri. I reati contestati sono sempre quelli: sequestro di persona e omissione d'atti d'ufficio. È il grottesco remake del caso Diciotti (compresa la reazione di Salvini, che dice «per me è una medaglia»), solo che questa volta c'è di mezzo la nave della Ong spagnola Open arms (la stessa per cui ha lavorato Carola Rackete). Il primo agosto scorso l'imbarcazione recuperò 164 migranti al largo della Libia e fece rotta verso l'Italia. Il governo, in base al decreto sicurezza bis, negò l'ingresso al taxi del mare. Poi si mise di mezzo il Tar del Lazio, sostenendo che Open arms doveva approdare in Italia poiché «sicuramente sussiste, alla luce della documentazione prodotta (medical report, relazione psicologica, dichiarazione capo missione), la prospettata situazione di eccezionale gravità ed urgenza». Infine fu la stessa Procura di Agrigento a sequestrare la nave e a far scendere gli stranieri. I migranti rimasero per venti giorni sull'imbarcazione, e questo per il pm Patronaggio sarebbe sequestro di persona. Rimane da capire quale sia l'opinione del Movimento 5 stelle in proposito. Perché il punto politico è tutto qui: i pentastellati voteranno per concedere l'immunità a Salvini oppure no? Se avessero un minimo di coerenza, non dovrebbero avere dubbi. Per il caso Diciotti si affidarono alla votazione sulla piattaforma Rousseau: la maggioranza degli utenti (30.948) scelse di di concedere l'immunità al ministro dell'Interno; in 21.469 (il 40,95%) votarono contro. In quell'occasione, Luigi Di Maio fece una dichiarazione piuttosto interessante: «Con questo risultato i nostri iscritti hanno valutato che c'era un interesse pubblico nella vicenda Diciotti», disse. E ribadì: «Era necessario ricordare all'Europa che c'è un principio di solidarietà da rispettare». Tutto il governo, del resto, si era assunto la responsabilità politica del blocco. A rigor di logica, dunque, un interesse pubblico dovrebbe essere ravvisato anche nel caso della Open arms. Tanto più che i 5 stelle parteciparono attivamente al blocco: Danilo Toninelli ed Elisabetta Trenta firmarono il provvedimento che vietava l'ingresso. Non solo: la Diciotti era una nave militare italiana, mentre la Open arms è un'imbarcazione straniera. Il fatto, però, è che il clima politico di oggi è parecchio diverso da quello che si respirava nei giorni della Diciotti. Salvini non è più ministro, e i 5 stelle (o almeno gran parte di essi) si leccano i baffi all'idea che finisca di fronte al Tribunale dei ministri. Della faccenda si discute in queste ore ai tavoli del movimento, e ovviamente la strada del ricorso a Rousseau è la più facile: si scaricherà il barile ai «cittadini» e si lascerà che siano loro a decidere. Sarebbe l'ennesima pagliacciata per coprire un vergognoso voltafaccia, ma ormai bisogna aspettarsi il peggio. C'è però un'altra riflessione da fare, sempre a proposito di ipocrisia. Viene da chiedersi: per quale motivo Salvini viene indagato a Luciana Lamorgese no? Al netto dei dettagli tecnici, la faccenda ha un profumo tutto politico. I migranti della Open arms sono rimasti per 20 giorni a bordo prima di sbarcare? Beh, quelli della Ocean Viking sono rimasti in acqua circa 11 giorni prima di approdare a Pozzallo (bisognava attendere il voto in Umbria). Fu la stampa progressista a gridare allo scandalo, sostenendo che il governo non aveva cambiato atteggiamento nei riguardi dei presunti profughi. Come la mettiamo, allora? 20 giorni sono sequestro e 11 un normale tempo d'attesa? Certo: con Salvini il Viminale emise un esplicito provvedimento, mentre la Lamorgese si è limitata a far finta di nulla, ma non ci pare che ciò cambi i termini della questione. Viene da pensare che di mezzo ci sia l'ideologia: due ministri, due misure.
Chiara Ferragni (Ansa)
L’influencer a processo con rito abbreviato: «Fatto tutto in buona fede, nessun lucro».
I pm Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno chiesto una condanna a un anno e otto mesi per Chiara Ferragni nel processo con rito abbreviato sulla presunta truffa aggravata legata al «Pandoro Pink Christmas» e alle «Uova di Pasqua-Sosteniamo i Bambini delle Fate». Per l’accusa, l’influencer avrebbe tratto un ingiusto profitto complessivo di circa 2,2 milioni di euro, tra il 2021 e il 2022, presentando come benefiche due operazioni commerciali che, secondo gli inquirenti, non prevedevano alcun collegamento tra vendite e donazioni.
Patrizia De Luise (Ansa)
La presidente della Fondazione Patrizia De Luise: «Non solo previdenza integrativa per gli agenti. Stabiliamo le priorità consultando gli interessati».
«Il mio obiettivo è farne qualcosa di più di una cassa di previdenza integrativa, che risponda davvero alle esigenze degli iscritti, che ne tuteli gli interessi. Un ente moderno, al passo con le sfide delle nuove tecnologie, compresa l’intelligenza artificiale, vicino alle nuove generazioni, alle donne poco presenti nella professione. Insomma un ente che diventi la casa di tutti i suoi iscritti». È entrata con passo felpato, Patrizia De Luise, presidente della Fondazione Enasarco (ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio) dallo scorso 30 giugno, ma ha già messo a terra una serie di progetti in grado di cambiare il volto dell’ente «tagliato su misura dei suoi iscritti», implementando quanto fatto dalla precedente presidenza, dice con orgoglio.
Il ministro Nordio riferisce in Parlamento sulla famiglia Trevallion. L'attacco di Rossano Sasso (Lega): ignorate le situazioni di vero degrado. Scontro sulla violenza di genere.
Ansa
Il colosso tedesco sta licenziando in Germania ma è pronto a produrre le vetture elettriche a Pechino per risparmiare su operai, batterie e materie prime. Solito Elkann: spinge sull’Ue per cambiare le regole green che ha sostenuto e sul governo per gli incentivi.
È la resa totale, definitiva, ufficiale, certificata con timbro digitale e firma elettronica avanzata. La Volkswagen – la stessa Volkswagen che per decenni ha dettato legge nell’industria dell’automobile europea, quella che faceva tremare i concorrenti solo annunciando un nuovo modello – oggi dichiara candidamente che intende spostare buona parte della produzione di auto elettriche in Cina. Motivo? Elementare: in Cina costa tutto la metà. La manodopera costa la metà. Le batterie costano la metà. Le materie prime costano la metà. Persino le illusioni costano la metà.






