Ha varato leggi restrittive rispetto a Barack Obama, che cancellò alcuni divieti. Il tycoon: «A sparare sono stati odio e disturbi mentali».Le recenti sparatorie avvenute in Texas e in Ohio e che hanno provocato una trentina di morti hanno riportato al centro del dibattito pubblico statunitense la questione della violenza da arma da fuoco. Si tratta di un fenomeno preoccupante, anche perché il numero di mass shooting è sensibilmente aumentato nel corso degli ultimi quindici anni. Individuare cifre precise sotto questo aspetto non è troppo semplice: come nota la Rand corporation, non c'è ad oggi una definizione univoca per identificare esattamente un mass shooting. Secondo il magazine d'inchiesta Mother Jones, ad esempio, questo fenomeno, per essere tale, deve rispettare tre requisiti: avere almeno tre vittime (escluso l'assalitore), avvenire in luogo pubblico ed escludere moventi come rapine o violenza famigliare. Partendo da questa definizione, Mother Jones delinea un trend in crescita sia nel verificarsi delle stragi sia in termini di numero dei morti. Nel corso della presidenza Bush (dal 2001 al 2008) si sono registrate 15 sparatorie con un totale di 125 vittime. Numeri più che raddoppiati durante la presidenza Obama (dal 2009 al 2016), che ha visto 37 eccidi con un totale di 308 vittime. Nei primi due anni e mezzo dell'era Trump, le stragi sono state invece 30 e, ad oggi, si conta un numero complessivo di 254 vittime: un numero su cui pesa soprattutto la sparatoria di Las Vegas del 2017 che - con 58 vittime - è risultata la più sanguinosa che la storia americana ricordi.Insomma, la situazione appare tutt'altro che rosea. E, nonostante l'introduzione di norme più stringenti sulle armi rappresenti da tempo una battaglia dei Democratici, non è che l'Asinello si sia dato poi troppo da fare in tal senso. Nel corso del suo primo mandato, Barack Obama ha firmato una legge per consentire ai cittadini di portare armi nei parchi nazionali, smantellando così un divieto che risaliva ai tempi di Ronald Reagan. Il presidente democratico ha siglato poi una norma per permettere di portare armi sui treni, abrogando stavolta un divieto imposto da Bush dopo gli attentati dell'11 settembre. Nel corso del suo secondo mandato, Obama ha cercato di inserire qualche restrizione tramite decreti non vincolanti, che si sono tuttavia risolti in una bolla di sapone. Inoltre, come riporta il sito Politifact, la sua amministrazione, seppur obtorto collo, ha di fatto approvato la vendita dei bump-stocks: dispositivi in grado di trasformare armi semiautomatiche in automatiche e che sono stati tra i principali responsabili proprio dell'eccidio di Las Vegas del 2017.Trump, dal canto suo, viene spesso additato come un estremista di destra sul fronte delle armi. Ciò nonostante le cose non stanno esattamente così. È vero: nel corso della campagna elettorale del 2016 il magnate newyorchese ha stretto legami molto forti con la National rifle association. Eppure questi legami si sono parzialmente incrinati all'indomani della strage di Parkland nel febbraio del 2018. Da allora, l'attuale inquilino della Casa Bianca ha rivisto alcune delle sue vecchie posizioni. E, sotto determinati aspetti, ha preso delle misure a favore del controllo delle armi. In particolare, lo scorso dicembre, il dipartimento di Giustizia americano ha annunciato il divieto ufficiale dell'uso dei bump-stocks a livello nazionale, imponendone ai proprietari la distruzione o la consegna alle autorità federali. A marzo del 2018, Trump aveva invece concesso ai Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie la facoltà di condurre ricerca scientifica sulla violenza da arma da fuoco.Inoltre, al di là dei singoli provvedimenti, è forse interessante sottolineare come, da quando Trump è arrivato alla Casa Bianca, il sistema economico legato al business delle armi stia riscontrando crescenti difficoltà. L'anno scorso, Bloomberg ha mostrato come gli investitori privati e pubblici stiano progressivamente tagliando i propri legami con le aziende produttrici di armi, determinando così per loro seri problemi in Borsa. Tutto questo mentre, la National shooting sports foundation ha recentemente reso noto come la vendita di armi da fuoco negli Stati Uniti sia diminuita del 6,1% nel 2018 (registrando il 16,5% in meno rispetto al 2016, quando Trump non era ancora entrato in carica). Infine, bisogna evidenziare come, negli ultimi mesi, la stessa National Rifle Association risulti afflitta da numerosi problemi: l'organizzazione è infatti sempre più caratterizzata da lotte intestine, tra membri dimissionari e accuse di spese illecite. Una baraonda interna che la sta rendendo sempre più debole. «Non possiamo lasciare che le persone uccise a El Paso in Texas e a Dayton in Ohio, muoiano invano […] Repubblicani e democratici devono lavorare insieme e porre dei forti controlli sul background, magari unendo questa legge alla riforma dell'immigrazione di cui abbiamo disperatamente bisogno», ha twittato ieri il presidente, invocando poi la pena di morte per gli stragisti e condannando senza mezzi termini il suprematismo bianco: «Sono stati l'odio e i disturbi mentali a sparare, non le armi. Razzismo e il suprematismo sono ideologie che non devono avere posto in America».Un argomento controverso riguarda oggi l'introduzione di verifiche sul background (penale e mentale) degli acquirenti di armi. Una proposta verso cui l'anno scorso Trump si era mostrato aperturista ma che non ha poi portato avanti, per quanto - nelle ultime ore - si sia mostrato propenso a riprenderla. Esiste un disegno di legge approvato dai democratici alla Camera in questo senso ma il Senato a maggioranza repubblicana non ha mostrato di gradirlo troppo. Del resto, quella del cosiddetto gun control è una battaglia che stanno conducendo anche gli attuali candidati alla nomination democratica. Tuttavia, nonostante una concordia di facciata, si registrano in realtà opinioni fortemente discordanti. C'è chi, come Cory Booker, invoca più severi controlli a livello federale e chi, come Bernie Sanders, vorrebbe delegare la questione maggiormente ai singoli Stati. Altri candidati, come il sindaco di South Bend, Pete Buttigieg, restano poi molto generici in materia. Senza infine dimenticare i paradossi, visto che, da deputato, Sanders votò nel 2003 e nel 2005 a favore di norme che tutelavano i produttori di pistole e fucili da eventuali azioni legati per uso improprio delle armi. Insomma, anche su una loro battaglia storica i Democratici si rivelano divisi e confusi.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





