2023-07-07
A Pier Silvio e Marina la maggioranza dell’impero Fininvest
Marina e Pier Silvio Berlusconi (Getty Images)
Le ultime volontà di Silvio Berlusconi blindano il gruppo. La nota: «Nessuno avrà il controllo solitario indiretto come nostro padre».Continuità, continuità e continuità. Saranno Marina e Pier Silvio Berlusconi gli eredi designati che assumeranno il controllo dell’impero Fininvest. Questo l’esito, che conferma le anticipazioni emerse nei giorni scorsi, dell’apertura del testamento di Silvio, avvenuto nello studio del notaio Arrigo Roveda a Milano. I figli della prima moglie in base ai calcoli dovrebbero arrivare a detenere circa il 52% della holding a cui fanno capo tutte le partecipazioni del gruppo, mentre a Barbara, Eleonora e Luigi andrà il 46%; il restante 2% sono azioni proprie. Il testamento riguardante i figli è il primo dei documenti letti ieri, scritto su carta intestata di Villa San Martino. Poche righe, datate 2 ottobre 2006, in cui il Cavaliere afferma: «Lascio la disponibile in parti eguali ai miei figli Marina e Pier Silvio. Lascio tutto il resto in parti eguali ai miei cinque figli Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi». La «disponibile» è quella quota di eredita al di fuori della «legittima». Nel caso di Berlusconi, senza coniuge e con più figli, due terzi dell’eredità spettano ai figli che la dividono in parti uguali, mentre un terzo è quota disponibile. In Fininvest Berlusconi aveva il 61,3% del capitale, Marina e Pier Silvio il 15,3% (due quote separate del 7,65% ciascuna), gli altri tre figli il 21,4%. Del 61,3% i due terzi, ossia il 40,8% viene assegnato in automatico, suddiviso in cinque parti uguali dell’8,17%. In questo modo Marina e Pier Silvio salgono al 31,6%, i tre fratelli di secondo letto al 46%. Resta la «disponibile» pari al 20,4% della società, che sommato al 31,6% consegna a Marina e Pier Silvio il controllo della holding, sempre in parti uguali, e con questa le chiavi del comando. Comando che era peraltro da molto tempo già esercitato dai due fratelli che si sono divisi le sfere d’influenza. Marina Berlusconi è presidente di Mondadori dal 2003 e di Fininvest dal 2005, mentre Pier Silvio Berlusconi dal Duemila è vicepresidente di Mediaset (ora Mfe), di cui è diventato anche amministratore delegato nel 2015. Resta il fatto che, come afferma una nota diffusa nella mattinata di ieri «Marina Berlusconi, presidente del cda, e Pier Silvio, Barbara, e Luigi Berlusconi, amministratori, ricevuta lettura delle volontà testamentarie del padre Silvio Berlusconi, informano che da esse risulta che nessun soggetto deterrà il controllo solitario indiretto su Fininvest, precedentemente esercitato dal padre stesso». Mediaset e Mondadori, insieme con Banca Mediolanum, gestita da Massimo Doris, sono le storiche partecipazioni quotate. Nell’ordine la holding ha il 30,12% di Mediolanum - e il 40,3% fa capo alla famiglia Doris, storica alleata -una quota che vale circa 1,83 miliardi di euro. Mondadori è controllata con una quota di maggioranza del 53,3% del capitale. Il valore della capitalizzazione è di 517 milioni di euro, la partecipazione quindi circa 270 milioni. L’azienda di Segrate adesso è tornata a essere un tesoretto. Abbandonata la stampa periodica e ceduta la propria fetta del Giornale agli Angelucci, la casa editrice è diventata leader del comparto libri e si appresta a chiudere il 2023 con 1 miliardo di ricavi, margini superiori al 15% e utili che viaggiano sul 5%. Gli anni Novanta, quando imperversò lo scontro con i De Benedetti, sono ormai un lontano ricordo. Infine c’è Mfe-MediaforEurope, di cui Fininvest controlla il 48,6%, una partecipazione del valore di circa 800 milioni di euro. All’inizio degli anni Duemila il valore complessivo dell’azienda era 18 miliardi. Nel frattempo c’è stato il digitale terrestre, l’arrivo dello streaming e della concorrenza delle piattaforme pay come Netflix. Non solo. Nell’ultimo decennio si è assistito all’invecchiamento - lento ma inesorabile - del pubblico della tv generalista. Per questo, Pier Silvio, dopo aver tentato importanti rilanci con Endemol, ha pensato di incamminarsi verso la strada paneuropea. L’idea è quella di evitare la saturazione del mercato locale consolidando il business e soprattutto scommettendo su una Ue in grado di fare concorrenza ai contenuti importati dagli Usa.Da qui il progetto di scalare i tedeschi di Prosiebensat, di cui a oggi Mfe possiede il 29%. La scelta sulla carta funziona. Finanziariamente non altrettanto. Il che non implica però cambi di strategia. Certo, il business della tv generalista cambierà notevolmente nei prossimi anni e la concorrenza del gruppo francese Vivendi tornerà a farsi sentire. Vedremo anche se le sirene della politica si faranno sentire alle orecchie magari di Pier Silvio. In ogni caso l’impero è blindato e - va detto - ben piantato sui binari del prossimo decennio. Per scardinare l’asse si potrebbe immaginare solo una rottura tra Pier Silvio e Marina, alla quale far seguire un cambio di alleanze. Qualcosa di simile a quanto successo con la vecchia Mondadori, quando ci fu un fulmineo cambio di equilibri dentro la Amef che controllava appunto la casa editrice di Segrate. Gli eredi Formenton presero sentieri diversi e da lì nacque una vicenda che ora è storia: il lodo Mondadori.
Ursula von der Leyen (Ansa)