2021-01-15
Piano pandemico, perquisizioni al ministero
La Procura di Bergamo, che indaga per epidemia colposa, manda la Finanza. E un verbale sbugiarda ancora Roberto Speranza: la task force chiese già il 29 gennaio di attivare il programma. Che però non era stato aggiornato. Il governo ha scelto la linea più facile: quella del silenzio totale. Ma, piaccia o no ai giallorossi chiusi a doppia mandata nel loro mutismo, i nodi stanno iniziando a venire al pettine, la verità sta iniziando a emergere prepotente. L'argomento è sempre lo stesso: il piano pandemico. Come tristemente noto, siamo arrivati all'emergenza Covid con un piano datato, risalente al 2006, e di fatto inutile. Secondo gli esperti, un piano aggiornato ci avrebbe risparmiato migliaia di morti, e infatti i dirigenti del ministero della Salute avrebbero dovuto darsi da fare per produrre un nuovo documento già nel 2013. Però non lo hanno mai fatto, e i risultati li abbiamo sotto gli occhi. Da settimane, i tecnici del ministero e lo stesso ministro Roberto Speranza cercano disperatamente di scaricare le responsabilità. Hanno detto che contro il Covid il piano anti pandemia sarebbe stato inutile (e sono stati smentiti prima dai fatti e poi da documenti che loro stessi hanno prodotto). Poi hanno cercato di confondere le acque, alternando mezze verità a bugie vere e proprie. Ma il momento del redde rationem si avvicina ad ampie falcate. La Procura di Bergamo, da qualche tempo, ha aperto un'inchiesta su questa faccenda. Le indagini sono partite dalla mancata zona rossa di Alzano Lombardo, hanno toccato l'assessorato al Welfare della Regione Lombardia e, un po' alla volta, sono arrivate fino a Roma. Ieri la Guardia di Finanza si è presentata di nuovo in Regione Lombardia, all'Asst e all'Ats di Bergamo ma pure al ministero della Salute, all'Istituto superiore di Sanità e negli uffici di Claudio D'Amario, che fino a qualche mese fa era direttore della Prevenzione al ministero e ora è in servizio al Dipartimento di sanità dell'Abruzzo. I finanzieri hanno compiuto acquisizioni e sequestri: si sono fatti consegnare tutta la documentazione, cartacea e digitale, relativa al piano pandemico nazionale e al piano pandemico lombardo. Si cerca di capire, insomma, se questi piani siano stati o meno applicati, e in che modo. L'ipotesi è che ci sia stata omissione in atti d'ufficio in relazione al piano pandemico e alla sua applicazione in ambito territoriale. Per ora, tra gli indagati ci sono vari funzionari tra cui l'ex direttore generale della Sanità lombarda, Luigi Cajazzo, e l'allora suo vice, Marco Salmoiraghi. I reati sul piatto sono epidemia colposa e falso. Dicevamo, però, che gli investigatori non si sono fermati in Lombardia, ma sono andati oltre. Nei giorni scorsi la Procura di Bergamo ha sentito alcuni funzionari del ministero e lo stesso ministro Speranza. Il 20 gennaio, poi, saranno ascoltati 4 alti funzionari del ministero: l'attuale direttore generale, Giuseppe Ruocco, il suo predecessore, Claudio D'Amario, e altri due dirigenti, Francesco Maraglino e Anna Caraglia (gli investigatori sono entrati nei loro uffici così come in quello di Filomena Pistacchio, dell'ufficio di gabinetto di Speranza). La verità dovrà saltare fuori anche se Speranza ha scelto di non dare spiegazioni agli italiani, e anche se vari dirigenti ed ex dirigenti del ministero hanno cercato di scaricare il barile. Presto o tardi qualcuno dovrà fornire una spiegazione chiara: se non ai giornali e alla popolazione, per lo meno agli investigatori bergamaschi. C'è però un'altra questione su cui vale la pena soffermarsi. Una faccenda che riguarda, ancora una volta, il ministro Speranza e le sue mezze verità. Sappiamo che il 22 gennaio 2020, onde affrontare l'emergenza Covid all'orizzonte, il ministro costituì una «task force» ricca di esperti di primo piano. Il comunicato ufficiale spiegava che la task force aveva il «compito di coordinare ogni iniziativa relativa al fenomeno coronavirus 2019-nCoV». Essa era «composta dalla Direzione generale per la prevenzione, dalle altre direzioni competenti, dai carabinieri dei Nas, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, dall'Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), dall'Agenzia italiana del farmaco, dall'Agenas e dal consigliere diplomatico». Nei mesi successivi, Galeazzo Bignami di Fratelli d'Italia chiese di poter vedere i verbali delle riunioni della task force. La risposta che ottenne dal ministero (per la precisione dal capo di gabinetto di Speranza) aveva dell'incredibile. Gli fu messo per iscritto che i verbali della task force non potevano essere resi pubblici. Motivo? «L'attività della task force», ha scritto il capo di gabinetto, «si è caratterizzata nel consistere in un tavolo di consultazione informale del ministro della Salute, tanto è vero che nemmeno sussiste un decreto ministeriale istitutivo o altro atto regolamentare [...] che ne disciplini formalmente l'attività, i tempi e modalità di procedimento». Chiaro? Le riunioni della task force erano «informali», dunque niente verbali. Piccolo problema. Nel decreto della Procura di Bergamo che ha disposto le perquisizioni e i sequestri di ieri c'è un passaggio interessante. La Procura, infatti, cita testualmente «il resoconto del 29.01. 2020 della task force istituita presso il ministero della Salute». Ma come? Allora questi resoconti esistono, e non sono affatto informali, tanto che la Procura li ha letti e li cita. Dunque dal ministero hanno mentito. C'è di più. Nel resoconto del 29 gennaio 2020 sono «verbalizzate» le dichiarazioni di uno dei membri della task force, Giuseppe Ippolito dello Spallanzani di Roma. Egli, quel giorno, aveva «evidenziato l'opportunità di “riferirsi alle metodologie del piano pandemico di cui è dotata l'Italia e di adeguarle alle linee guida appena rese pubbliche dall'Oms"». Capito? Non solo i verbali della task force ci sono, ma in un uno di questi si parla del piano pandemico. Un medico esperto, Ippolito, ha tirato fuori l'argomento addirittura il 29 gennaio. Viene il sospetto, allora, che le affermazioni di Speranza sul fatto che il piano pandemico non sarebbe servito contro il Covid siano false. Viene il sospetto che a gennaio, prima dell'esplosione dell'epidemia, gli esperti convocati dal ministro abbiano pensato al piano, e si siano resi conto già allora che era inadeguato. Se così fosse, sarebbe gravissimo. Vorrebbe dire che per mesi ci hanno raccontato balle e, soprattutto, che ci hanno mandato consapevolmente allo sbaraglio contro il virus. Speranza può continuare a tacere, gli altri dirigenti possono continuare a fare il gioco delle tre carte. Ma a questo punto una certezza l'abbiamo: per tutto questo, qualcuno deve pagare.