2024-07-07
Piano pandemico non aggiornato, il gip prende tempo sull’archiviazione
Entro tre mesi il giudice deciderà se mandare a processo. Guerra e gli altri indagati. Ma i giornali pensano ai contagi in spiaggia.Lega: «Le profilassi siano solo consigliate». La Lorenzin: «Lisciano il pelo ai no vax».Lo speciale contiene due articoli.Entro 90 giorni sapremo se l’ultimo filone del procedimento sul mancato aggiornamento del piano pandemico, e la sua mancata attuazione verrà archiviato, o se gli indagati verranno rinviati a giudizio. Venerdì il gip del tribunale di Roma, Anna Maria Gavoni, ha sentito gli avvocati difensori che non erano riusciti a parlare nell’udienza del 20 giugno e ora dovrà prendere una decisione nei confronti dei funzionari Ranieri Guerra, Giuseppe Ruocco, Maria Grazia Pompa, Francesco Maraglino, accusati di rifiuto di atti d’ufficio; di Claudio D’Amario, Mauro Dionisio, Loredana Vellucci e sempre Guerra e Maraglino per il reato di falso in atto pubblico; dell’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, di D’Amario e di Angelo Borrelli, ex capo della Protezione civile, per la mancata attuazione del piano pandemico nazionale. Già era stato un buon segnale che il magistrato avesse accolto la memoria presentata da alcune decine di familiari delle vittime del Covid a Bergamo (fascicolo trasferito a Roma per competenza), che si erano opposti alla richiesta di archiviazione del sostituto procuratore di Roma, Claudia Terracina, dello scorso novembre. Il procedimento è così rimasto in pedi e nelle due ultime udienze, oltre alle persone offese e ai loro legali erano presenti gli avvocati degli indagati, che si sono riportati alle memorie e ai documenti depositati eccependo, per taluni, anche la prescrizione del reato contestato. «La linea è sempre stata quella di sostenere che non c’era una legge che imponesse di aggiornare il piano pandemico del 2006 e qualcuno ha continuato ad affermare che era impossibile attuarlo perché nemmeno sapevano che esistesse un piano pandemico», fa sapere l’avvocato Consuelo Locati a nome del team legale dell’associazione dei familiari delle vittime. Quanto al reato di falso in atto pubblico, per i questionari con le autovalutazioni trasmessi all’agenzia Onu, nonché alla Commissione Ue fino al 4 febbraio 2020 e che dovevano informare del grado di preparazione a una eventuale emergenza sanitaria da pandemia, i funzionari della direzione Prevenzione sanitaria del ministero della Salute hanno ribadito di aver detto il vero rispondendo che l’Italia era perfettamente pronta e che avevamo anche un piano pandemico adeguato. È stato addirittura dichiarato che i questionari non sono obbligatori ma discrezionali, come se questo autorizzasse a dire una cosa per un’altra. «Però ci siamo accorti che è cambiata la strategia difensiva», evidenzia l’avvocato Locati. «Gli indagati non fanno più “gruppo”, che sostiene di non avere responsabilità, ma ognuno “corre” per sé cercando di difendersi e di non andare a processo». Anche tirando in ballo la prescrizione. «Come ha provato a fare l’ex direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giuseppe Ruocco, sostenendo che secondo lui non c’era alcun obbligo di legge di aggiornare il piano pandemico, ma se anche ci fosse stato, invoca la prescrizione perché nel 2014 non occupava più quel ruolo». Non è così pacifico, dunque, che non ci sia alcuna possibilità di condanna per questi funzionari perché, quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari «non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna bisogna chiedere l’archiviazione e non esercitare l’azione penale», come sosteneva la Procura nella richiesta del novembre scorso rifacendosi alla legge Cartabia. Afferma Locati: «Nell’udienza del 20 giugno e soprattutto in quella del 5 luglio è emerso, invece, che solo un dibattimento può accertare quali sono e se ci sono state delle responsabilità degli indagati nella gestione della pandemia».Intanto i giornali preferiscono continuare a battere sul Covid con un ingiustificato allarme aumento contagi. Hanno ripreso il vizio di pubblicare nel fine settimana il bollettino dei nuovi casi, 2.504 tra il 20 e il 26 giugno che rappresentano un +20,1% rispetto alla settimana precedente. Dal sito del ministero della Salute attingono i dati sui test risultati positivi al Covid, 437 il 26 giugno ovvero +17,5% rispetto allo stesso giorno della settimana precedente. L’infezione «si sta facendo largo tra spiagge e turisti complicando la vita a chi cerca un po’ di sole e relax», scrive Repubblica, che distribuisce consigli a chi è sotto l’ombrellone e non vuole più sentir parlare di virus. Non sottovalutare il malessere, farsi un tampone che «non va fatto subito, semmai dopo qualche giorno» dichiara Pier Luigi Lopalco, docente di epidemiologia all’Università del Salento. Un po’ di vigile attesa è sempre indicata. Il professore invita a curarsi a casa «ma non senza aver prima consultato il medico di famiglia». Nell’elenco delle raccomandazioni ci sono tante ovvietà, come il non utilizzo degli antibiotici, di ivermectina e idrossiclorochina, antivirali solo se servono e buon Covid estivo a tutti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/piano-pandemico-non-aggiornato-sullarchiviazione-2668697200.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="liste-dattesa-tra-gli-emendamenti-lo-stop-ai-vaccini-coatti-per-i-minori" data-post-id="2668697200" data-published-at="1720361622" data-use-pagination="False"> Liste d’attesa, tra gli emendamenti lo stop ai vaccini coatti per i minori Allineare l’Italia alle normative europee e internazionali riducendo il numero di vaccini obbligatori nei minori, promuovendo un approccio basato sull’informazione e il consenso informato: è l’obiettivo dell’emendamento presentato dalla Lega al decreto Liste d’attesa, al vaglio del Senato. Nel dettaglio, la proposta è di cancellare l’obbligo e rendere solo «raccomandati», per i minori fino a 16 anni e i minori stranieri non accompagnati, la vaccinazione contro morbillo, rosolia, parotite e varicella e di consentire, ai bambini che non sono stati vaccinati per quelle malattie, di essere iscritti alle scuole per l’infanzia, comprese quelle private non paritarie. La modifica della legge Lorenzin del 2017 è stata avanzata «in considerazione del fatto che l’assetto degli obblighi vaccinali presente nel nostro Paese si pone come fortemente esteso rispetto al panorama europeo e internazionale - recita l’emendamento - e tale situazione si pone in conflitto con quanto statuito dalla nostra Carta costituzionale, ai sensi delle prescrizioni di cui all’articolo 32 in ordine ai termini dell’obbligatorietà dei trattamenti sanitari». Secondo il Carroccio, l’attuale estensione degli obblighi vaccinali potrebbe essere vista come un eccesso rispetto ai principi costituzionali di libertà individuale e autodeterminazione. «Siamo l’unico paese in Europa, forse con la Francia, ad avere 12 vaccinazioni obbligatorie per i bambini», ha dichiarato il senatore Claudio Borghi. «La legge Lorenzin era una sperimentazione e non mi sembra che i risultati ci siano: la pertosse, ad esempio, ricomincia. Non sono io ma è la letteratura scientifica che dice che l’obbligo è un sistema per creare rifiuto non per aumentare la copertura». Sottolineando il primato dell’informazione all’obbligo, e ricordando quanto accaduto con la vaccinazione anti-Covid, il senatore osserva che «sarebbe il caso di prendere atto che le cose non funzionano e dire che non si scherza con il costringere la gente, soprattutto i bambini, a fare trattamenti sanitari per legge, condizionando l’accesso a scuola. Non convinci chi è contrario, con l’obbligo: crei solo rabbia, rifiuto, violenza e discriminazione». A stretto giro è arrivata la replica della senatrice del Pd, ministro della Salute nel 2017, Beatrice Lorenzin: «Purtroppo proposte del genere non hanno nulla di scientifico. Lisciano solo il pelo ai no vax e minano la fiducia tra il cittadino e il medico. L’obbligo vaccinale ha funzionato e sta funzionando». Critico anche il presidente di Noi Moderati, Maurizio Lupi, che attacca l’emendamento definendolo «una sciocchezza». Intanto, la Lega ha presentato un emendamento anche su un’altra questione di particolare attualità, il Fascicolo sanitario elettronico. «Ci sono stati rilievi del Garante della privacy», ricorda il senatore ed «effettivamente in molti casi si tende ad usare una certa leggerezza nell’uso dei dati sanitari. È evidente che il Fse può avere implicazioni molto positive ma c’è anche l’aspetto che molti cittadini si sentono schedati e pensano che non sia il caso di condividere i loro dati nelle forme che al momento sono sicure ma che tante volte abbiamo visto poi non esserlo». Tra gli altri emendamenti presentati dalla maggioranza al Ddl che inizia il suo iter parlamentare, spiccano, alla luce della nuova legge sull’autonomia differenziata, la possibilità, per le Regioni, di decidere autonomamente il fabbisogno di specializzandi e di trattenere in servizio, su base volontaria, personale sanitario fino a 70 anni. Per ridurre gli accessi al ponto soccorso, c’è inoltre la proposta di istituire un Fondo per incentivare l’acquisto, da parte dei medici di famiglia e dei pediatri, di servizi o soluzioni digitali per la gestione dei pazienti con telemedicina e televisita, così come l’istituzione di una Rete di medicina territoriale «Salute globale» (One Health).
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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