2025-12-02
Tutti uniti su Mediobanca? Bella scoperta
Rocca Salimbeni, sede del Monte dei Paschi di Siena (Ansa)
I magistrati sostengono che chi ha conquistato l’istituto si è messo d’accordo su cosa fare. Ma questo era sotto gli occhi di tutti, senza bisogno di intercettazioni. E se anche il governo avesse fatto il tifo, nulla cambierebbe: neanche un euro pubblico è stato speso.Ma davvero qualcuno immaginava che il gruppo Caltagirone, quello fondato da Leonardo Del Vecchio e alla cui guida oggi c’è Francesco Milleri, uniti al Monte dei Paschi di Siena di cui è amministratore Luigi Lovaglio, non si fossero mossi di concerto per conquistare Mediobanca? Sì, certo, spiare dal buco della serratura, ovvero leggere i messaggi che i vertici di società quotate si sono scambiati nei mesi scorsi, è molto divertente. Anche perché come in qualsiasi conversazione privata ci sono giudizi tranchant, alcuni dei quali sono molto gustosi. Ma a prescindere dallo scoprire che cosa si dicono banchieri e finanzieri quando pensano di essere al riparo da orecchie indiscrete, e quali definizioni danno dei propri concorrenti, quello che abbiamo letto in questi giorni non è per nulla sconvolgente. Si sapeva, come ha onestamente ammesso Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 ore. E chi non lo sapeva lo poteva immaginare. La battaglia attorno a Mediobanca è iniziata tanto tempo fa, quando il fondatore di Luxottica si vide rifiutare da Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, la generosa offerta di 500 milioni per gli ospedali Ieo e Monzino. La donazione doveva servire a costruire un polo di eccellenza della salute, trasformando l’istituto oncologico e quello cardiologico nei numeri uno del settore. Ma l’arroganza dell’erede di Enrico Cuccia era tale che neppure si accorse che lo sgarbo avrebbe rappresentato la sua fine al vertice di piazzetta Cuccia. Così Leonardo Del Vecchio cominciò a comprare le azioni della banca d’affari, arrivando quattro anni fa a ridosso del 20%. Se non ci fosse stata la Bce a fermarlo, con la scusa che un industriale non poteva scalare un istituto finanziario, probabilmente il patron di Luxottica si sarebbe comprato la maggioranza di Mediobanca. Sta di fatto che lo stop coincise con gli interessi manifestati da un altro imprenditore, ovvero Francesco Gaetano Caltagirone, non già verso l’ex creatura di Cuccia, ma per il Leone di Trieste, che dalla banca milanese è da sempre in qualche modo controllato. Generali, la più grande compagnia di assicurazione italiana, boccone prelibato della finanza con il suo portafogli di polizze, titoli di Stato e investimenti immobiliari. Anche qui però c’era il problema Nagel, che nonostante sia Caltagirone che Del Vecchio fossero azionisti importanti, non voleva influenze esterne. Ci vuole poco a capire che tra il gruppo romano e quello milanese ci fu sintonia. Entrambi avevano lo stesso obiettivo: contare di più, in banca e, soprattutto, nel grande gruppo assicurativo. E per raggiungere lo scopo Nagel era d’ostacolo. Ma per ottenere il risultato voluto c’era anche il problema delle competenze bancarie richieste dalla Bce. Ed ecco quindi spuntare Mps, banca pubblica da privatizzare dopo un salvataggio complicato dovuto alla pessima gestione dei compagni (il Monte negli anni passati era la cassa continua dei vertici della sinistra). All’inizio si era pensato di offrire in dote l’istituto toscano a Unicredit, ma l’amministratore Andrea Orcel aveva gentilmente declinato. Così, da banca da offrire in dote, Mps si è trasformata in istituto pronto a prendersi una rivincita. Da possibile preda a cacciatore: ma quando mise nel mirino Mediobanca nessuno prestò grande attenzione, convinti che la scalata a quella che era considerata la regina della finanza sarebbe stata impossibile. E invece eccoci a poche settimane fa, quando l’86% degli azionisti dell’istituto di piazzetta Cuccia ha aderito all’offerta di Lovaglio sostenuta da Caltagirone e Milleri.Ora ci dicono che tra i tre c’è stato un concerto. Beh, buon risveglio nel mondo reale. Era ovvio che il gruppo romano e quello degli occhiali, insieme a Mps, non si erano mossi a caso. Era evidente, anche senza intercettazioni, che l’obiettivo era comune, prova ne sia che De Bortoli di fronte alle indagini della procura ha commentato con un «nulla che non si sapesse». La scalata di Caltagirone e Milleri è stata fatta per interposta banca? Sì. E allora? A questo punto si può riavvolgere il film e ritornare all’inizio come se non fosse successo niente? No. Al massimo qualche azionista contesterà ai protagonisti la mancata Opa obbligatoria, sostenendo di aver subito un danno. Vedremo. Ma ai fini del risultato non cambia nulla.Si obietta che il governo ha tifato per gli scalatori? E nel caso fosse vero, che cosa cambierebbe? Forse Fassino non tifava per la scalata di Unipol alla Bnl? Forse D’Alema non coltivava interessi in Mps e nella Banca del Salento? Forse Prodi non mise lo zampino nelle privatizzazioni bancarie del passato? Nel caso Mediobanca-Generali almeno non si sono sprecati soldi pubblici, perché il denaro lo hanno messo gli imprenditori che hanno creduto nel progetto. Quanto al resto, c’è ancora da chiedersi perché Nagel rifiutò un regalo da 500 milioni gentilmente offerti da un benefattore che poi li girò all’ospedale del Bambin Gesù di Roma. Ah, dimenticavo: anche l’ex amministratore di Mediobanca ha venduto un po’ di azioni proprie a Mps, confidando in un affare milionario.
L'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone (Ansa)
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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