2025-12-02
Ora lo dicono tutti: «Il Quirinale dirige il Pd»
Per «Il Foglio» a Montepulciano i dem si son ricompattati dietro a Schlein. Con la regia di Mattarella, vero leader dell’opposizione. Al di là di quale sia la vera strategia del presidente, il piano anti Meloni è alla luce del sole. Se lo scriviamo noi però è «eversione».La brezza della Valdichiana porta un dolce retroscena: Sergio Mattarella è considerato il vero leader del Pd. Lo sussurra, lo dice, ne è certo il corpaccione rosso riunito per confrontarsi (e consolarsi) a Montepulciano sotto una tensostruttura enorme e gelida, dove i colonnelli della sinistra socialista e cattodem - Andrea Orlando, Dario Franceschini, Nicola Zingaretti, Roberto Speranza, Peppe Provenzano con correnti al seguito - sguainano le spade e ne congiungono le punte per cementare la fedeltà a madamigella Elly Schlein. Non è un congressino, che la segretaria aborre. Non è un’assemblea di partito, che si terrà quando si terrà (a metà dicembre, a gennaio, mai). Sarebbe una convention per ribadire consonanze, pure dal titolo ambiguo: «Costruire l’alternativa». A Giorgia Meloni o a lei?Dopo la bocciatura di Romano Prodi («Il Pd ha smarrito l’identità ulivista»), di Paolo Gentiloni («L’opposizione non è pronta a governare») e soprattutto del consigliere del Quirinale Francesco Garofani («il provvidenziale scossone», «trovare qualcuno che batta il centrodestra») qualche legittimo dubbio era sorto anche senza il bicchiere di vino nobile di Montepulciano sulla tovaglia. Il Correntone risponde apparentemente compatto: «La prossima candidata premier sarà la segretaria, questa è l’unica soluzione naturale». Obiettivo: «Arrivare al grande pareggio», quello al Senato che innescherebbe l’inciucio, l’ammucchiata, il governo tecnico. E poi eviterebbe, come sintetizza tachipirina Speranza, «l’elezione di un post fascista al Quirinale».Non c’è colonnello con lo spadone che nel suo intervento tralasci di ricordare come il caro presidente sia stato attaccato e offeso dalla destra. Non c’è militante che non stringa i denti, indignato al ricordo dello scempio da cancel culture. Così, prendendo la parola, Schlein sottolinea con ardore che sconfina nella commozione: «Ringrazio la guida sapiente di Mattarella». Il capo dello Stato aleggia, pervade, è apparizione scomparente e non smentisce. Lo scrive Il Foglio in un divertente articolo: «Da quando è segretaria, Schlein non ha mai incontrato il presidente. Ora anche lei lo chiama babbo Mattarella e sono raffiche di “non permetteremo alla destra di offenderlo”». Elly ha colto le recondite armonie, ha capito come dicono a Bergamo che «dopo tre fette devi accorgerti se è polenta». Chi si chiede se stia blandendo Mattarella o tirandolo per la giacca è fuori strada. Sotto il tendone dov’è acquartierato il Correntone non c’è nulla di più granitico che la certezza di avere un alleato, ma che dico un protettore, ma che dico un nume tutelare, lassù. Il reportage di Carmelo Caruso dalle colline senesi si conclude così: «Con franchezza, le andrebbe detto: tifano lei ma solo per non guardare l’Italia con Meloni al Quirinale. Schlein esce vittoriosa, ma sicuri? Ha il Correntissimo e anche Bonaccini farà parte della maggioranza Schlein, ma non è lei il comandante. Si lasci aiutare. A Montepulciano hanno eletto il loro Ferruccio Parri. Non è Schlein, è Mattarella». È un’annotazione puntuale, è una legittima deduzione che deriva dalla conoscenza della bottega e del retrobottega della politica. E non sarà mai «eversione», parola appiccicata agli articoli della Verità che rivelavano le frasi dal sen fuggite a Garofani, il consigliere con l’elmetto. La centralità del Quirinale nell’interpretare le sensibilità dell’area progressista è perfino scontata, se non altro perché ogni presidente ha un passato in un partito, in una coalizione che lo ha espresso e lo ha eletto. Senza scomodare il ribaltone di Oscar Luigi Scalfaro per interposto Umberto Bossi a Silvio Berlusconi o il siluro di Giorgio Napolitano per interposta frau Merkel sempre al Cavaliere elettrico.Ringraziando «la guida sapiente di Mattarella», Schlein spera nello scampato pericolo, tenta di garantirsi il futuro dopo la notte dei garofani. E anche questo è un segnale per dire che lassù c’è movimento. Ne aveva parlato il Domani sottolineando che il vero complotto era contro la segretaria. «Da quando c’è lei al comando il Pd non è più il partito del Quirinale», «La sfiducia che il consigliere quirinalizio ha espresso su Schlein era l’esemplare che mancava nella variegata collezione di critiche acide e garbati consigli sul fatto che oggi il progetto progressista è vago e poco credibile». Le teorie del complotto sono come i nodi, prima o poi vengono al pettine. Ed è curioso notare come buona parte dell’informazione impegnata due settimane fa a cannoneggiare alzo zero chi aveva scoperchiato il Garofani gate da trattoria, oggi sia perfettamente a conoscenza che il Quirinale non si limiti a essere un algido e notarile arbitro che manzonianamente «s’assise in mezzo a lor». Basta non chiamarlo complotto. Per i piddini in conclave è un comune sentire, per il sistema mediatico è «un’attenzione democratica». Se sei di sinistra, al partito del Quirinale «è obbligatorio iscriversi volontariamente», come accadeva nella Germania Est. A Montepulciano anche gli astemi del Pd sono al limite del ridicolo? Si attendono smentite.
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