2025-01-14
La stangata Usa al petrolio russo lascia a bocca asciutta Cina e India
Una petroliera russa in navigazione (Getty Images)
Le sanzioni volute da Biden a fine mandato bloccano un quarto della flotta ombra dello zar. E innescano la corsa al mercato regolare. Il Cremlino conferma: «C’è la volontà politica di un incontro The Donald-Putin».Venerdì 10 gennaio il governo americano ha deciso di applicare un nuovo round di sanzioni sul petrolio russo, che non mancheranno di farsi sentire sui prezzi, almeno nel breve termine. Con un piede già fuori dalla Casa Bianca, il presidente uscente Joe Biden, con un atto dell’Office of foreign assets control (Ofac), che fa parte del Dipartimento del Tesoro americano, ha deciso di sanzionare due compagnie russe, la Surgutneftegas e Gazprom Neft, oltre a una ventina di aziende loro sussidiarie. Inoltre, ha sanzionato un elenco di 183 navi, in gran parte petroliere che fanno parte della cosiddetta flotta ombra (shadow fleet) e petroliere di proprietà di operatori di flotte con sede in Russia. Inoltre, l’Ofac ha sanzionato due fornitori di assicurazioni marittime, alcuni trader, diverse aziende che forniscono servizi per la produzione di petrolio e una serie di persone fisiche (funzionari del settore petrolifero). Si tratta di un ventaglio particolarmente robusto di sanzioni, come sinora non si era visto. Queste hanno l’effetto di bloccare di fatto le attività di esportazione del petrolio russo. Almeno fino a che i russi troveranno delle alternative per aggirare anche questo blocco.Trattandosi di un mercato parallelo non ufficiale, è difficile avere un’idea chiara delle quantità e dei prezzi del petrolio russo circolato nel 2024, ma le stime concordano nell’individuare in circa 600 le petroliere che fanno parte della flotta ombra russa. Con le nuove sanzioni, circa un quarto della flotta ombra verrebbe bloccata, il che significa che verrebbero a mancare dall’offerta mondiale circa 700.000 barili di petrolio al giorno, forse anche un milione di barili al giorno. Si tratta di un ammanco non particolarmente preoccupante che nel giro di qualche mese può essere assorbito dalla maggiore produzione, ad esempio, dell’Opec. Proprio il cartello dei Paesi produttori negli ultimi due anni ha faticato a limitare la propria produzione per sostenere i prezzi, mentre la domanda di petrolio restava stabile e gli Stati Uniti facevano crescere la produzione. Questo è uno dei motivi per cui le sanzioni arrivano adesso: «Non ci consideriamo più vincolati dalla scarsa offerta sui mercati globali come lo eravamo quando è stato svelato il meccanismo del tetto massimo dei prezzi», ha detto Geoffrey Pyatt, assistente segretario statunitense per le risorse energetiche presso il Dipartimento di Stato. Stati Uniti, Canada e altri Paesi produrranno di più quest’anno e dunque, secondo Washington, l’impatto sui prezzi sarà limitato. Vi è anche un aspetto di politica interna: finita la campagna elettorale, Biden non teme più i rialzi del prezzo della benzina.Circa la metà del petrolio russo trasportato nel 2024 dalle navi appena sanzionate era finito in Cina (300 milioni di barili), mentre il resto era andato per la gran parte in India. Dati confermati, grosso modo, dai trader cinesi. Già nel mese di dicembre Cina (che acquista greggio russo di qualità Espo Blend) e India (che compra petrolio Urals) avevano aumentato gli ordini di greggio dal Medio Oriente, contribuendo a far salire i prezzi di riferimento del petrolio di Dubai. Oltre a influire sui prezzi nel breve termine, le nuove sanzioni cambiano la situazione del mercato mondiale dell’approvvigionamento, con Cina e India costrette a ridurre l’import dalla Russia e dall’Iran. I due grandi Paesi asiatici erano diventati il mercato di sbocco preferenziale per il greggio russo dopo le sanzioni del G7 di due anni fa. La Cina non intende esacerbare le tensioni con gli Usa e già nei giorni scorsi ha vietato l’attracco nei propri porti delle petroliere che trasportano greggio iraniano, sanzionato dagli Usa. Se decidesse di applicare lo stesso criterio, la Cina dovrà comprare greggio mediorientale o africano, che costerà di più rispetto al super scontato greggio russo che sfuggiva al price cap imposto dal G7. Per i Brics si tratta di una frattura interna di non poco conto. Le nuove sanzioni sono anche uno strumento negoziale molto potente nelle mani di Trump, che può negoziare sui fronti caldi (Cina, Russia, Iran) partendo da una posizione di forza.Saliranno anche i costi dei noli delle petroliere: la corsa al traffico «regolare» di petrolio renderà le petroliere regolari più ricercate, facendone salire il costo. Il rischio di un rallentamento della produzione russa esiste, e questo cambierebbe gli scenari. L’Opec vedrebbe rilassare le tensioni interne, visto che molti Paesi del cartello spingono per aumentare la produzione. La Cina e l’India sarebbero costrette a rivolgersi ai mercati regolari, alimentando (direttamente o indirettamente) la spinta di Donald Trump alla produzione statunitense.Intanto, a proposito di Trump, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto ieri che «non ci sono preparativi concreti» in corso per un incontro tra il presidente eletto americano e Vladimir Putin, ma c’è «una dichiarata comprensione e volontà politica, perché tali contatti sarebbero molto, molto necessari e auspicabili. Esamineremo ulteriormente dopo che l’amministrazione a Washington sarà cambiata». Il tema è naturalmente quello della guerra in Ucraina. Michael Waltz, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente eletto degli Stati Uniti, ha affermato ieri che è probabile una telefonata Trump-Putin «nei prossimi giorni o nelle prossime settimane. Sarebbe un passo, ci muoveremo da lì», ha spiegato Waltz in un’intervista.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)