
Appello degli intellettuali di sinistra per la mordacchia Lgbt. Un libro svela che il loro maestro aveva opinioni molto diverse.Saremo pure entrati, come qualcuno sostiene, in una nuova era di pace e prosperità. Ma a quanto pare i vizietti degli intellettuali italiani sono sempre gli stessi. Non passano mai di moda, ad esempio, l'abitudine a firmare petizioni e la disponibilità a intestarsi ogni battaglia ideologica a disposizione. Ecco allora che un bel gruppetto di illustri pensatori ha deciso di mobilitarsi per chiedere «l'approvazione definitiva della legge Zan». In questi giorni la grande preoccupazione delle associazioni Lgbt è che, con il governo Draghi, il bavaglio arcobaleno già approvato alla Camera venga sepolto al Senato. Per questo motivo la filosofa Nicla Vassallo ha deciso di pubblicare su Change.org un accorato appello a cui, sembra, hanno già aderito tra gli altri Massimo Cacciari, Eva Cantarella, Lella Costa, Carla Signoris, Michela Marzano, Massimo Donà, Umberto Curi, Nadia Urbinati, Marzio Barbagli, Giacomo Marramao… Insomma, accademici molto noti, e parecchio presenti sui giornali. Non sorprende che la gran parte dell'intellighenzia italica si schieri «dalla parte giusta» (cioè quella imposta dal pensiero dominante). Inquieta un poco di più l'idea che nelle nostre università certe idee in materia di gender stiano diventando (o siano già) prevalenti. Non sono molti gli studiosi capaci di prendere altre e più coraggiose strade. Uno di questi è Alessio Musio, docente di Filosofia morale all'Università Cattolica e autore di un libro in uscita per Vita e pensiero: Baby boom. Critica della maternità surrogata. Il tema dell'utero in affitto è legato a doppio filo al ddl Zan. Se la mordacchia Lgbt dovesse diventare legge, risulterebbe piuttosto difficile mostrare posizioni critiche nei confronti della maternità surrogata e delle associazioni gay che la pretendono. Già oggi, nel migliore dei casi, si viene accusati di omofobia. In futuro si potrebbero rischiare sanzioni non piccole. La riflessione di Musio è molto ampia e approfondita. Esamina la questione sotto tutti i punti di vista. La sua non è soltanto una critica filosofica, è anche una notevole operazione informativa. Lo studioso fa chiarezza su che cosa sia davvero la maternità surrogata, e spiega nel dettaglio perché essa rischi di mettere a rischio «la stessa condizione umana». Tra i numerosi elementi che rendono interessante il suo saggio c'è un richiamo inaspettato. Un passaggio che, meglio di mille dotte argomentazioni, mostra che cosa sia avvenuto alla sinistra occidentale negli ultimi decenni. Musio cita alcuni articoli di Antonio Gramsci, pubblicati su L'Avanti! nel 1918, che risultano di straordinaria attualità. Nello scritto intitolato I surrogati, il pensatore comunista affrontare la tendenza della scienza contemporanea a debordare, a segnare, come scrive Musio, «una presa sulla realtà sempre più ampia e inarrestabile». Si chiede Gramsci: «Che cosa c'è ancora di autentico a questo mondo? Ci hanno abituato ai surrogati di pane, di caffè, di scarpe, di lane, di farina, di combustibili». Sono passati cent'anni, e dai surrogati di pane e latte siamo arrivati al surrogato di maternità. Gramsci aveva perfettamente intuito che sarebbe finita così. Musio cita un altro articolo, intitolato Merce, in cui il filosofo comunista pare descrivere la realtà odierna. Sentite Gramsci: «Una nuova strada commerciale aperta all'attività esploratrice dell'iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l'organo della maternità? Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l'eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. Vendono già ora le bionde capigliature per le teste calve delle cocottes che prendono marito e vogliono entrare nella buona società. Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto. I figli nati dopo un innesto? Strani mostri biologici, creature di una nuova razza, merce anch'essi, prodotto genuino dell'azienda dei surrogati umani, necessari per tramandare la stirpe dei pizzicagnoli arricchiti. […] La vita, tutta la vita, non solo l'attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell'attività, si distacca dall'anima, e diventa merce da baratto; è il destino di Mida, dalle mani fatate, simbolo del capitalismo moderno». In questo brano, Gramsci anticipa l'intera riflessione biopolitica. Certo, utilizza toni piuttosto ruvidi (i bambini nati da utero in affitto non sono certo mostri: è mostruosa la pratica che li fa venire alla luce), però comprende perfettamente quale sia la tendenza del capitalismo. Intuisce che, in un sistema interamente basato «sulla legge del profitto e della perdita» anche la vita umana diventa oggetto di commercio, un prodotto come tutti gli altri. La maternità surrogata - oggi ne abbiamo le prove - non è un esercizio di libertà o un diritto. E' una forma di privatizzazione della vita, la sostituzione dell'amore gratuito con lo scambio interessato, il trionfo della logica economica sulle relazioni umane. Scrive giustamente Alessio Musio a questo proposito: «È certo che il bio-business della maternità surrogata abbia confermato la forza delle intuizioni gramsciane, quando esse immaginavano che l'egoismo umano avrebbe trasformato senza alcuna esitazione, incontrando la tecnica e il capitalismo, i figli nell'ossimorica “merce" del “prodotto genuino dell'azienda dei surrogati umani"». Potendo osservare come la realtà abbia confermato le idee gramsciane, risulta ancora più incredibile la mutazione genetica della sinistra. Uno dei pensatori di riferimento del mondo comunista e progressista aveva compreso perfettamente che il capitalismo si sarebbe insinuato fin sotto la pelle degli esseri umani. Eppure, oggi, i più strenui sostenitori della maternità surrogata sono proprio i progressisti, che si sono totalmente sottomessi a quel che una volta si chiamava «Capitale». Di più: sono talmente proni al neoliberismo da essere pronti a firmare petizioni per chiedere, tramite il ddl Zan, la cancellazione di ogni opinione contraria al pensiero dominante. Probabilmente, gli stimati pensatori di sinistra oggi sarebbero disposti a censurare pure Gramsci accusandolo di omofobia.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





