
Lo stop alle sanzioni riaccende la smania di gogna per i renitenti. Ronzulli: «Inaccettabile». Berizzi: «Ditelo a chi avete contagiato».Un minimo di civiltà è stato ripristinato: le multe a chi non ha rispettato i ricatti vaccinali sono state cancellate. È un gesto sacrosanto, e non si poteva fare altrimenti. Non soltanto perché il governo lo aveva promesso, ma soprattutto perché in questo modo si rimedia almeno in piccola parte a una delle più clamorose ingiustizie del Dopoguerra, una delle pagine più vergognose della storia italiana. Purtroppo, l’opera non è completa, manca ancora un passaggio non secondario. La cancellazione delle sanzioni - a differenza di quanto sembrava sulle prime e di quanto abbiamo scritto ieri - vale soltanto per coloro che non hanno pagato. Per ora, infatti, non sono previsti rimborsi per quanti invece hanno versato l’umiliante obolo. È una mancanza che andrebbe sanata, questa. Intanto per rispetto dell’equità: non si può punire chi nonostante tutto si è dimostrato rispettoso nei riguardi dello Stato che lo vessava. E poi bisogna che l’onta sia eliminata del tutto. Al di là della questione economica e pratica, infatti, ve n’è una - come dire - simbolica. Dello schifo non deve rimanere traccia, e almeno laddove è possibile occorre provvedere a raddrizzare ogni torto. Detto questo e dato a Cesare quel che è di Cesare, non si può non rimanere sgomenti (benché non sorpresi) di fronte allo spettacolo raccapricciante che ieri hanno offerto una bella fetta dei politici italiani, ovviamente supportati dalla sempre fedele combriccola delle virostar in astinenza da video. Mentre il governo in qualche modo cerca di sanare una ferita purulenta che avvelena ancora questa nazione, la muta dei servi del Covid non cessa di latrare. Sconfitti dalla storia, dalla scienza, dalla logica e persino dalle elezioni, i poverini insistono a invocare la gogna, a bramare lo spargimento di sangue nemmeno troppo metaforico. Immancabile, Roberto Burioni - non pago degli insulti e dell’odio che ha riversato negli anni della pandemia - ha dovuto ribadire la sua inesistente superiorità: «Multe tolte ai novax: i vaccini fino a omicron erano efficaci nel prevenire l’infezione, quindi chi ha scelto di rifiutare un vaccino sicuro ed efficace ha messo in pericolo la sua salute e quella degli altri», ha scritto. «Questi i fatti inconfutabili. Il resto è politica, ma quella peggiore». Non vale nemmeno la pena di commentare le sue affermazioni su che cosa sia inconfutabile e cosa no, ne ha dette troppe il nostro castigatore di somari. Di fronte a uscite di questo genere, non si può fare altro che restare allibiti per la quantità di astio che certuni riescono a diffondere. Non si rendono conto di quanto male abbia fatto all’Italia (e alla scienza e alla medicina) la loro ostinazione immotivata, di quanto ancora provochi danni il loro rifiuto di rielaborare il passato. No, loro tirano dritto, della caccia all’untore non hanno avuto abbastanza. Maria Elena Boschi, ad esempio, sostiene che «togliere le multe ai no vax non è solo un insulto a milioni di italiani che hanno rispettato le regole ma una grave offesa agli operatori sanitari e a tutte le vittime del Covid». Secondo la renziana, «il governo Meloni per qualche voto in più umilia i cittadini perbene e la memoria di chi non c’è più». Per Nino Cartabellotta di Gimbe siamo di fronte a «un condono raccattavoti diseducativo e irrispettoso». Il presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, è appena più raffinato: «La vicenda della sospensione del pagamento delle multe per i no vax ci conferma una verità che conosciamo da tempo: per questo governo fare i furbi, non rispettare le regole, non pagare le tasse è una virtù. Vale per il concordato fiscale», insiste Boccia, «e guai a sollecitare a fare il proprio dovere, magari con una lettera che ricorda gli obblighi da rispettare, perché magari qualcuno si offende, vale per le multe no vax. Il motto del governo Meloni è chiaro: se fai il furbo sei premiato, se sei responsabile paghi». Come se per i clamorosi errori commessi durante la pandemia, per le bugie raccontate e per la segregazione imposta avesse invece pagato qualcuno. I responsabili del disastro sanitario hanno forse fatto mea culpa? Hanno ammesso almeno messo sbaglio? Non sembra. E perché poi i non vaccinati sarebbero irresponsabili? Perché hanno rivendicato diritti sul proprio corpo e su quello dei loro figli?«Di fronte alla pandemia che ci ha travolti tutti, la violazione delle norme sanitarie da parte dei no vax è stata uno schiaffo alle leggi dello Stato e, ancor peggio, un pericolo per la popolazione, soprattutto quella più fragile, esposta al rischio di contagio da chi, per motivi ideologici e antiscientifici, ha rifiutato il vaccino», ha dichiarato invece Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, che rincara la dose: «Se quindi era già profondamente sbagliato continuare a prorogare la sospensione del pagamento delle multe, cancellarle è inaccettabile e significa far finta di dimenticare cos’ha rappresentato il Covid per l’Italia. Quella dei no vax era tutt’altro che una battaglia di libertà e spero che durante la discussione del Milleproroghe nelle aule parlamentari, la maggioranza se ne ricordi, tornando sui suoi passi».Ecco, questo è il livello a cui ancora ci troviamo. Non contano gli studi, non contano i dati emersi in tutto il mondo. Non contano neppure i ripensamenti dei Paesi che pensano addirittura - come abbiamo raccontato ieri - a sospendere le inoculazioni. Conta soltanto la realtà artificiale costruita negli anni del Covid che ancora non si riesce a scalfire, anche perché i propagandisti in servizio permanente, pur avendo perso smalto, continuano a imperversare. Ripetono le stesse frasi trite e false, grondano retorica e non riescono a dismettere la divisa da collaborazionisti dell’unico regime realmente operante dalla meta del Novecento a oggi. Chissà, probabilmente se la sentono bene addosso. Prendete Paolo Berizzi, uno che vive nell’ossessione del ritorno del fascismo. Ieri scriveva: «Tranquilli novax, abbiamo scherzato. Il governo amico tutto condona. Adesso c’è solo da trovare la faccia per dirlo ai parenti di quelli che avete contagiato e che non ci sono più, ai fragili, ai medici, agli infermieri, a chi ha lottato per anni contro il Covid. Anche per voi». Tante mistificazioni in un solo post sono difficili da concentrare, ma Berizzi ce l’ha fatta, il tutto senza rendersi conto di aver adottato i toni e i modi dell’autoritarismo che dice da anni di voler combattere. È del tutto evidente che questa nazione sia ancora in preda al delirio sanitario. Forse non ne uscirà mai, ma qualche tentativo di cura si potrebbe anche fare. E poiché la commissione d’inchiesta Covid non è una medicina sufficiente, è il caso che il ministro Orazio Schillaci tenga fede alla sua promessa di mettere in piedi un comitato scientifico che stili finalmente un bilancio di quanto accaduto durante la pandemia. Serve un organismo di questo genere, che metta nero su bianco le certezze che abbiamo sulla malattia e smentisca - dopo ampio e serio confronto - le troppe balle che ancora circolano. È l’unica via che resta da battere. Altrimenti resteranno i latrati dei rabbiosi persecutori di no vax.
Marco Minniti (Ansa)
L’ex ministro: «Teniamo d’occhio la Cina su Taiwan. Roma deve rinsaldare i rapporti Usa-Europa e dialogare col Sud del mondo».
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana affronta il tema dell’energia partendo dalle concessioni idroelettriche. «Abbiamo posto fin da subito una condizione: una quota di energia deve essere destinata ai territori. Chi ospita dighe e centrali subisce disturbi e vincoli, è giusto che in cambio riceva benefici. Per questo prevediamo che una parte della produzione venga consegnata agli enti pubblici, da utilizzare per case di riposo, scuole, edifici comunali. È un modo per restituire qualcosa alle comunità».
Investimenti e controlli sulle concessioni. Belpietro incalza: quali investimenti saranno richiesti ai gestori? Fontana risponde: «Non solo manutenzione ordinaria, ma anche efficientamento. Oggi è possibile aumentare la produzione del 10-15% con nuove tecnologie. Dobbiamo evitare che si ripeta quello che è successo con le autostrade: concessioni date senza controlli e manutenzioni non rispettate. Per l’idroelettrico serve invece una vigilanza serrata, con obblighi precisi e verifiche puntuali. La gestione è più territoriale e diretta, ed è più semplice accorgersi se qualcosa non funziona».
Microcentrali e ostacoli ambientali. Sulla possibilità di nuove centrali idroelettriche, anche di piccola scala, il governatore è scettico: «In Svizzera realizzano microcentrali grandi come un container, che garantiscono energia a interi paesi. In Italia, invece, ogni progetto incontra l’opposizione degli ambientalisti. Anche piccole opere, che non avrebbero impatto significativo, vengono bloccate con motivazioni paradossali. Mi è capitato di vedere un’azienda agricola che voleva sfruttare un torrente: le è stato negato il permesso perché avrebbe potuto alterare di pochi gradi la temperatura dell’acqua. Così diventa impossibile innovare».
Fotovoltaico: rischi per l’agricoltura. Il presidente spiega poi i limiti del fotovoltaico in Lombardia: «Noi dobbiamo produrre una quota di energia pulita, ma qui le ore di sole sono meno che al Sud. Per rispettare i target europei dovremmo coprire 20 mila ettari di territorio con pannelli solari: un rischio enorme per l’agricoltura. Già si diffonde la voce che convenga affittare i terreni per il fotovoltaico invece che coltivarli. Ma così perdiamo produzione agricola e mettiamo a rischio interi settori».
Fontana racconta anche un episodio recente: «In provincia di Varese è stata presentata una richiesta per coprire 150 ettari di terreno agricolo con pannelli. Eppure noi avevamo chiesto che fossero privilegiate aree marginali: a ridosso delle autostrade, terreni abbandonati, non le campagne. Un magistrato ha stabilito che tutte le aree sono idonee, e questo rischia di creare un problema ambientale e sociale enorme». Mix energetico e nuove soluzioni. Per Fontana, la chiave è il mix: «Abbiamo chiesto al Politecnico di Milano di studiare un modello che non si basi solo sul fotovoltaico. Bisogna integrare geotermico, biomasse, biocarburanti, cippato. Ci sono molte fonti alternative che possono contribuire alla produzione pulita. E dobbiamo avere il coraggio di investire anche in quello che in Italia è stato troppo a lungo trascurato: il geotermico».
Il governatore cita una testimonianza ricevuta da un docente universitario: «Negli Stati Uniti interi quartieri sono riscaldati col geotermico. In Italia, invece, non si sviluppa perché – mi è stato detto – ci sono altri interessi che lo frenano. Io credo che il geotermico sia una risorsa pulita e inesauribile. In Lombardia siamo pronti a promuoverne l’uso, se il governo nazionale ci darà spazio».
Il nodo nucleare. Fontana non nasconde la sua posizione favorevole: «Credo nel nuovo nucleare. Certo, servono anni e investimenti, ma la tecnologia è molto diversa da quella del passato. Le paure di Chernobyl e Fukushima non sono più attuali: i piccoli reattori modulari sono più sicuri e sostenibili. In Lombardia abbiamo già firmato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica un accordo per sviluppare Dal confronto con Belpietro emerge un filo conduttore: Attilio Fontana chiede di mettere da parte l’ideologia e di affrontare la transizione energetica con pragmatismo. «Idroelettrico, fotovoltaico, geotermico, nucleare: non c’è una sola strada, serve un mix. Ma soprattutto servono regole chiare, benefici per i territori e scelte che non mettano a rischio la nostra agricoltura e la nostra economia. Solo così la transizione sarà sostenibile».
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Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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2025-09-15
Pichetto Fratin: «Auto elettriche, l’Ue sbaglia. Così scarica i costi sugli europei»
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Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il ministro dell’Ambiente attacca Bruxelles: «Il vincolo del 2035 è una scelta ideologica, non scientifica». Sul tema bollette, precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti».
Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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