2019-04-10
Per soldi, non per amore. Il triste business dietro l’utero in affitto
Su Panorama da oggi in edicola un'inchiesta racconta le donne che decidono di diventare madri surrogate. Non lo fanno per «donare la vita», ma per denaro.Fateci caso. Quando s'interroga una mamma surrogata sul perché abbia scelto di compiere quel cammino per una coppia di sconosciuti, la risposta è sempre la stessa: «L'ho fatto per amore, altruismo. Perché donare un figlio a chi non può averne è il regalo più grande». Un messaggio standardizzato, simile a quelli preimpostati sui nostri smartphone e che si inviano a Pasqua, Natale o Capodanno per fare gli auguri, e che compare ormai ovunque, dalle pagine dei giornali alle «caption» sui social network con tanto di hashtag #surrogatemother sotto le foto. Quello che troppo spesso ci si dimentica è che a queste donne dall'eccezionale altruismo in realtà vengono pagate cifre piuttosto consistenti per diventare portatrici di un figlio altrui per nove mesi. E che, ancora più spesso, la pratica di affittare l'utero è per loro un vero lavoro per sbarcare il lunario o accantonare risparmi per il futuro dei propri figli. Vi pare impossibile? Provate a iscrivervi a uno dei mille gruppi presenti su Facebook e intitolati «surrogate mother/ip search». O avviate una ricerca tra le «confessions», letteralmente le confessioni che in modo anonimo vengono inviate su Reddit ogni giorno. Vi si aprirà una porta su un mondo parallelo, fatto di difficoltà, sofferenza, sbalzi d'umore continui, di decine di pillole da ingoiare più volte al giorno per stabilizzare gli ormoni, risolvere i problemi o compiacere la coppia per cui si sta lavorando. E soprattutto leggerete come tante di queste donne ammettano candidamente tra di loro che, pur non essendo questo il modo più corretto per mettere al mondo un bambino, sia il più veloce per ottenere un bel po' di soldi. La storia più agghiacciante la racconta Laura Cole, 28 anni, tre volte mamma surrogata. Le prime due, ci spiega Laura in una lunga confessione su Skype, è successo un po' per caso. «Cercavo di fare un po' di soldi per pagarmi il college, niente di diverso da quello che fanno tante ragazze della mia età. Poi alcuni amici mi hanno presentato una coppia che voleva un figlio. Mi hanno offerto 50.000 dollari e così ho accettato» ammette senza mezzi termini. Dopo aver dato alla luce Devin, che oggi ha due anni, Laura è rimasta in contatto con i neogenitori e il bambino ed è divenuta la mamma anche del suo fratellino. Liam, un anno, è nato per necessità di Laura. «Avevo problemi a casa, mio padre si è ammalato e le cure erano costose, così ho parlato con loro e hanno accettato la mia proposta: diventare papà per la seconda volta». Ma se pensate che l'avventura nel mondo della maternità surrogata per Laura si sia concluso, non è così. «Mio padre è in fin di vita e vorrei dargli una degna sepoltura. Ho bisogno nuovamente di soldi e proprio per questo diventerò mamma per un'altra coppia». La storia di Laura è solo uno dei tanti esempi di come il business della maternità surrogata sia ormai incontrollabile. Sul gruppo Facebook «Surrogates and intended parents» è stato creato un file che riporta pagina dopo pagina tutte le spese extra che possono essere richieste, per contratto, alla coppia di futuri genitori. Più voci si selezionano, più ovviamente si guadagna. «Il minimo» consigliano «sono 1.200 dollari al mese». Anche le agenzie che si offrono come intermediari tra la futura mamma surrogata e la coppia alla ricerca di un figlio ammettono che il gesto, molto spesso, è dato dalla necessità della portatrice di pensare a sé stessa e alla propria famiglia. Nel suo blog, il Northwest surrogacy center, con sedi in Colorado, California e Oregon, ospita la testimonianza di una giovane che spiega come «non sarebbe mai diventata una madre surrogata se non ci fosse stato un compenso adeguato». Letteralmente la ragazza, il cui nome non viene rivelato, scrive: «Mi hanno chiesto: “lo faresti gratis?" No. Assolutamente no!». Tra i messaggi online troviamo anche quello di Martin un ragazzo di 24 anni di Portsmouth, nel New Hampshire. L'email choc che ci inoltra inizia così: «Ho costretto la mia fidanzata a diventare la surrogata di una coppia gay. Due anni dopo, è il più grande rimorso della mia vita». Martin, attratto dai 120 mila dollari promessi dalla coppia, nel 2015 ha chiesto alla sua compagna di tentare la strada della surrogazione di maternità per altri. «Si è rifiutata più volte ma quei soldi potevano servirci e l'ho convinta. Con tutte le mie forze» racconta Martin. «Mi ripeteva ogni giorno che mi odiava. E io, ogni giorno, le ricordavo che quei soldi ci avrebbero permesso di vivere bene». Poi arriva il pentimento di Martin. «Due anni dopo ho realizzato e quale mostruosità avevo commesso» ammette. «Non smetterò mai di chiedere perdono perché ho snaturato il suo essere donna e madre per puro egoismo». Ma se pensate che tutto questo avvenga solo Oltreoceano, vi sbagliate. Nel 2016 fece scalpore la storia di una trentenne siciliana disposta ad affittare il proprio utero per poter pagare il mutuo e non perdere la casa di proprietà. Una storia vicina a noi, che mostra come questa pratica «d'amore» non sia altro che la strumentalizzazione delle debolezze di una donna e una forma più simile alla schiavitù che alla libertà.