2021-07-04
«Per la nomina di Turco a Firenze Verdini voleva la crisi di governo»
I presunti retroscena sull'arrivo del magistrato in Toscana nei nuovi verbali di Piero Amara. Che ammette anche di aver costretto Fabrizio Centofanti a fare il «pentito» a PerugiaEravamo stati facili profeti. L'11 giugno avevamo scritto che Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone e presunto corruttore di Luca Palamara, con i suoi verbali di dichiarazioni spontanee riempiti davanti ai pm di Perugia, pareva voler seguire le orme di Piero Amara, il faccendiere «pentito» arrestato per l'ennesima volta lo scorso 8 giugno e subito scarcerato grazie alla nuova infornata di confessioni «esplosive». Adesso Amara ci dà clamorosamente ragione: ammette addirittura di essere il ventriloquo del pierre romano, laddove afferma di aver «costretto Centofanti a pentirsi a Perugia vi sto… vi do questa notizia». In effetti alla data in cui Amara rendeva dichiarazioni a Potenza, ovvero il 10 giugno 2021, nulla si sapeva del «pentimento di Centofanti a Perugia», poiché il deposito dei suoi verbali (dell'1 e del 9 giugno 2021) è stato notificato ai difensori di Palamara & C. alle ore 14,09 del 10 giugno, negli stessi minuti in cui Amara stava concludendo il suo interrogatorio a Potenza, dove si trovava in stato di arresto. Come avrebbe potuto conoscere notizie segrete sulle indagini perugine in corso (dove non è imputato) se non avesse realmente condiviso la decisione di Centofanti di parlare? Insomma misteri che si aggiungono a misteri sul ruolo di Amara quale effettivo «motore» delle indagini perugine.Il 10 giugno il legale indagato ha lanciato strali velenosi anche nei confronti della Procura di Milano, accusata di non aver adeguatamente condotto le investigazioni sulla «Loggia Ungheria», ipotizzando che ciò possa essere conseguenza del «sollecito a Palamara da parte di Greco (Francesco Greco, procuratore di Milano, ndr)» per la nomina a procuratore aggiunto di Laura Pedio. E ha aggiunto che lui, che si definisce «un figlio di puttana siciliano», avrebbe avuto anche questo brutto pensiero: «Ma tu (Greco, ndr) fino a che punto sei sereno nel gestire… tu che sai questa cosa tant'è che poi c'è stato un procedimento al Csm che è stato chiuso in 30 secondi».Altro personaggio su cui dice di aver nutrito sospetti è l'ex pm di Roma Stefano Fava, un suo chiodo fisso, perché è l'unico magistrato che sin dall'inizio non gli ha creduto e che lo voleva arrestare, sequestrandogli l'ingente patrimonio.Amara sostiene di non aver collaborato con la Procura di Roma proprio perché sapeva «del rapporto fortissimo tra Fava e Palamara». Peccato che dalle chat e dagli sms dello stesso ex presidente dell'Anm risulti che il «rapporto fortissimo» Palamara lo avesse con altri magistrati capitolini, i quali, al contrario di Fava, interloquivano con lui per avanzamenti di carriera.Quindi Amara, siccome non poteva pentirsi pienamente a Roma e nemmeno a Milano, avrebbe deciso di farlo a Potenza. «Io», ha spiegato al gip che lo ha fatto arrestare e al procuratore Francesco Curcio, «sono vincolato a dei segreti istruttori di cui non mi può fregare più...». E quindi ha chiesto di potersi fermare, dopo l'interrogatorio di garanzia, per confessarsi con Curcio. Nel giro di poche pagine di verbale la questione si fa subito politica. Spiega l'avvocato siciliano che «all'inizio non c'era Taranto». Ovvero Carlo Maria Capristo prima di arrivare a fare il procuratore nel capoluogo pugliese (faccenda per la quale Amara è stato arrestato a Potenza), «voleva andare a Firenze». Ma qui il candidato di Amara & C. era Leonida Primicerio (attuale procuratore generale a Salerno), che avrebbe avuto come primo sponsor il poliziotto Filippo Paradiso, coindagato di Amara e ancora in cella in Basilicata. Sul punto l'avvocato siciliano tira fuori un aneddoto: «Noi, scusate il termine, dicevamo a Lotti (Luca, ex sottosegretario del governo Renzi, ndr): ma tu a Firenze devi nominare uno che ti... scusi la volgarità... che la domenica ti lava la macchina al parcheggio. Non cercare grandi nomi, perché poi non ti rispondono. E siccome questo Primicerio aveva rapporti straordinari con Paradiso e anche con Genzano, abbiamo indicato nell'interesse dei fiorentini un magistrato che poteva avere questo ruolo». Ma Lotti, nel racconto di Amara, avrebbe detto che Vietti (Michele, ex vicepresidente del Csm) si era «imposto» e che era «riuscito a far nominare Creazzo (Giuseppe, ndr)». La questione, secondo Amara, non premeva solo a Lotti. Ma anche a Denis Verdini. «L'interesse», spiega Amara, «era [...] di mettere delle persone di loro gradimento». E quando Curcio chiede il perché di tanta attenzione per Firenze, Amara riprende a sparare petardi contro i politici toscani, «i fiorentini» come li chiama lui: «Denis Verdini aveva delle pendenze mentre Lotti no. Però, capisce, è la sede che loro gestiscono. Io mi ricordo che quando fu nominato Turco (Luca, procuratore aggiunto a Firenze, ndr), io ho partecipato alla conversazione e Verdini minacciò di fare... Turco è un magistrato che sta a Firenze, credo di Md, che non so come riuscì a passare, e Verdini minacciò la crisi di governo... perché all'epoca si era già formata Ala (la stampella del governo di Matteo Renzi, ndr). Una conversazione con Renzi, con Lotti e con Cosimo Ferri, dicendo: voi non controllate un cazzo, viene questo a casa mia».A un certo punto Amara descrive la filosofia che stava dietro alle nomine degli avvocati da parte di certi clienti. Lo stesso criterio che avrebbe utilizzato il commissario dell'Ilva Enrico Laghi con lui. «Figuriamoci se lui mi ha nominato perché aveva chiesto referenze in giro» ha commentato. «Lui mi nomina perché mi vede a casa […] in buona confidenza con Capristo, e all'epoca così funzionava, procuratore, cioè molto spesso noi cercavamo… anche io l'ho fatto a Potenza… cercavo di nominare, che so? Persone che erano vicine perché erano testimoni di nozze, matrimoni, che… a qualche magistrato». Sembra incredibile, ma mentre diceva queste parole Amara era assistito dall'avvocato Salvino Mondello, che è stato, si legge nel libro Giustiziamara di Enzo Basso, testimone di nozze di Paolo Ielo, il magistrato che per mesi ha indagato su Amara a Roma. Ma da vero faccendiere l'avvocato siracusano non si occupava solo di intrighi giudiziari. Giura di essere testimone di una strana vicenda che riguarderebbe l'ex consigliere del Csm Marco Mancinetti che tramite Palamara si sarebbe rivolto a Centofanti per organizzare un incontro: «Voleva che il figlio, che doveva superare gli esami di Medicina, insomma, voleva i testi, i temi. Temi che, peraltro, si va a prendere la moglie, che è attuale sostituto procuratore generale, e quello, a un certo punto... addirittura gli offre anche dei soldi, e il rettore dice: “No, no, sua eccellenza! Ma ci man... io il favore glielo faccio, i temi glieli do, ma non c'è bisogno"». Una storia che a Milano, secondo Amara, non avrebbero preso sufficientemente sul serio: «Cioè, anche dinanzi a questo Milano è stata... non contestargli quanto meno un'istigazione alla corruzione...».