
Toni da tifoseria del cattolicesimo democratico che si schiera con Sergio Mattarella, invitato a resistere. Dov'è finita la declamata non ingerenza della religione negli affari politici?Padre Antonio Spadaro, direttore della rivista Civiltà cattolica, in una personale e nuova versione di Pietro l'Eremita ha chiamato a raccolta i crociati: Europa vult! Questo governo non s'ha da fare. Domenica con un tweet ha invitato ad ascoltare il discorso del presidente Sergio Mattarella, quello in cui si bocciava politicamente il governo Lega e M5s, aggiungendo che «è tempo di tenere nervi saldi. E di sostenere la nostra #Costituzione». Il cinguettio di tutto il mondo cattolico democratico e progressista ha cantato all'unisono, felice per la scelta di Mattarella e per l'affossamento del governo Conte; e per fortuna che a loro l'ingerenza della religione negli affari politici non piace. Secondo alcune indiscrezioni, non confermate, ci sarebbe stata addirittura una qualche pressione da ambienti vaticani verso Mattarella per resistere e non mollare ai desiderata di Lega e M5s. «Tanta, tanta, tanta vicinanza al presidente della Repubblica in questo momento difficile per le istituzioni», ha twittato Francesco Occhetta, gesuita e firma di punta della rivista diretta da Spadaro. Quello stesso Occhetta che prima del voto del 4 marzo, aveva spiegato la posta in palio tra «la costruzione dell'Europa» e «la chiusura al sovranismo narrato con scelte demagogiche nazionali, doppie monete, aumento del deficit dei Paesi indebitati».Sembra davvero che l'istituzione Europa sia entrata a tutti gli effetti tra i nuovi «principi irrinunciabili» della Chiesa, almeno stando all'elenco fatto dal presidente dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti, che qualche giorno fa ha parlato della irrinunciabilità di «una scelta chiara per l'Europa». Insomma, il cattolico dovrebbe essere naturaliter europeista, in una variante che ovviamente comprenda anche l'adesione più o meno incondizionata alla moneta unica. Come ha ricordato l'economista Alberto Quadrio Curzio, in un intervento di qualche giorno fa in occasione dei 25 anni dell'enciclica Centesimus annus: «No», ha detto l'accademico dei Lincei fra le mura vaticane, non deve esserci «nessuna uscita avventuristica dall'euro». Con toni più militanti si è lasciato andare Leonardo Becchetti, firma di Avvenire e professore a Tor Vergata, che ha esultato: «Goal di Mattarella. Grazie presidente. Se ci saranno prossime elezioni sarà come nel '48 tra chi è con Salvini/ital€xit e chi contro».In questo contesto il presidente Mattarella diventa una specie di unto del Signore posto a guardia dei risparmi del popolo, e monsignor Nunzio Galantino, segretario della Cei, è intervenuto ieri per dichiarare la «vicinanza» al presidente che accompagna «con la preghiera». Anche l'Azione cattolica, per un attimo tradisce la «scelta religiosa» e si schiera con Mattarella difensore dell'Europa e degli italiani. In una nota si dichiara la propria «stima e gratitudine per il presidente» decantandone il ruolo istituzionale, e chiedendo «misura» a tutte le forze politiche. E se il popolo di Dio non capisse? Non c'è problema, spiega lo storico cattolico Alberto Melloni con un tweet. Infatti, dice il professore, «citando Cassese nel 1994 Dossetti diceva che la diffusione dei poteri fra una pluralità di soggetti tutelano dal pericolo “di una dittatura elettiva (quale quella che potrebbero immaginarsi certi sprovveduti membri della maggioranza)"». Peraltro, indicazioni simili nel 2016 erano già arrivate a commento della Brexit da parte di Giorgio Napolitano e Mario Monti, che mettevano in guardia dall'affidare agli elettori temi troppo delicati, come dire che se poi i cittadini votano male finisce che bisogna metterci una pezza.In tutto questo florilegio di apprezzamenti per l'intervento politico di Mattarella sulla proposta del governo Conte, bocciata dichiaratamente per questioni di economia e moneta, la chiesa viene dirottata su posizioni smaccatamente europeiste e quindi asservite a certi meccanismi del sistema economico internazionale. Un entusiasmo che assume toni da tifoseria e che pare dimenticare il passaggio dell'esortazione Evangelii guadium in cui Francesco ricorda che «la moneta deve servire e non governare!». Il Papa in quell'occasione metteva anche in guardia dalla «sacralizzazione» di certi meccanismi economici, quasi come un nuovo idolo. Il paradosso è che i nemici della cosiddetta religione civile, quella che la rivista Civiltà cattolica combatte individuando il suo arcinemico in Steve Bannon, l'ex consigliere di Donald Trump, finiscono a loro volta per divenire dei fondamentalisti dell'opzione politica in chiave religiosa. «La spiritualità», scrivevano Spadaro e Marcelo Figueroa in un celebre saggio contro i fondamentalismi evangelical e cattolici, «non può legarsi a governi o patti militari, perché essa è a servizio di tutti gli uomini. Le religioni non possono considerare alcuni come nemici giurati né altri come amici eterni».Parole profetiche che dopo i recenti fatti italiani richiamano il celebre motto evangelico: Medice cura te ipsum. La scelta di abbandonare i principi non negoziabili a favore di un cattolicesimo spoglio di tutto e diluito nella massa finisce per infrangersi dietro l'opzione schiettamente politica che il cattolicesimo democratico italiano ha abbracciato in queste ore. Un cattolicesimo apertamente tifoso di una parte e che prende in ostaggio la Chiesa, e la porta su posizioni che diventano dogmi senza averne i connotati.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





