2022-10-28
Toh, dopo avere taciuto sui lockdown i pediatri scoprono i danni sui giovani
Il report mostra l’aumento di depressione e disturbi alimentari a causa delle restrizioni. Prevedibile. Ma loro dov’erano quando i ragazzi sono stati privati della scuola in presenza e, se non vaccinati, pure dello sport?Anche la Società italiana di pediatria scopre che il lockdown ha fatto male a bambini e adolescenti. Una revisione della letteratura scientifica condotta dalla Sip e pubblicata sulla rivista scientifica International Journal of environmental research of pubblic health fa emergere problemi mentali, fisici e sessuali correlati all’eccessivo utilizzo dei social, soprattutto durante la pandemia, nei giovani al di sotto dei 18 anni. Report sul disagio, profondo e continuato, vissuto dai ragazzi mentre erano chiusi in casa, tenuti lontano da scuola, frequentazioni sociali, attività sportive, stanno uscendo in molti Paesi, segno di un’attenzione diffusa sebbene tardiva. Gli autori dello studio italiano, che lavorano in reparti e dipartimenti di pediatria di diversi ospedali e centri universitari di Roma, Pistoia, Napoli e Palermo, dopo aver analizzato 68 lavori scientifici condotti dal 2004 al 2022, in 19 (27,9%) di questi hanno riscontrato un’associazione significativa tra depressione e uso dei social; da 15 (22%) sono emersi disturbi alimentari, comportamentali, problemi alla vista e molti altri disagi destinati a perdurare nel tempo; da altri 15, problematiche psicologiche. Durante la pandemia, «gli scolari che hanno aumentato il tempo trascorso su smartphone, social media o giochi hanno vissuto un disagio psicologico significativamente elevato, come sintomi depressivi», riporta lo studio, precisando che nello stato di emergenza «una percentuale del 48% degli adolescenti ha trascorso una media di 5 ore al giorno sui social media, il 12% più di 10 ore». Se l’attività fisica può ridurre la depressione e l’ansia, proteggendo potenzialmente i giovani dall’effetto dannoso di un uso prolungato di Facebook, YouTube, Instagram, Tik Tok o altre piattaforme, di certo questa possibilità è stata negata a milioni di adolescenti che non potevano uscire. O che per fare sport dovevano essere vaccinati contro il Covid. Così, è accaduto che «i bambini che aumentavano di 15 o 30 minuti al giorno il tempo trascorso su Internet, presentavano un alto livello di disagio psicologico», segnala lo studio. Lunghe ore davanti allo schermo, per seguire la didattica a distanza o interagire sui social, con l’industria alimentare che ha intensificato la pubblicità online incentrata sui bambini e la forte presenza pubblicitaria sui social media dei principali marchi di alcolici, hanno aumentato «il rischio e la gravità di abitudini alimentari inadeguate», disordinate, che influiscono sulla salute e sul peso. Ci sono più adolescenti obesi, o con carie dentali, o con disturbi di anoressia per la bassa autostima di fronte agli standard di bellezza proposti sui social network. «Le persone pubblicano le loro foto più lusinghiere e visualizzano quelle degli altri, creando un ambiente online che potrebbe essere dannoso per l’accettazione dell’immagine corporea», avvertono i pediatri. Anche in Germania, dal rapporto sui bambini e sui giovani della compagnia di assicurazione sanitaria Dak Gesundheit e pubblicato sulla Süddeutsche Zeitung, in Baviera rispetto all’anno pre pandemia 2019 il numero dei disturbi d’ansia di nuova diagnosi è aumentato del 45%, dei disturbi emotivi del 30%, la depressione del 25%. Soprattutto tra le giovanissime, nuovi disturbi alimentari come anoressia o bulimia sono cresciuti del 130% dal 2019. La connessione costante, attraverso dispositivi digitali, può potenziare l’ansia in bimbi e ragazzi che «potrebbero preferire interagire con messaggi di testo, messaggistica istantanea e mail», piuttosto che avere relazioni faccia a faccia. Lo studio della Sip evidenzia anche il rischio per i giovani di essere esposti ripetutamente a materiale sessuale indesiderato online, facilmente accessibile anche sulle piattaforme social e che «può rendere difficile per gli adolescenti sviluppare relazioni sessuali sane e mature». Fin qui, le osservazioni dei pediatri in base ai casi raccolti ed esaminati. Certo, si potrebbe dire che con il senno di poi è facile mettere insieme uno spettro così ampio di disagi, accentuati dalle restrizioni imposte durante la pandemia. Ma dov’erano i medici dei bambini quando i piccoli venivano chiusi in casa, senza poter correre all’aria aperta, giocare con i coetanei, frequentare la scuola? Che agli adolescenti faccia male l’uso eccessivo di dispositivi digitali, non è certo una scoperta correlata all’emergenza Covid, eppure quante voci abbiamo sentito alzarsi, per invocare più attenzione da parte degli allora ministri della Salute e dell’Istruzione? Sip e Aoi, l’associazione ospedali pediatrici italiani, il 12 novembre dello scorso anno diffusero un documento congiunto in cui dichiaravano di confidare anche per la fascia pediatrica il «raggiungimento e mantenimento degli alti livelli di copertura vaccinale, quali validi interventi preventivi, finalizzati a scongiurare ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus pandemico sostenute da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità». Non una parola sui rischi che correvano i ragazzi a rimanere segregati. Più forte rimaneva sempre la paura del contagio, tra giovanissimi invece passati pressoché indenni attraverso il Covid. Oggi, è quasi inutile che i pediatri diano conto delle conseguenze dell’isolamento e delle restrizioni sulla salute psicofisica di tanti adolescenti. Dovevano farsi sentire prima.