2024-12-18
Pedaggi bloccati, ma è stangata sulle caldaie
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L’aumento al casello è stato sospeso. Intanto, però, la «casa green» va avanti e fa danni: stop ai contributi per gli impianti a gas, ne godranno solo le pompe di calore. Per i ministri non eletti ci sarà un rimborso spese.Lo speciale contiene due articoliEmendamento dell’ultima ora alla manovra. Proposto dai 5 stelle passa con l’ok della commissione lo stop alle detrazioni per tutti coloro che ristruttureranno casa scegliendo le tradizionali caldaie a gas. Tanto per capirsi le pompe di calore tanto care all’Ue sono arrivate a coprire una quota di mercato del 10% circa, ma solo grazie all’effetto trascinante del Superbonus. Tagliata la grande massa di agevolazioni la curva delle installazioni ha cominciato a declinare anche perché - sulla falsa riga del mercato dell’auto elettrica - gli italiani non sembrano pronti. Il che ci riporta alla motivazione sottostante l’emendamento. Motivazione che si spiega con poche parole: applicare le prime norme della direttiva Ue sulle case green. E la manovra deve essere sembrata l’occasione migliore. D’altronde la teoria e la pratica attorno al green spesso sembrano collidere. Ieri - apprezzabilissimo - il premier Giorgia Meloni ha ribadito la necessità di fermare la stretta di emissioni di CO2 per evitare multe miliardarie al comparto auto e creare ulteriore disoccupazione. Altrettanto apprezzabilmente questo governo sta spingendo sul nucleare di terza e quarta generazione. A tempo stesso gli obblighi Ue sulle rinnovabili non sembrano retrocedere di un passo. Ieri ad esempio la Commissione ha approvato un regime di aiuti allo Stato italiano dalla dotazione stimata di 9,7 miliardi di euro a sostegno della produzione di energia elettrica rinnovabile per promuovere la transizione energetica. Questi soldi sosterranno la costruzione di nuovi impianti di eolico onshore, solare fotovoltaico, che secondo le previsioni immetteranno oltre di 17 Gw di capacità.A stretto giro di posta il commento del titolare del Mase, Gilberto Pichetto Fratin: «Il via libera della Commissione allo schema di decreto che promuove la realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili mature, il cosiddetto Fer X transitorio, è un passo importante verso l’innovazione che serve al Paese nel percorso di transizione. L’Italia ora potrà rafforzare la sua sicurezza energetica, riducendo la dipendenza dall’estero e liberando tutto il potenziale rinnovabile». Senza entrare nei dettagli logistici e tecnologici lo stanziamento dei fondi rientra nel concetto di vincolo interno correlato al nuovo Patto di stabilità. La valutazione degli investimenti da parte dello Stato non è infatti più soltanto quantitativa ma qualitativa. La Commissione entra nel merito e predilige nero su bianco gli investimenti green che spingono verso la transizione. E ciò già sul medio termine creerà un dissidio tra esigenze reali dell’economia e richieste teoriche della politica Ue. Quello che sta succedendo alla Germania in queste settimane con il crollo verticale della capacità e il rialzo strabiliante dei prezzi potrebbe fra pochi anni accadere a noi. La capacità complessiva di Berlino è scesa da 644 Twh a circa 500 in soli sette anni. L’addio al nucleare è ovviamente stato il ko definitivo. Risultato, il governo tedesco deve chiedere energia dalla Francia tanto quanto stiamo facendo noi. Il problema è che Parigi, alle prese con crisi politica e deficit imperante, si troverà dal prossimo anno a mettere in pista un piano di ristrutturazione delle centrali per mantenerle sicure ed efficienti. Se i soldi non bastassero, e l’eventualità è concreta, è facile immaginare che Parigi si concentri soltanto sulle centrali che rispondono al fabbisogno interno. Con un contraccolpo per Germania e Italia. Tutti e due i Paesi dovranno comprendere che l’aumento delle rinnovabili alimenta la dipendenza dall’estero proprio per via dell’impossibilità di gestire gli stoccaggi e stabilizzare i picchi e ribassi di consumi. La stabilità serve alle aziende energivore. Se non cominciamo a gestire i fondi per il nucleare, fra qualche anno sarà troppo tardi e impossibile invertire la rotta. Un po’ come è accaduto in queste ore dentro la manovra nella quale come un cuneo è stato inserito un pezzo di direttiva sulle case green.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pedaggi-bloccati-ma-e-stangata-sulle-caldaie-2670482073.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sospesi-i-rincari-delle-autostrade" data-post-id="2670482073" data-published-at="1734467903" data-use-pagination="False"> Sospesi i rincari delle autostrade Continua l’iter della legge di bilancio. L’obiettivo è che arrivi oggi in Aula, per poi avere il via libera della Camera entro il 20 dicembre, probabilmente con la fiducia. Poi via verso il Senato per il via libera definitivo, che però potrebbe arrivare solo il 28 dicembre, proprio a causa dei ritardi accumulati. Andiamo con ordine. In primis, l’incremento dell’1,8% delle tariffe autostradali previsto per il 2025, in linea con l’indice di inflazione programmato nel piano strutturale di bilancio 2025-2029, viene sospeso. Il governo, infatti, ha espresso parere favorevole al ritiro dell’emendamento. La frenata comporta anche lo stop alla proroga delle concessioni per i gestori il cui piano economico-finanziario (il documento che definisce gli investimenti a giustificazione dei costi applicati agli automobilisti) deve essere approvato entro la fine dell’anno. L’emendamento prevedeva di estendere la scadenza per l’approvazione dei Pef fino al 30 giugno del prossimo anno. Non meno importante il cambio di direzione che riguarda l’equiparazione dei compensi dei ministri e sottosegretari non parlamentari a quelli dei colleghi eletti. Ora, infatti, per i ministri e sottosegretari non parlamentari e non residenti a Roma è previsto solo il «diritto al rimborso delle spese di trasferta per l’espletamento delle proprie funzioni». Presso la presidenza del Consiglio viene istituito un fondo con una dotazione annuale di 500.000 euro a partire dal 2025. Le risorse saranno assegnate alle amministrazioni interessate tramite decreto del presidente del Consiglio, su proposta del Mef. È stato il ministro della Difesa, Guido Crosetto, il primo a chiedere due giorni fa il ritiro dell’emendamento sull’aumento dei compensi. Crosetto ha dichiarato di essere pronto a sostenere il passo indietro per «evitare inutili polemiche». Il sistema del rimborso ricorda quello che spetta ai parlamentari che si devono spostare dal luogo di residenza per andare a Roma. Peccato che i ministri non debbano sottostare ad alcun limite territoriale e per questo il rimborso può virtualmente non avere mai limiti. Non meno importante, poi, il tema delle pensioni. I lavoratori «interamente contributivi» potranno accedere alla pensione anticipata a partire dai 64 anni di età grazie a un «ponte» con la previdenza integrativa. Tuttavia, la soglia dei contributi richiesti aumenterà: dal primo gennaio salirà da 20 a 25 anni, per poi arrivare a 30 anni di versamenti a partire dal 2030. Insomma, nel corso delle battute finali della legge di bilancio è stato approvato un emendamento, promosso dalla Lega e firmato da Tiziana Nisini, in versione riformulata. La misura permette ai lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 di utilizzare la rendita della pensione complementare per raggiungere l’importo minimo richiesto per il trattamento anticipato, pari a tre volte l’assegno sociale. Sono previsti «sconti» per le lavoratrici con figli. Per i lavoratori interamente contributivi che non ricorreranno al ponte con la previdenza integrativa, sarà comunque possibile accedere alla pensione anticipata con 64 anni di età e 20 anni di contributi. A darne l’annuncio è stato il sottosegretario al Lavoro, e vicesegretario del Carroccio, Claudio Durigon. Secondo il politico, la misura «premia la flessibilità in uscita. Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni». In serata è stata cambiata anche la norma sul divieto ai compensi extra Ue, la cosiddetta anti Renzi, dopo che in mattinata ci si era resi conto che la formulazione precedente rischiava di creare problemi: il no vale anche per «i titolari di cariche di governo».