
In Lombardia esponenti dem e del Movimento partecipano attivamente alla campagna ideata dai radicali. L'obiettivo è quello di facilitare l'accesso all'interruzione di gravidanza farmacologica e di tentare di controllare la presenza di medici obiettori.La proposta che Massimo Cacciari ha rivolto al Pd - dialogare con i 5 stelle per isolare la Lega - ha suscitato le consuete e prevedibili baruffe tra i suscettibili democratici. Tuttavia, a ben guardare, questo famigerato «dialogo» è già in corso, almeno sui cosiddetti temi etici. Pd e 5 stelle, soprattutto a livello locale, sono impegnati in battaglie in netto contrasto con l'orientamento prevalente dell'attuale governo. Lo dimostra ciò che accade in Lombardia, dove progressisti e pentastellati si battono per rendere più semplice l'interruzione di gravidanza. Certo, i loro discorsi sono ricchi di concetti elevati e di riferimenti ai diritti delle donne, ma il succo è esattamente questo: vogliono più aborti. Martedì, alla Casa dei diritti di Milano, Diana De Marchi - consigliere comunale del Pd e presidente della Commissione pari opportunità e diritti civili - ha partecipato a un evento promozionale della campagna «Aborto al sicuro», lanciata a novembre del 2018. Di che si tratta? Facile: di una iniziativa promossa da alcune associazioni radicali che mira a raccogliere 5.000 firme per presentare una legge regionale di iniziativa popolare. Finora pare che le sottoscrizioni siano 3.000, ma l'aspetto interessante della faccenda è un altro. E cioè che la campagna vede il coinvolgimento diretto di 5 stelle e Pd, oltre che di Possibile, Leu eccetera. In prima linea c'è, per esempio, Monica Forte, consigliere regionale lombardo del M5s. «La campagna Aborto al sicuro», ha detto nei giorni scorsi, «nasce dalla constatazione che in Lombardia le donne faticano a vedere riconosciuto il proprio diritto ad un aborto sicuro, a ricevere informazioni sulla sua prevenzione e ad accedere ad ogni metodo contraccettivo, d'emergenza e non». troppe mancanze Secondo la Forte, la legge 194 non viene applicata in Lombardia «per colpa della massiccia obiezione di coscienza del personale medico/ sanitario e per l'impossibilità dei consultori pubblici, sottodimensionati e senza fondi adeguati, di attuare seri e duraturi programmi di prevenzione per la salute della donna».Nel Comune di Rho, in provincia di Milano, sono stati proprio i 5 stelle a proporre una mozione a sostegno della campagna «Aborto al sicuro», approvata anche grazie al Pd e a Leu. A quanto pare, insomma, democratici e pentastellati vanno d'amore e d'accordo quando si tratta di interruzione di gravidanza. Il loro obiettivo, dicevamo, è soprattutto quello di rendere più facile l'accesso alla pillola abortiva. La proposta di legge per cui Pd e 5 stelle stanno raccogliendo firme prevede infatti che «i farmaci prescritti per l'interruzione farmacologica della gravidanza siano proposti e somministrati anche dai consultori familiari, adeguatamente attrezzati in conformità alle esigenze di un programma diagnostico e terapeutico definito dai relativi responsabili sanitari». Tradotto, significa che - se questa legge fosse approvata - alle donne incinte basterebbe recarsi in un consultorio per farsi dare la pillola magica e fermare la gravidanza.sempre più facile Il fatto è che in Lombardia, già oggi, non è affatto difficile abortire, anzi. I promotori della campagna abortista si stracciano le vesti perché «in Lombardia nel 2017 la percentuale di medici obiettori di coscienza è stata in media del 66,1%». Beh, forse è il caso di ricordare che il dato è sotto la media nazionale. Sul territorio italiano, infatti, nel 2017 i medici obiettori erano il 68,4% del totale, in diminuzione rispetto al 2016. Dunque non si può parlare di emergenza, non si può dire che la 194 non venga adeguatamente applicata. E non è tutto. Alla fine di dicembre del 2018, l'assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, ha annunciato che, dall'inizio di quest'anno, la pillola abortiva Ru486 sarebbe stata somministrata in day hospital. Fino all'anno scorso, infatti, chi ricorreva all'aborto farmacologico doveva rimanere ricoverato per tre giorni. Ora è cambiata: una giornata e via. Sapete chi ha festeggiato? Il Pd, ovviamente. «Grazie al nostro intervento la Ru486 potrà essere somministrata in day hospital», ha gioito Paola Bocci, consigliere del Partito democratico. «Nel luglio scorso, dopo aver condotto un'indagine negli ospedali lombardi che aveva evidenziato che la Lombardia era fanalino di coda nell'utilizzo dell'interruzione di gravidanza farmacologica, avevamo presentato un'interrogazione in cui chiedevamo di rivedere il regime di ricovero, previsto in 3 giorni e trasformarlo in day hospital come per l'Ivg chirurgica».i festeggiamenti Felicissima anche Monica Forte dei 5 stelle, che commentò: «Con questa decisione la sanità lombarda, già sotto accusa per il numero di obiettori che costringono a una sofferta ricerca del medico, fa un passo avanti in laicità e civiltà e soprattutto nel rispetto delle donne e del diritto di scelta». A quanto sembra, però, ancora non basta. Pd e M5s ritengono che l'accesso all'aborto debba essere ancora più semplice, motivo per cui chiedono che la pillola venga somministrata nei consultori. Non è tutto. La proposta di legge regionale che dem e grillini stanno spingendo prevede che «le attività, la qualità dei servizi e la loro omogeneità sul territorio saranno monitorate annualmente e sarà promossa l'implementazione e una maggiore efficienza dei servizi, ove necessario». In buona sostanza è un modo nemmeno troppo velato per impegnare la Regione a vigilare sulla presenza di obiettori negli ospedali: qualora fossero troppi, bisognerebbe intervenire per tappare il buco, magari reclutando medici pro aborto come avvenuto nel Lazio. Niente di meglio dell'aborto, quindi, per avvicinare Pd e 5 stelle: una solida base per costruire meravigliose alleanze.
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