L’Eurogruppo ammette: l’accordo sarà «moderatamente restrittivo». E Paolo Gentiloni vuole i piani di rientro pronti prima dell’autunno. Una nuova simulazione mostra che siamo penalizzati rispetto a Parigi, Berlino e Madrid.
L’Eurogruppo ammette: l’accordo sarà «moderatamente restrittivo». E Paolo Gentiloni vuole i piani di rientro pronti prima dell’autunno. Una nuova simulazione mostra che siamo penalizzati rispetto a Parigi, Berlino e Madrid.Si fanno sempre più chiare le anguste dimensioni del corridoio in cui dovrà essere costretta la nostra politica di bilancio per i prossimi quattro-sette anni. La Commissione ha infatti pubblicato una nuova simulazione della cosiddetta «traiettoria di riferimento» e le prospettive per noi non sono affatto buone, sia in termini di specifico trattamento riservato all’Italia, e sia sotto il profilo del confronto con Germania, Francia e Spagna.Da alcune settimane la Commissione è al lavoro per definire in modo sempre più raffinato e puntuale l’impatto della riforma del Patto di Stabilità uscita dal trilogo del 10 febbraio tra Commissione, Consiglio della Ue e Europarlamento. Ad aprile è atteso il voto definitivo degli europarlamentari in seduta plenaria, probabilmente l’ultima prima del rompete le righe per la fine della legislatura.Noi abbiamo potuto consultare un documento tecnico, destinato agli europarlamentari, in cui la Commissione descrive la traiettoria di riferimento, cioè gli obiettivi annui di crescita della spesa netta e del saldo primario strutturale di bilancio (quindi al lordo degli interessi e delle componenti legate al ciclo economico o una tantum). Questi sono i due parametri al rispetto dei quali gli Stati membri saranno vincolati, con modeste possibilità di scostamento. E tali parametri - solo formalmente negoziati tra Commissione e Stato membro - consentiranno di portare su una stabile traiettoria discendente il rapporto debito/Pil e di ridurre il deficit/Pil al di sotto del 3%.Proprio ieri il Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni, arrivando alla riunione dell’Eurogruppo, ha confermato che tali piani non possono essere posticipati e sarà necessario un intenso lavoro estivo con gli Stati membri per averli pronti prima dell’autunno. L’esito sarà quello di richiedere agli Stati un approccio fiscale moderatamente restrittivo, come incredibilmente recita il comunicato emesso al termine dei lavori.La traiettoria di riferimento, fulcro di questi piani, è il risultato dell’applicazione dell’analisi di sostenibilità del debito (Dsa) da parte della Commissione, che deve assicurare che deficit e debito scendano. E le leve da azionare per conseguire tali obiettivi sono proprio il controllo della crescita della spesa netta e la riduzione del saldo primario strutturale di bilancio. La Dsa - uno strumento di previsione macroeconomica basato su stime e congetture ad alta incertezza e discrezionalità -, che avevamo cacciato dalla porta respingendo la riforma del Trattato del Mes, ora si riaffaccia dalla finestra della riforma del Patto di Stabilità.Resta il fatto che all’Italia verrà richiesto - nel quadriennio 2025-2028 senza allungamento fino al 2031 - una modesta crescita media annua della spesa netta del 1,3% e una riduzione media annua del saldo primario strutturale di bilancio pari a 1,1 punti percentuali di Pil. Si consideri che ancora nel 2024 il saldo primario di bilancio è previsto pari al -0,2% del Pil e, con la cura draconiana di Bruxelles si arriverebbe a superare il 3% del Pil. Livelli mai raggiunti nemmeno con la «cura» Monti del 2012. Nell’ipotesi di estensione fino al 2031, la spesa netta potrebbe crescere del 2,2% (contro 1,3%) e la riduzione del saldo potrebbe limitarsi a 0,66 punti (contro 1,1). Purtroppo questa estensione è condizionata da altri investimenti e riforme, ovviamente imposte da Bruxelles.La novità di questa nuova simulazione della Commissione - a poche settimane dalla prima proiezione di gennaio - è che all’Italia vengono richiesti meno tagli che tuttavia restano nell’ordine di cifre assolutamente insostenibili dal nostro Paese. Inoltre la Commissione è costretta ad ammettere che la traiettoria di riferimento da essa disegnata pone obiettivi ben superiori a quelli dei cosiddetti parametri di salvaguardia previsti dalla riforma del Patto di Stabilità. Insomma è la Dsa che comanda. E nessuno Stato potrà invocare di attenersi al rispetto solo di quei parametri di salvaguardia, meno severi, perché sono gli obiettivi della traiettoria di riferimento generata dalla Dsa gli unici che contano.Quindi non sarà sufficiente ridurre il debito/Pil di almeno un punto percentuale all’anno, ridurre il deficit/Pil di 0,5 punti annui fino a quando non scende sotto il 3% e continuare a ridurlo fino a raggiungere il livello del 1,5%. Questi sono i paletti voluti dai tedeschi che quasi mai entreranno in azione, perché la Commissione porrà obiettivi ben più alti.Il confronto internazionale aumenta ancora di più l’allarme per l’assurda cura che da Bruxelles si vuole somministrare. Mentre la Germania sarà costretta ad aggiustamenti insignificanti, l’Italia supera Francia e Spagna, sia pur di poco, nell’aberrante classifica dei tagli alla spesa e al saldo di bilancio. Infatti nel piano a 7 anni, francesi e spagnoli devono ridurre il saldo di 0,54 e 0,60 punti, rispettivamente. Inoltre l’Italia è il Paese che nel passaggio dal piano a 4 a quello a 7 anni riceve il maggior sollievo.Di conseguenza, l’allungamento del periodo di aggiustamento costituisce una chiave di volta fondamentale. È la differenza tra soffocare mortalmente il Paese o consentirgli di sopravvivere, seppure a fatica. Tradotto in miliardi, circa mezzo punto di riduzione del saldo primario significano ulteriori tagli per circa 10 miliardi annui. Ma ormai siamo alle battute finali. A meno di improbabili sorprese dall’aula, il Consiglio a breve adotterà formalmente i due regolamenti (braccio preventivo e correttivo) e la direttiva che andranno in Gazzetta Ufficiale della Ue.Gli europarlamentari italiani hanno ancora tempo per fare sentire la propria voce e almeno porre le premesse per affossare questo irricevibile guazzabuglio nella prossima legislatura.
(IStock)
Il Tribunale del lavoro di Palermo boccia il ricorso di un prof, sospeso senza paga dopo una ramanzina a un’alunna satanista.
Nel riquadro il professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana (iStock)
Il 10 ottobre Palermo celebra la Giornata Mondiale della Salute Mentale con eventi artistici, scientifici e culturali per denunciare abbandono e stigma e promuovere inclusione e cura, su iniziativa della Fondazione Tommaso Dragotto.
Il 10 ottobre, Palermo non sfila: agisce. In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la città lancerà per il secondo anno consecutivo un messaggio inequivocabile: basta con l’abbandono, basta con i tagli, basta con lo stigma. Agire, tutti insieme, con la forza dei fatti e non l’ipocrisia delle parole. Sul palco dell’evento – reale e simbolico – si alterneranno concerti di musica classica, teatro militante, spettacoli di attori provenienti dal mondo della salute mentale, insieme con tavoli scientifici di livello internazionale e momenti di riflessione pubblica.
Di nuovo «capitale della salute mentale» in un Paese che troppo spesso lascia soli i più fragili, a Palermo si costruirà un racconto, fatto di inclusione reale, solidarietà vera, e cultura della comunità come cura. Organizzato dalla Fondazione Tommaso Dragotto e realizzato da Big Mama Production, non sarà solo un evento, ma una denuncia trasformata in proposta concreta. E forse, anche una lezione per tutta l’Italia che alla voce sceglie il silenzio, tra parole come quelle del professor Andrea Fiorillo, presidente dell’Ente Europeo di Psichiatria e testimonial scientifico della giornata palermitana che ha detto: «I trattamenti farmacologici e psicoterapici che abbiamo oggi a disposizione sono tra i più efficaci tra quelli disponibili in tutta la medicina. È vero che in molti casi si parla di trattamenti sintomatici e non curativi, ma molto spesso l’eliminazione del sintomo è di per sé stesso curativo. È bene - continua Fiorillo - diffondere il messaggio che oggi si può guarire dai disturbi mentali, anche dai più gravi, ma solo con un approccio globale che miri alla persona e non alla malattia».
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Attentato a Gerusalemme (Ansa)
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