2021-03-04
Patto di stabilità sospeso solo fino al 2023
Paolo Gentiloni (Getty images)
La Commissione ha pubblicato una comunicazione informale con le linee guida per il futuro: una volta riattivata la clausola di salvaguardia, sull’Italia penderà la spada di Damocle. Per riportare il Pil ai livelli pre Covid dovremo aspettare almeno il 2024Sono innumerevoli i danni inflitti dal Covid. Ma c’è un beneficio: l’assalto della realtà sta portando la Commissione a procedere con estrema prudenza con tutto il vetusto e dannoso armamentario costituito dal Patto di stabilità e crescita (Sgp) e dai suoi degni comprimari introdotti nel 2011/2012, cioè Six pack, Two pack e Fiscal compact. A Bruxelles sono così terrorizzati dal ripetere gli errori fatali commessi all’inizio dello scorso decennio - quando precipitarono mezza Ue (Italia in testa) in una seconda recessione, della quale ora ammettono candidamente la responsabilità - che ieri hanno ritenuto opportuno pubblicare una comunicazione ufficiale su come intendono procedere nei prossimi mesi. L’eccezionalità del documento, di cui è sottolineato il carattere informale, è da sottolineare perché anticipa in modo inconsueto le prossime mosse della Commissione, tutte già previste dal calendario del ciclo di coordinamento delle politiche economiche che va sotto il nome di Semestre europeo. Gli Stati devono preparare i Piani per la stabilità e la convergenza per il prossimo aprile e queste linee guida servono a non farli operare al buio.Possiamo ipotizzare che questa attenzione sia il frutto di una particolare congiunzione astrale che vede in seria difficoltà Paesi come Italia, Francia, Spagna, a cui si unisce l’autorevolezza di Mario Draghi nel gestire il decisivo dossier economico costituito dalle politiche di bilancio pubblico degli Stati membri e dalle regole Ue che le disciplinano.I commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni, ormai abilmente calati nella parte del poliziotto cattivo e del poliziotto buono, si sono subito precipitati ad annunciare che, nonostante le procedure del Sgp non siano affatto sospese, ma sia consentita solo una temporanea deviazione dagli obiettivi di medio termine, è essenziale che le politiche di bilancio siano adeguatamente espansive sia nel 2021 sia nel 2022 e che deve essere evitato un prematuro ritiro di tali sostegni. Secondo il parere della Commissione, «la decisione di disattivare la clausola generale di salvaguardia dovrebbe essere presa dopo una valutazione globale dello stato dell’economia sulla base di criteri quantitativi. Il livello di attività economica nell’Ue o nell’area dell’euro rispetto ai livelli pre crisi (fine 2019) sarebbe il criterio quantitativo chiave per la Commissione nell’effettuare la sua valutazione complessiva della disattivazione o della continuazione dell’applicazione della clausola di salvaguardia generale. Pertanto le attuali indicazioni preliminari suggerirebbero di continuare ad applicare la clausola di salvaguardia generale nel 2022 e di disattivarla a partire dal 2023». Successivamente, una volta che i rischi per la salute diminuiscono, «le misure fiscali dovrebbero gradualmente passare a misure più mirate e lungimiranti», concludono.Ma ai commissari è noto che l’impatto della crisi è stato fortemente asimmetrico e altrettanto sarà la ripresa (Bankitalia prevede il ritorno del Pil dell’Italia al livello pre crisi alla fine del 2023) e quindi annunciano che «le situazioni specifiche dei Paesi continueranno a essere prese in considerazione anche dopo la disattivazione della clausola di salvaguardia generale. Nel caso in cui uno Stato membro non abbia recuperato il livello di attività economica pre crisi, tutte le flessibilità all’interno del Patto di stabilità e crescita saranno pienamente utilizzate». Purtroppo non rinunciano affatto al loro strumentario, ne allentano solo la presa e questo non può che preoccuparci. Soprattutto perché la Commissione ritiene che «le spese finanziate dalle sovvenzioni dell’Rrf daranno un impulso sostanziale all’economia nei prossimi anni, senza aumentare i deficit nazionali e il debito». Ma questa affermazione fa a pugni con l’evidenza dei numeri: il Rrf prevede sussidi per circa il 3% del Pil Ue (per l’Italia il 5% del Pil) suddivisi in sei anni fino al 2026 (con impegni da assumersi tutti entro il 2023). La stessa Commissione ammette che la risposta dei bilanci pubblici nazionali alla crisi -tra spese aggiuntive, minori tasse e stabilizzatori automatici - è stata pari a circa l’8% del Pil nel 2020. Senza essa, avremmo perso ulteriori 4,5 punti percentuali di Pil.Non può non balzare all’occhio l’enorme differenza di scala dimensionale tra l’elefante degli impegni di bilancio nazionali e il topolino del Rrf che dovrebbe fornire, secondo Bankitalia, una modesta crescita aggiuntiva di 2 punti percentuali entro il 2023-2024. Se la Commissione pensa di imporre agli Stati prudenza nella spesa, confidando nel Rrf, potrebbe commettere l’ennesimo fatale errore.La Commissione conferma che il futuro del quadro di governance economica è affidato a una consultazione pubblica «una volta che la ripresa si sarà consolidata». Per il momento dobbiamo accontentarci di queste linee guida che assurgono al ruolo di fonti del diritto. Il trionfo della discrezionalità che non possiamo non leggere come una spada di Damocle pendente sul nostro Paese.
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