2024-07-01
Il patto fra Cina e Russia comincia a scricchiolare
Vladimir Putin e Xi Jinping (Ansa)
La visita di Vladimir Putin in Corea del Nord non è piaciuta a Xi Jinping, che non si fida dell’imprevedibile alleato Kim Jong-un. E adesso teme che il Cremlino possa servirsene per fargli pressione.Il saggista Antonio Selvatici: «L’obiettivo rimane quello di piazzare il suo export in Occidente. Ma con i russi non si arriverà allo scontro diretto».Lo speciale contiene due articoli.Il presidente russo, Vladimir Putin, lo scorso 18-19 giugno ha effettuato una visita a Pyongyang (Nord Corea) dove ha firmato un patto di difesa con il leader nordcoreano, Kim Jong-un, mentre cerca nuovi alleati che possano aiutarlo ad aumentare la fornitura di munizioni da utilizzare nella guerra in Ucraina. All’interno di questo accordo di mutua assistenza, i due leader si promettono reciprocamente che ciascun Paese difenderà l’altro in caso di attacco. Kim ha anche garantito il pieno sostegno della Corea del Nord all’invasione dell’Ucraina.Ciò che è di grande interesse in quella che è stata una vera dimostrazione di cameratismo tra Russia e Corea del Nord è la risposta della Cina: il totale silenzio. La Cina ha molti dubbi su come si stanno svolgendo le cose, il che ha spinto il presidente cinese Xi Jinping a chiedere (inutilmente) a Putin di annullare la visita a Pyongyang. Ma perché Pechino dovrebbe essere così infastidita dal trattato di difesa russo-coreano? Dopotutto, la Cina ha un proprio patto difensivo con la Corea del Nord, siglato nel 1961 e rinnovato nel 2021. Inoltre Pechino ha anche una partnership «senza limiti» con la Russia. Logicamente, se la Cina può firmare un trattato di difesa con la Corea del Nord, lo può fare anche la Russia. Tuttavia, il patto stretto da Vladimir Putin e Kim Jong-un minaccia gravemente la sicurezza cinese. La Cina era già preoccupata che il suo controllo sulla Corea del Nord si fosse indebolito quando Pyongyang, secondo quanto riferito, aveva fornito a Mosca quasi 7.000 container di armi. Per questo ad aprile la Cina ha inviato Zhao Leji, il suo terzo leader più anziano nella gerarchia del Partito comunista, per rassicurare l’imprevedibile dittatore nordcoreano sul fatto che Pechino è ancora un forte alleato. Ora il problema è che il patto difensivo tra Mosca e Pyongyang minaccia di diminuire ulteriormente l’influenza della Cina su Kim. Il Cremlino sa che uno dei più grandi timori di Pechino è che una Corea del Nord fuori controllo possa un giorno minacciare la Cina con le sue armi. Per decenni, la Cina ha cercato di mantenere la propria influenza su Pyongyang mediando (con alterne fortune) tra la Corea del Nord e il resto del mondo, incluso il tentativo di frenare le ambizioni nucleari nordcoreane. È evidente che Pechino lo fa per salvaguardare la propria sicurezza e sopravvivenza, e probabilmente crede che finché la Corea del Nord rimarrà dipendente dalla Cina, non morderà la mano che la nutre, considerando che la Cina è il principale partner commerciale della Corea del Nord. Tutto ciò sembra incredibile, dato che il patto di mutua difesa tra Cina e Corea del Nord suggerisce che entrambe le nazioni sono stretti alleati. Tuttavia, la Corea del Nord e la famiglia Kim hanno una lunga tradizione di sfida alla Cina, e questo accordo con la Russia potrebbe ulteriormente incoraggiarli a cercare di «mettersi in proprio». Ad esempio, nel 2017, Kim Jong-un ha sfidato apertamente la Cina quando ha ordinato l’assassinio del suo fratellastro, Kim Jong-nam, in Malesia. Quando la Cina ha reagito bloccando tutte le importazioni di carbone dalla Corea del Nord, quest’ultima ha accusato Pechino «di ballare al ritmo degli Stati Uniti» e ha sfogato la sua rabbia lanciando missili verso il Giappone. La provenienza dei missili dalla Corea del Nord e la distanza coperta in direzione del Giappone hanno messo davanti alla Cina una realtà inquietante: le capacità belliche della Corea del Nord possono raggiungere in qualsiasi momento le principali città cinesi. L’animosità sino-coreana ha radici secolari, risalendo a quando la Corea era un vassallo della Cina imperiale. Purtroppo, questa animosità è continuata nei tempi moderni, quando Mao Zedong decise di stazionare truppe cinesi in Corea del Nord anche dopo la fine della guerra di Corea, e quando Pechino non supportò Pyongyang nelle sue ambizioni nucleari. Inoltre, non ha aiutato il fatto che Kim Il-sung, il leader fondatore della Corea del Nord, fosse sospettato di spionaggio e quasi giustiziato dal Partito comunista cinese negli anni Trenta. Questa storia gioca un ruolo importante nelle decisioni e nelle alleanze che vengono decise oggi. Sarebbe un grave errore pensare che i russi, anche nella disperazione, possano credere che fare della Corea del Nord un alleato cambierebbe le sorti della guerra ucraino-russa. Ma questa mossa, e il suo recente viaggio in Vietnam, mostrano tutta la difficoltà di Putin intrappolato come Volodymyr Zelensky nel conflitto russo-ucraino. A proposito di questo il presidente ucraino lo scorso 25 giugno ha rimosso dal suo incarico (si dice per incompetenza e per aver messo in pericolo i soldati ucraini), Yuri Sodol, un comandante dell’esercito ucraino che dal febbraio del 2022 guidava le operazioni di terra nelle zone orientali e meridionali dell’Ucraina, cioè quelle dove sono in corso i più duri combattimenti contro la Russia. È stato sostituito da un altro generale, Andrii Hnatov. Nonostante Pyongyang continui a fornire alla Russia munizioni e armi sempre più necessarie, Mosca avrà bisogno di maggiore tecnologia e potenza di fuoco per sconfiggere un’Ucraina che usa armi fornite da Stati Uniti ed Europa. Questo aspetto non sfugge a Putin, che sa che affinché la Russia abbia una possibilità di vincere nella guerra iniziata nel 2022, è fondamentale che il suo partner «senza limiti» rimanga fermamente al suo fianco. Tuttavia, oltre a fornire alla Russia tecnologia a duplice uso (utilizzabile per scopi civili o militari) per sostenere il complesso bellico industriale russo, la Cina sembra non essere riuscita a fornire armi reali alla Russia. E anche se la Cina volesse fornire armi non potrebbe farlo. Teme di inimicarsi ulteriormente l’Occidente e di incorrere in sanzioni economiche che potrebbero risultare fatali per la sua economia già in difficoltà. La Cina sa che ha bisogno di una Russia forte per evitare che l’Occidente consolidi le proprie risorse contro la percepita minaccia cinese. Tuttavia, aiutare Mosca potrebbe essere troppo per Pechino, poiché ciò danneggerebbe la sua economia. Pertanto, Putin deve far pressione su Pechino, e il trattato di pace appena firmato con la Corea del Nord potrebbe aiutarlo (almeno nei suoi piani) a risolvere questo problema.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/patto-cina-russia-comincia-scricchiolare-2668649605.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="pechino-non-vuole-nuove-tensioni-con-usa-ed-europa" data-post-id="2668649605" data-published-at="1719837805" data-use-pagination="False"> «Pechino non vuole nuove tensioni con Usa ed Europa» Antonio Selvatici Antonio Selvatici è un giornalista, saggista e docente universitario. Tra i suoi saggi, La Cina e la nuova via della seta. Progetto per un’invasione globale. Cina e Russia sono unite da un’alleanza che negli ultimi due anni si è rafforzata, tuttavia i due Paesi restano in competizione soprattutto in Africa. Possono arrivare allo scontro, ad esempio, per la gestione delle risorse naturali? «Mi è difficile ipotizzare uno scontro diretto tra Mosca e Pechino. Entrambe sono ben piazzate in Africa e insieme (ma divise) stanno emarginando altri Paesi storicamente presenti, come, ad esempio, la Francia. La presenza militare della Russia in Africa è forte (anche attraverso accordi ed alleanze), così com’è imponente quella cinese in ambito economico. Importante il settore energetico: per brevità cito solo la recente visita del presidente della Guinea-Bissau a Mosca, incontro sponsorizzato dalla compagnia russa Lukoil. Il confronto è continuo ed è globale, ma chi muove le pedine e gli uomini sono i forti interessi economici soprattutto legati all’ambito tecnologico. Chi si sarebbe mai aspettato, dopo anni di silenzio, poche settimane fa a Seul un incontro trilaterale tra il cinese Li Quing, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol e il primo ministro giapponese Fumio Kishida per promuovere un accordo di libero scambio?». XI Jinping sta cercando di evitare lo scontro con gli Usa e l’Ue, vedi la questione delle auto elettriche, nel timore di sanzioni che danneggerebbero l’economia. Questo però va contro la volontà di Vladimir Putin che cerca lo scontro. «Il motore economico (e conseguentemente di coesione sociale) della Cina è l’export: è il mercato globale che ogni giorno inghiotte ciò che la “fabbrica del mondo” produce per l’altra parte degli abitanti dell’Oceano. Certamente i dazi, le barriere tecniche che a breve s’inaspriranno colpendo alcuni settori, soprattutto tecnologici, creeranno tensioni. Meno note al pubblico la lunga lista di barriere all’entrata in vigore negli Usa a cui, per non avere sbilanciamenti o buchi dove i prodotti cinesi possono trovare sfogo, l’Europa dovrà porre rimedio. Questo, con un ottica geoeconomica, crea e creerà sempre più nuove opportunità. I cinesi si muovono con destrezza in Europa, dove stanno creando una testa di ponte nell’Ungheria di Viktor Orbán in cui si registrano importanti investimenti tanto che la Cina è il primo investitore estero. L’Ungheria sta diventando l’hub e il sito produttivo a servizio di Pechino in Europa. Tra i più recenti e significativi investimenti cinesi quello a Szeged della Byd Company (tra i più importanti costruttori di auto elettriche al mondo). E, non a caso, Orbán è l’attore politico europeo più critico nei confronti della politica euro atlantica di sostegno a Kiev. In Europa la Cina guarda con interesse anche alla Serbia e alla Spagna, interessata a impiantare produzioni e alla caccia di porti». A chi risponde davvero Kim Jong-un, ai cinesi o ai russi? «Difficile rispondere. Forse risponde a sé stesso, al suo incontenibile ego di paffuto bambino viziato che opprime la popolazione costretta ad inimmaginabili privazioni ed a uno stile di vita di pura sopravvivenza. Una crudele dittatura che si mostra al mondo con ridicole muscolari parate militari vantando regie da circo equestre di periferia, un regime comunista per comodo che andrebbe più spesso condannato». È d’accordo con chi ritiene che se per Putin il conflitto in Ucraina è esistenziale, Pechino vede nella guerra ai confini dell’Europa una prova generale per testare la tenuta occidentale in vista di un futuro showdown su Taiwan? «Come detto, alla Cina ciò che importa è vendere la propria merce al mondo intero. A cui ora si aggiunge una nuova sfida globale: diventare il primo produttore di tecnologia. È noto che Pechino sia stato il promotore del programma “d’indipendenza tecnologica” alimentato da ingenti contributi pubblici, un sogno che utopicamente mira all’autosufficienza. Taiwan è tra le nazioni più strategiche del Pianeta: lì ha sede la Tsmc che produce gran parte dei semiconduttori utilizzati dalle industrie occidentali, ma anche da quelle cinesi. Un unico dato: nel 2023 la Cina ha importato da Taiwan 47 miliardi di dollari di semiconduttori. Senza i prodotti della Tsmc il mondo si fermerebbe, anche la Cina. La Cina si sta armando e sta diventando un attore importante nel campo della produzione di armamenti. Del resto se vuoi diventare un (o il) protagonista globale devi essere credibile anche militarmente. Di qui le moltissime scaramucce militari (navali con le Filippine) e atti dimostrativi sia con Taiwan che attraverso esercitazioni anche congiunte. Un conflitto Cina/Taiwan a chi gioverebbe? L’Occidente è sfiancato da due conflitti in corso e da una importante serie di tornate elettorali che lo stanno indebolendo. La Cina deve fare i conti con il cambiamento/maturazione della sua economia e la Russia con noti sforzi bellici. Non credo sia ipotizzabile a breve un conflitto tra Cina e Taiwan. Molto più probabile importanti sfide produttive, commeriali e tecnologiche».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)