2024-09-30
«Il Parlamento sistemi il caos sulla caccia»
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Cacciatori furiosi, l'inizio della stagione venatoria è stato falcidiato per l'ennesima volta dai ricorsi che hanno stravolto i calendari in quasi tutte le regioni. In Lombardia attività sospesa il giorno prima dell'apertura. L'europarlamentare e presidente dell'Associazione culturale rurale Sergio Berlato: «Il Parlamento approvi presto le modifiche alla legge 157/92 o resteremo in balia delle incursioni dei giudici dei Tar, condizionati dai pareri etici dell'Ispra».Stessa gente, stesso posto, stesso Tar. Prendendo in prestito una citazione di una celebre canzone degli 883 e riadattandola un po', possiamo descrivere quel che succede puntualmente, ogni anno a settembre, in quasi tutte le regioni d'Italia per quanto riguarda la caccia. Settembre, da quando a regolare l'attività venatoria è la legge 157 del 1992, è il mese dell'anno in cui comincia la stagione venatoria. L'apertura ufficiale è fissata alla terza domenica del mese per ogni regione, salvo poi alcune eccezioni relative alle preaperture richieste da ogni singola regione in base a determinati motivi legati ad alcune specie cacciabili che transitano dall'Italia solo nei primi giorni di settembre. Come accade però ormai da svariati anni, un cacciatore che si appresta per svolgere la sua attività o passione che sia, nel pieno rispetto della legge e dopo aver versato le tasse di concessione nazionale e regionale, è costretto a fare i conti con i soliti ricorsi che quasi sempre si traducono in sospensione o annullamento dell'attività venatoria. A volte anche il giorno prima, com'è è accaduto in Lombardia, dove il 14 settembre scorso, a praticamente 24 ore dall'apertura, il Tar di Milano ha sospeso l’inizio della stagione venatoria 2024/2025 in tutta la regione perché, secondo il giudice «sussistevano i presupposti di estrema gravità e urgenza tali da non consentire la dilazione della trattazione della domanda cautelare alla prima camera di consiglio utile». Un problema che ha riguardato tante altre regioni, dal Veneto alla Campania, dalla Toscana all'Abruzzo. Un meccanismo che ormai si verifica tutti gli anni: le regioni approvano i calendari venatori entro il 15 luglio, l'Ispra, Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, dà parere obbligatorio ma non vincolante, le associazioni animaliste fanno ricorso al Tar, i giudici sospendono. Mai come quest'anno, però, la misura è colma per i cacciatori. Per risolvere questi «disguidi» burocratici, serve al più presto la modifica della legge 157/92, come proposto dall'europarlamentare del gruppo Ecr-Fdi e presidente dell'Associazione culturale rurale, Sergio Berlato.Onorevole Berlato, come giudica questa situazione?«Malissimo. La necessità di modificare la legge statale 157 del 1992 è sempre più forte. Qualche mese fa abbiamo attivato una petizione popolare per verificarne la condivisione nel mondo venatorio italiano e in poco più di tre mesi abbiamo raccolto 504.230 firme messe a disposizione del Parlamento».Che cosa prevede questa riforma?«Tra le modifiche proposte c'è la soluzione del problema del blocco dei calendari, perché attualmente la legge, all'articolo 18 comma 4, prevede che le Regioni possono approvare i calendari venatori entro e non oltre il 15 luglio di ogni anno con provvedimento, cioè con un atto amministrativo, che può essere poi impugnato dinanzi al Tar. Noi abbiamo previsto che le Regioni possono approvare i calendari venatori con legge annuali, in modo che una volta che viene approvato, l'atto legislativo non può essere impugnato».Questo come aiuterebbe i cacciatori?«Questo metterebbe i cacciatori, una volta che hanno pagato la licenza, di fare un ragionamento: sapere com'è fatto il calendario venatorio e decidere se rinnovare o meno la licenza con il pagamento delle tasse di concessione».A quanto ammontano le tasse?«Quella di concessione è di 173,16 euro ogni anno per ogni cacciatore, poi ci sono le quote di accesso agli ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini che vanno dai 100 ai 600 euro più le eventuali tasse degli appostamenti. Questo per dire che rinnovare le licenze per un cacciatore è abbastanza oneroso e quindi ogni cacciatore deve avere il diritto di sapere quando andare a caccia durante la prossima stagione venatoria e poi, eventualmente, decidere se rinnovare o meno».Adesso come si procede?«Ora succede che il cacciatore, dopo aver pagato le tasse, anziché avere una garanzia di andare a caccia in un certo modo, per effetto delle impugnazioni al Tar da parte degli animalisti, si vede il calendario venatorio sospeso o annullato e si trova ad aver pagato per esercitare un'attività che è un suo diritto, però non può esercitarla».Perché tutto questo caos tra aperture e preaperture?«L'apertura generale della caccia è fissata per legge alla terza domenica di settembre, poi le Regioni possono anticipare l'apertura per alcune specie di selvaggina migratoria al 1° settembre, come per esempio la tortora selvatica, un migratore che attraversa l'Europa, arriva in Italia tra luglio e agosto e se ne va tra fine agosto e la prima settimana di settembre. Quindi se non viene cacciata il 1° o il 2 settembre è come se fosse una specie non cacciabile perché poi alla prima burrasca se ne va in Africa a svernare. Sono state annullate quasi ovunque le preaperture, ma la cosa peggiore è che non ci si è limitati a questo, in quasi tutte le Regioni di Italia sono stati bloccati i calendari venatori, sospesi in tutto o in parte».Qual è il ruolo dell'Ispra in tutto questo?«La legge prevede che l'apertura generale sia la terza domenica di settembre, complice anche un parere, obbligatorio ma non vincolante dell'Ispra per quanto riguarda le modalità di esercizio dell'attività venatoria regione per regione, ma l'Ispra, contro quello che dice la legge nazionale, dà il suo parere dicendo che non può essere iniziata la caccia prima della prima settimana di ottobre».Cosa significa obbligatorio ma non vincolante?«Significa che le Regioni hanno il dovere di chiedere il parere all'Ispra, ma poi le Regioni possono discostarsi motivando le ragioni per le quali si discostano. Per esempio, in una regione la presenza della tortora è solo nella prima settimana di settembre, l'Ispra dice che si può cacciare solo a ottobre, la regione chiede la preapertura solo per quella determinata specie».E poi c'è il Tar.«Il problema è che i giudici del Tar in giro per l'Italia hanno cominciato a prendere per oro colato quello che dice l'Ispra e quindi fare in modo che il parere dell'Ispra venga considerato vincolante e le regioni che si discostano, pur motivando, si vedono i calendari venatori falcidiati dal Tar. Un delle cose che abbiamo inserito nella proposta di modifica della legge è il riordino dell'Ispra, perché con il passare degli anni, anziché dare pareri di natura tecnico scientifica, anche alla luce di personaggi che sono stati politicamente inseriti lì dentro, dà dei pareri di natura etica, morale e politica. Quando in realtà, la legge dice che deve essere un organo di consulenza tecnico scientifica. Purtroppo da troppo tempo i suoi pareri sono condizionati da motivi di natura ideologica. L'obiettivo è riportarlo a essere un organo di consulenza tecnico scientifica e quindi composto da scienziati e non da politici».Come risolverà il problema la modifica della legge 157/92?«Le modifiche alla legge statale, se approvate, hanno un unico obiettivo, ovvero quello di equiparare i diritti dei cacciatori italiani a quelli del resto d'Europa, non una virgola in più, ma possibilmente nemmeno una in meno. Speriamo venga presto approvata dal Parlamento, perché sennò saremo ancora in balia delle incursione dei giudici dei tribunali amministrativi in base a una serie di ricorsi che falcidiano l'attività venatoria».
Rod Dreher (Getty Images)