2023-02-24
Parigi riporta a casa la polvere da sparo. E con Berlino aspetta che bussi Bruxelles
Dopo l’attivismo tedesco, un altro passo verso il nazionalismo degli armamenti. Che frutterà miliardi quando l’Ue avrà bisogno.La presidente della Commissione in visita a Palermo. Sul tavolo, energia e migranti. Ursula von der Leyen: «Ue finanzierà nuovo elettrodotto sottomarino fra Sicilia e Tunisia».Lo speciale contiene due articoli.Il presidente francese Emmanuel Macron già durante Eurosartory 2022 - la più grande fiera internazionale della difesa e della sicurezza che si tiene ogni due anni a Parigi, in giugno - aveva detto di voler entrare in «economia di guerra» al fine di spingere i produttori nazionali di armi ad aumentare le loro capacità per poter fornire più rapidamente attrezzature militari. Subito dopo la Difesa francese ha varato il piano di rafforzamento 2024-2030, ovvero completando una «rivalutazione della legge di programmazione militare per adeguare i mezzi alle minacce e al contesto geopolitico». Si fa fatica ad ammetterlo, ma la guerra russo-ucraina è l’evento che dal 1945 a oggi sta causando la più imponente campagna mondiale di riarmo, complice anche la situazione in essere tra Cina e Taiwan e, in generale di quella dello scacchiere Pacifico. Mai come ora, da oltre mezzo secolo, avevamo assistito a una corsa all’approvvigionamento di munizioni e sistemi d’arma, quando non addirittura a una corsa per sostituire armamenti obsoleti sfruttando l’imperdibile occasione di fornire all’Ucraina i mezzi per combattere, al tempo stesso svuotando i magazzini di ciò che non è all’avanguardia. La guerra in Ucraina è anche un’imperdibile vetrina per pubblicizzare l’efficacia delle armi e la decisione di supportare Kiev fino alla fine di un conflitto che si annuncia molto lungo la terrà accesa per molti anni a venire. Ebbene: ieri il ministro delle Forze Armate francesi Sébastien Lecornu ha confermato che il gruppo francese Eurenco riporterà in patria la produzione di polvere pirica per proiettili. L’azienda, che produce esplosivi per munizioni d’artiglieria, trasferirà a Bergerac (Dordogna) la sua produzione con l’obiettivo di produrre in territorio francese almeno 1.200 tonnellate di polvere pirica all’anno. La decisione finale è stata motivata dalle conseguenze della guerra in Ucraina che vedono, in generale, lo svuotamento degli arsenali per tutte le nazioni che hanno fornito armi a Kiev, ma sarebbe stata ipotizzata già durante la prima ondata della pandemia quando è stato subito chiaro che il commercio di determinati materiali sarebbe cambiato per sempre. Per stessa ammissione di Thierry Francou, capo della Eurenco, il «fattore scatenante dell’investimento per ricreare fabbriche in Francia è stato il consumo di scorte, non solo in Francia ma ovunque in Europa». Molti Paesi stanno fornendo a Kiev proiettili da 155 millimetri riducendo a livelli pericolosi le già scarse scorte mantenute in oltre vent’anni di riduzioni delle spese militari. Francou ha anche dichiarato che «l’esportazione, che costituisce i due terzi del fatturato, sarà sostenuta per i prossimi dieci anni poiché l’azienda ha ordini fino al 2027». Così lo stabilimento che sarà realizzato a Bergerac entro giugno 2025 produrrà ogni 12 mesi fino a 500.000 cariche piriche o 95.000 munizioni. L’investimento ammonta a 60 milioni di euro, 50 dei quali saranno finanziati dalla società e i restanti dal governo. Possiamo chiamarla rilocalizzazione, ma in realtà quanto la Francia sta per fare con Eurenco è una nazionalizzazione a protezione della sua Difesa fatta in un momento storico che vede soltanto tendenze al rialzo. Altrove non è diverso: in Germania - 75 miliardi per nuove armi approvati a dicembre 2022 - Rheinmetall ne guadagnerà almeno dieci dalla rimessa in produzione dei carri Leopard 2.E con Josep Borrell che intende utilizzare l’attuale Fondo europeo per la pace da 3,6 miliardi di euro per l’acquisto congiunto di munizioni, non è difficile immaginare a chi si rovolgerà l’Ue quando ci sarà bisogno di fare acquisti comuni: alle potenze che stanno facendo la corsa per incrementare la produzione nazionale di armamenti, ovviamente. Ovvero le solite Francia e Germania. E l’Italia? Alla fine dello scorso anno Francia e Italia hanno concordato di fabbricare 700 missili Aster supplementari per poter modernizzare e sostenere capacità di difesa antiaerea, sia terrestre, sia navale, comunicando la commessa alla multinazionale franco-anglo-italiana Mbda e a quella franco-italiana Thales. Questa volta non si tratta di rimpiazzare un singolo assetto della Difesa, magari per sfruttare l’effetto deterrenza, ma di rendere molto più efficace la capacità di difesa. Non c’è nazione a noi vicina che non lo stia facendo, dalla Svizzera alla Polonia, Belgio, Olanda, Paesi baltici o dell’Est europeo. Nella giornata di ieri il premier spagnolo Pedro Sánchez, in visita a Kiev, ha annunciato l’invio di altri carri armati Leopard, passando dai sei promessi qualche mese fa a dieci unità «già a fine marzo» come ha confermato il ministro della Difesa di Madrid Margarita Robles, tenendo a precisare che la consegna avverrà in accordo con gli alleati e terminata la «messa a punto» dei carri e la formazione degli ucraini. Durante il 2022 il fatturato dalle prime cento aziende mondiali di armamenti è stato pari a 500 miliardi di dollari, ma le forniture dei materiali soffrivano ancora degli strascichi della pandemia. Soltanto il prossimo anno potremo renderci conto dell’aumento.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/parigi-riporta-casa-polvere-sparo-2659460076.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="intesa-green-tra-ursula-e-mattarella" data-post-id="2659460076" data-published-at="1677178335" data-use-pagination="False"> Intesa green tra Ursula e Mattarella Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, hanno partecipato ieri all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Palermo. Ad accogliere Mattarella sono stati il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il prefetto Teresa Maria Cucinotta, il presidente della Regione siciliana Renato Schifani, il presidente dell’Assemblea siciliana Gaetano Galvagno e il rettore Massimo Midiri. In sala presenti diverse autorità istituzionali, civili, militari e religiose. Mattarella e la Von der Leyen hanno poi pranzato insieme, a Villa Pajno, a Palermo. Una colazione di lavoro che è servita fare il punto sulle questioni di attualità e politica internazionale, compresa quella transizione ecologica, ovvero le direttive dell’Europa sulle case e sulle auto green, che hanno scatenato le proteste di milioni di cittadini e su cui il Colle sta spingendo molto. Curiosità: a quanto riferiscono alla Verità fonti bene informate, la von der Leyen ha detto a Mattarella che il capo dello Stato è stato sempre un punto di riferimento per l’Europa sotto diversi governi. Mattarella si è schernito, e ha risposto che la politica estera è competenza dell’esecutivo e non sua. Oltre alla questione ambientale, i temi principali al centro del colloquio tra Mattarella e la von der Leyen sono stati la guerra in Ucraina, il fenomeno delle migrazioni, la questione relativa al gas e alle fonti di approvvigionamento energetico. Argomenti sui quali tra il capo dello Stato e la leader dell’Unione europea si è registrata una totale comunanza di visioni. Mattarella, in particolare, ha ringraziato la von der Leyen per aver detto che le migrazioni sono un tema che riguarda l’intera Unione europea. Soddisfazione è stata espressa da entrambi per la riduzione del prezzo del gas e per la spinta comune a sviluppare energie rinnovabili. Mattarella e la von der Leyen hanno espresso anche un giudizio positivo sulla compattezza dell’Unione su tutti questi argomenti. Attenzione, nel corso del colloquio, anche per l’ apertura dei flussi legali di migranti e contemporaneamente per la lotta ai trafficanti di esseri umani. La von der Leyen ha visitato il monumento che ricorda la strage di Capaci: «Inizio la mia visita della Sicilia», ha scritto Ursula su Twitter, «a Capaci, per onorare Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e tutte le vittime di mafia. Falcone disse: gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini. Oggi una nuova generazione porta avanti le sue idee». «La Sicilia», ha detto la von der Leyen, «può diventare una potenza dell’energia pulita per l’Europa. La Sicilia è cruciale per la transizione energetica anche per un altro motivo, a poche miglia dalle vostre coste c’è quello che potrebbe diventare un altro gigante dell’energia pulita: l’Africa. È arrivato il momento di un nuovo pivot strategico dell’Europa verso il Mediterraneo». In quest’ottica, Ursula ha annunciato che «anche l’Unione sta instaurando nuovi collegamenti con l’Africa attraverso il piano di investimenti della strategia Global Gateway, finanziando ad esempio un nuovo elettrodotto sottomarino fra Sicilia e Tunisia». E proprio a proposito del progetto di interconnessione elettrica tra Tunisia e Italia Elmed, l’ambasciatore d’Italia a Tunisi, Fabrizio Saggio, ha detto che «è il progetto del secolo». Dall’Africa al problema dell’immigrazione il passo è breve: «Dobbiamo combattere passatori e trafficanti», ha sottolineato a questo proposito la leader della Commissione europea, «dialogare con i Paesi partner, collaborare al rimpatrio di chi non ha diritto di restare. E dobbiamo cooperare a livello europeo. L’Europa deve estendere la propria solidarietà a tutti gli Stati membri e alle comunità locale», ha aggiunto ancora la von der Leyen.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)