Se le mire dei democratici avranno il sopravvento sul mercato, invece di privatizzare Mps si danneggerà Unicredit con il rischio di renderla preda dei francesi o vittima di spezzatino fra le attività nel nostro Paese e quelle tedesche. A beneficio di Angela Merkel.La prima reazione di chi ha messo i propri soldi in Borsa e scommesso sul titolo Unicredit è stata quella di vendere. In occasione del cda straordinario in Piazza Affari il titolo ha perso il 5%. Ieri addirittura l'8. «Se la politica vuole aggiustarsi le proprie partire e fondere la seconda banca del Paese con Mps faccia pure», avrà pensato ieri l'azionista prima di vendere. «Lo faccia ma non con i miei soldi». Giusto, viene da dire. Tanto più che da settimane circolano report di banche d'affari estremamente negativi sull'opzione matrimonio con Siena. Ieri si sono mossi Citigroup, banca Akros e altri analisti che hanno cambiato idea sulle prospettive del titolo. In nessun caso il giudizio è stato positivo. Certo bisogna aspettare almeno questa sera e vedere dal cilindro del comitato nomine chi possa uscire in sostituzione di Jean Pierre Mustier. Il curriculum del nuovo ad spiegherà molto dei retroscena in atto. E si capirà l'effettivo peso delle pressioni politiche sulla banca. In fondo, Mustier ha saputo approfittare della situazione e uscire di scena al momento giusto. I fondi da tempo premevano per la sua uscita e per l'eccessiva dieta che aveva imposto a Unicredit. Uno snellimento che avrebbe potuto trasformare l'istituto da predatore a preda. Da tempo infatti acquisizioni nulle e vendite eccessive senza per lo più dichiarare gli obiettivi di realizzo di tutta quella liquidità. Basti pensare al recente caso della cessione del 18% di Fineco da cui Unicredit ha portato a casa 1,1 miliardi. Insomma, le prossime ore sono delicate. Prevarrà la logica del mondo finanziario o quella della politica? Nel primo caso ci potrebbero essere numerose sorprese e un riassetto tutto interno alla nostra Penisola. Ruolo fondamentale spetterà a Mediobanca, Intesa e Generali. Se invece l'insistenza dei dem e il ruolo di Pier Carlo Padoan quale sensale per le nozze con Mps dovessero avere il sopravvento, potremmo andare incontro a un 2021 di impoverimento per gli sportelli tricolore. Giusto ieri mattina - e non a caso - Mediobanca in un report ha evidenziato che le operazioni di acquisizione e consolidamento dentro il mercato domestico stanno andando a pieno regime in tutto il Sud Europa. Questo presto finirà, aprendo le porte a «operazioni cross border», si legge. Per Mediobanca sostituire il capitano di Unicredit nel bel mezzo di una tempesta è una mossa radicale. Il vuoto di leadership, la bassa valutazione e i solidi fondamentali potrebbero spingere player più forti a tentare di prendere il controllo della nave Unicredit. Gli analisti continuano a vedere Unicredit «come un'opzione strategica per le banche francesi per entrare in Germania e per aumentare l'accesso alle imprese europee per le attività di investment banking». Sebbene lontano dall'essere ovvio, un finale così avrebbe connotazioni ironiche e paradossali: «Unicredit più fragile uguale consolidamento domestico più difficile e maggiori chance di una proprietà francese», sintetizza l'agenzia che rilancia il report di Mediobanca. Frase più che mai azzeccata. Se le manovre politiche pur di piazzare Mps, dovessero arrivare all'obiettivo e trascinare verso il basso Unicredit ne risentirebbe innanzitutto il titolo. E ciò renderebbe più facile una mossa francese a gamba tesa sulla seconda banca italiana. I tre principali istituti d'Oltralpe sono zeppi di strumenti derivati e in caso di importanti crolli dei mercati il fabbisogno patrimoniale schizzerebbe ben sopra il 100%. Bnp Paribas, Crédit Agricole e pure Soc Gen sono alla ricerca di operazioni straordinarie per migliorare i rispetti ratio patrimoniali. Quale momento migliore per approfittare degli appetiti della politica romana e dei vecchi Ds per fare il salto dell'ostacolo?La successiva domanda da porsi è che cosa si aspettano i fondi azionisti di Uncredit per dire sì al matrimonio zavorra con Mps? Sui giornali si è dibattuto della dote. Ma non sarebbe un motivo sufficiente. Tre miliardi di Dat (agevolazioni fiscali) in tempi di volatilità si bruciano come un cerino. Al contrario potrebbero ottenere il via libera del governo per fare il cosiddetto spin off di Unicredit. Si tratterebbe di separare le attività italiane da quelle estere in gran parte localizzate in Austria, Germania e nei Paesi satelliti. La newco potrebbe essere quotata a Francoforte e raccogliere alcuni gioiellini controllati da Unicredit. A quel punto la maggior parte delle sofferenze bancarie e degli Npl a quale banca resterebbero attaccate? A quella italiana o a quella straniera? È chiaro che nel primo caso a festeggiare sarebbe la Germania. Oppure, e qui si aprirebbe addirittura un terzo scenario, potrebbero celebrare sia Parigi che Berlino. L'eventuale Opa di una banca francese su Unicredit prima dello spezzatino consentirebbe a Parigi di accettare una penalizzazione a Sud ma al tempo stesso di entrare nel territorio tedesco e poter finanziare le aziende di Angela Merkel. In ogni caso gli appetiti ciechi della sinistra finirebbero con il farci male. Speriamo che prevalgano subito le logiche del mercato e che non si debba attendere che tornino a far capolino solo dopo aver perso una banca.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





