2025-05-26
Il Papa prega per i cattolici in Cina
Prevost ricorda un beato martire anticomunista polacco, poi vede il sindaco e celebra in Laterano. Citando entrambi i Giovanni Paolo: «Sono romano, vi offro il poco che ho».Per la prima volta, Leone XIV, ieri, si è affacciato alla finestra del Palazzo Apostolico: è lì che dovrebbe tornare a vivere, conclusi i lavori di risistemazione dell’appartamento papale. E per il Regina Coeli - cantato - ha compiuto una scelta per niente banale, ricordando che sabato «si è celebrata la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, istituita da papa Benedetto XVI». Un rinvio significativo, alla luce delle controversie sull’accordo con Pechino, stipulato durante il pontificato di Francesco.«Nelle chiese e nei santuari della Cina e in tutto il mondo», ha riferito Robert Francis Prevost, «si sono elevate preghiere a Dio come segno della sollecitudine e dell’affetto per i cattolici cinesi e della loro comunione con la Chiesa universale». Con Roma, con il Papa; mica con il partito. Leone ha chiesto quindi di pregare la Madonna, affinché «ottenga a loro», ai fedeli cinesi, «e a noi la grazia di essere testimoni forti e gioiosi del Vangelo, anche in mezzo alle prove, per promuovere sempre la pace e l’armonia». Forse, in Vaticano non è passato inosservato il testo del foglietto settimanale distribuito nelle parrocchie, La Domenica, che il 18 maggio invitava i cattolici della Repubblica popolare a essere «rispettosi della cultura del loro Paese». Non foss’altro che, nel Dragone, rispettare la cultura dominante significa pure tollerare che nei luoghi di culto sia esposta l’immagine di Xi Jinping. O che le nomine vescovili siano vidimate dal regime.Il Papa, poi, ha dedicato un pensiero a Stanislaw Streich, ucciso in Polonia «in odio alla fede nel 1938 perché la sua opera in favore dei poveri e degli operai infastidiva i seguaci dell’ideologia comunista». La beatificazione di un martire del totalitarismo sovietico e il sostegno ai cattolici cinesi: il pontefice è ecumenico, ma non è disposto a banalizzare il magistero. Non sono mancati, infine, gli appelli a deporre le armi: «Invochiamo coraggio e perseveranza», ha detto Prevost, «per quanti sono impegnati nel dialogo e nella ricerca sincera della pace».Nel pomeriggio, il Papa si è recato in Campidoglio, dove ha salutato il sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri. «Oggi posso dire con voi e per voi: sono romano». E romanista. La battuta di Leone riecheggia le frasi rivolte nel 2004 da Giovanni Paolo II ai sacerdoti della città: «Damose da fa’ e volemose bene, semo romani!». «Signor sindaco», ha aggiunto, «auspico che Roma» - che più tardi ha definito «una grande casa aperta» - «ineguagliabile per la ricchezza del patrimonio storico e artistico, si distingua sempre anche per quei valori di umanità e civiltà che attingono dal Vangelo la loro linfa vitale». Dopodiché, il vicario di Cristo si è recato a San Giovanni in Laterano, dove ha presieduto la messa e ha preso possesso della Cattedra. Ai cittadini, utilizzando un’espressione di Giovanni Paolo I, ha promesso: «Vi offro quel poco che ho e che sono». Nell’omelia ha menzionato Francesco (di cui, in serata, ha visitato la tomba in Santa Maria Maggiore) e ha invitato a coltivare pazienza e ascolto, cercando, come Paolo e Barnaba, «la comunione con la Chiesa madre», che «si costruisce in ginocchio». La vera umiltà.