2018-09-14
Papa: abusi figli di una «voragine spirituale»
Nel giorno in cui i vescovi americani atterrano a Roma per chiedere chiarezza sulle rivelazioni di Carlo Maria Viganò, il Pontefice parla di «sfida dei seminari». Reso pubblico il suo discorso di agosto ai gesuiti irlandesi: sotto accusa «elitismo e clericalismo».Oscar Rodríguez Maradiaga ora fa il negazionista. La cupola dei prelati arcobaleno? «Concetto sproporzionato, esiste solo sui giornali». La trincea del cardinale consigliere di Francesco assediato dagli scandali a luci rosse.Lo speciale contiene due articoli.Nel giorno in cui il Papa incontrava il capo dei vescovi degli Stati Uniti, il cardinale Daniel DiNardo, lo stesso subiva un'accusa per non aver agito correttamente nei confronti di un prete sospetto abusatore. Segno di un clima ormai irrespirabile in cui accuse e voci si accavallano incontrollate. Questa volta si tratta di due presunte vittime che hanno dichiarato all'Associated press, restando anonime, che DiNardo non avrebbe agito con prontezza. La diocesi del cardinale, Galveston-Houston, ha spiegato in una nota come invece nel caso in questione siano state subito fatte le denunce alle autorità civili. Sembra dunque prematuro individuare la responsabilità del presidente dei vescovi Usa, che proprio ieri era in udienza da Francesco per trovare una strada comune con cui affrontare la crisi. Presenti all'incontro anche il vicepresidente della Conferenza episcopale Usa, José Horacio Gómez, arcivescovo di Los Angeles, il segretario generale, monsignor Brian Bransfield, e il cardinale Sean Patrick O'Malley, arcivescovo di Boston, presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori.Lo scarno comunicato rilasciato al termine dai vescovi americani non dice molto su un'udienza che aveva destato molte attese, considerando che DiNardo era stato il primo a chiedere al Vaticano di compiere le dovute indagini per verificare le rivelazioni contenuto nel memoriale dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò. «Siamo grati al Santo Padre per averci ricevuti in udienza», dichiarano i vescovi americani, «abbiamo condiviso con papa Francesco la nostra situazione negli Stati Uniti - come il corpo di Cristo è lacerato dal male degli abusi sessuali. Egli ha ascoltato molto profondamente dal cuore. È stato uno scambio lungo, fruttuoso e buono». Nient'altro. «Siamo impazienti», concludono, «di continuare attivamente il nostro discernimento insieme nell'individuare i più efficaci prossimi passi».Intanto ieri la Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti che esce con l'imprimatur del Vaticano, ha pubblicato la trascrizione del dialogo fra papa Francesco e i gesuiti d'Irlanda, incontro avvenuto il 25 agosto a Dublino in occasione della Giornata mondiale delle famiglie. Il giorno dopo sarebbe uscito sulla Verità il memoriale Viganò, ma era già scoppiato lo scandalo pedofilia del clero con la pubblicazione del rapporto del gran giurì di Pennsylvania. Pochi giorni prima il Papa aveva pubblicato la Lettera al popolo di Dio, in cui affrontava il tema abusi chiedendo perdono e pentimento di tutti i fedeli, chierici e laici. «Io ho capito una cosa con grande chiarezza», ha detto Francesco ai confratelli gesuiti d'Irlanda, «questo dramma degli abusi, specialmente quando è di proporzioni ampie e dà grande scandalo - pensiamo al caso del Cile e qui in Irlanda o negli Stati Uniti -, ha alle spalle situazioni di Chiesa segnate da elitismo e clericalismo, una incapacità di vicinanza al popolo di Dio. L'elitismo, il clericalismo favoriscono ogni forma di abuso». È una interpretazione presente anche nella Lettera al popolo di Dio del 20 agosto.La questione è delicata. A molti osservatori quella del clericalismo sembra una indicazione piuttosto generica, per quanto possa effettivamente rappresentare il problema. Il dossier Viganò ha mostrato una situazione che, se confermata, dice che occorre affrontare la questione omosessualità nei seminari e le protezioni reciproche fra prelati appartenenti a diverse cordate di potere, compresa quella che viene indicata come lobby gay. Un teologo e avvocato ecclesiastico, Markus Büning, ha dichiarato in un articolo apparso su un blog tedesco che riferirsi al «clericalismo» come radice del dramma degli abusi significa solo «alzare una cortina fumogena».Peraltro il Papa ieri ha parlato anche ai 144 vescovi che ha nominato dall'agosto del 2017 allo scorso luglio, e non ha mancato di richiamarli a fare «particolare attenzione al clero e ai seminari. Non possiamo rispondere alle sfide che abbiamo nei loro confronti senza aggiornare i nostri processi di selezione, accompagnamento, valutazione». Nel maggio scorso, ai vescovi italiani, Francesco che anche solo nel caso di dubbio è meglio «che [gli omosessuali] non entrino in seminario», come indicano le attuali norme per l'accesso alle case di formazione per sacerdoti e religiosi. Ma dalle parole ai fatti il percorso è accidentato, come dimostrano le cronache e le denunce.Giustamente ieri il Papa ha richiamato i vescovi ad agire a partire dalla profonda dignità della loro vocazione. «Vi parlo qui del più urgente dei vostri compiti di Pastori: quello della santità! Non siete frutto di uno scrutinio meramente umano, ma di una scelta dall'Alto. Perciò da voi si richiede non una dedizione intermittente, una fedeltà a fasi alterne, una obbedienza selettiva, no, ma siete chiamati a consumarvi notte e giorno». Occorrono secondo il Santo Padre risposte che sappiano riempire «la voragine spirituale che, in non pochi casi, ha permesso scandalose debolezze».C'è questa «voragine spirituale», forse, alla base di quella «crisi del clero» di cui ha parlato monsignor Georg Gänswein commentando il libro di Rod Dreher L'Opzione Benedetto, una «voragine spirituale» che è sicuramente un'altra pista valida su cui indagare per comprendere gli abusi e non solo. Che cosa ha provocato quel vuoto? «Come sappiamo», diceva Benedetto XVI nel 2012 parlando dell'Anno della fede, «in vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento. Siamo davanti a una profonda crisi di fede, a una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi. Il rinnovamento della fede deve quindi essere la priorità nell'impegno della Chiesa intera ai nostri giorni».All'incontro in Irlanda il gesuita Brendan McManus ha chiesto a Francesco che cosa è possibile fare concretamente contro gli abusi. «Dobbiamo denunciare i casi dei quali veniamo a conoscenza», ha risposto il Papa. Poi, ancora: «E l'abuso sessuale è conseguenza dell'abuso di potere e di coscienza, come dicevo prima. L'abuso di potere esiste: chi tra di noi non conosce un vescovo autoritario? Sempre nella Chiesa sono esistiti superiori religiosi o vescovi autoritari. E l'autoritarismo è clericalismo». Parole insistite che rischiano però di restare astratte dinanzi a una mala pianta tragicamente concreta.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/papa-abusi-figli-di-una-voragine-spirituale-2604666527.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="maradiaga-ora-fa-il-negazionista" data-post-id="2604666527" data-published-at="1757526409" data-use-pagination="False"> Maradiaga ora fa il negazionista La lobby gay non esiste. I fatti snocciolati nel memoriale Viganò non esistono. Forse non esiste nemmeno lo stesso Viganò, visto che in effetti «credo il vescovo Viganò che ho conosciuto non sia la stessa persona che scrive e dice cose del genere». La tattica di difesa scelta dal cardinale honduregno Oscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa accusato dall'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti di aver stretto con l'ex cardinale Theodore McCarrick un «patto scellerato» che copriva abusi sessuali e pilotava nomine, è la trincea totale. In una intervista apparsa mercoledì sul giornale online Religión Digital, il prelato respinge ogni addebito sul proprio conto e sul quello di papa Francesco. Solo su monsignor Carlo Maria Viganò non esclude esplicitamente che ci sia qualche verità, tra le perfidie scritte su di lui dai giornali dopo l'uscita della sua testimonianza. Il tentativo di confutazione totale di Maradiaga comincia dal metodo: «Non mi sembra giusto», dice il cardinale, «fare di qualcosa di ordine privato una bomba che esplode nel mondo e le cui schegge fanno male alla fede di molte persone». Poi tocca alle rivelazioni di Viganò sul conto del Papa. L'ex nunzio sostiene di averlo informato già nel 2013 dei «comportamenti gravemente immorali con seminaristi e sacerdoti di McCarrick», ma Francesco non avrebbe fatto nulla fino al 2018, quando ha tolto la porpora al prelato, ormai finito su tutti i giornali. «In realtà, non so fino a che punto il Santo Padre abbia agito o meno», replica Maradiaga. La questione «esula dalla mia conoscenza e giurisdizione. Credo che il Papa sia un uomo di Dio che agisce sempre con fede e saggezza». Non è detto che lo stesso valga, invece, per l'arcivescovo accusatore, lascia intendere Maradiaga: «Non so chi o cosa ci sia dietro a monsignor Viganò, ma dovrebbe essere - come per ogni servitore di Cristo e della Chiesa - la carità del Vangelo, l'amore della verità e lo Spirito Santo». Sarà guidato da altri criteri l'ex nunzio? Maradiaga non lo dice, ma en passant lascia cadere anche questa affermazione: «L'accettazione o meno della persona del Papa non può avvenire sotto un profilo mondano di simpatia o antipatia, ma di fede. Se manca la fede, manca il fondamentale». Il cardinale respinge come «sorprendente» e «gratuita» anche l'accusa, formulata nei suoi confronti da Viganò, di aver protetto McCarrick. Naturalmente senza sentire il bisogno di entrare nel merito della ricostruzione dell'ex nunzio, in totale ossequio alla linea del silenzio dettata da Francesco: «La mia risposta migliore sono i fatti, ecco perché non mi preoccupo di difendermi da ciò che ha detto monsignor Viganò». Ma l'intervista in trincea non finisce qui. Per Maradiaga è «insostenibile» pure la tesi - contenuta sempre nel dossier Viganò - secondo cui McCarrick sarebbe stato tra i grandi elettori di papa Bergoglio, visto che l'ex arcivescovo di Washington, già anziano all'epoca, «non era nel Conclave». Mentre sarebbe poco più che fantasia il sospetto che in Vaticano si aggiri una lobby gay talmente potente da fare il bello e il cattivo tempo su poltrone e insabbiamenti, come sostiene Viganò. «Ho l'impressione», commenta Maradiaga, «che il concetto di lobby gay in Vaticano sia sproporzionato. È qualcosa che esiste molto più nell'inchiostro dei giornali che nella realtà. È ovvio per me che lo scopo di tutte queste espressioni cariche di veleno e calunnia è influenzare il Santo Padre. Ma se non c'è fede, gli attori di questo circo mediatico non rinunceranno alla loro infedeltà». Parole dal sapore ironico in bocca a un porporato che fa tuttora parte del Consiglio dei 9 cardinali più vicini al Papa, e che però potrebbe presto uscirne per «motivi di età». Ma forse ancor più per gli scandali a sfondo finanziario e omosessuale da cui è inseguito in patria. Nel seminario della sua diocesi, hanno scritto recentemente in una lettera 48 aspiranti sacerdoti, i comportamenti alla McCarrick sono ormai una «epidemia».
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